In che senso?
«Suvvia, giornalista! Questa è una faccenda un po’ strana, io non mi fido neanche delle mutande che porto. Attenti alle persone che si vanno a toccare. Ci sono in ballo troppi soldi».
Meglio non alimentare speranze?
«La speranza sì, ma senza far casino. Il fratello può andare là, prendersela e portarsela a casa. Ma senza creare un polverone e toccare centri di potere».
Il Sismi. Lei era a busta paga fino al 2000, giusto? Poi è andato in pensione.
«Macché, non prendo neanche quella, mi hanno buttato fuori a calci nel sedere».
Ha compiuto reati?
«Reati no, piuttosto ordini da me eseguiti che non sono piaciuti. Guardiamoci in faccia! Io rischio la galera e anche la vita qui in Italia, mentre in Brasile sto bene, sono tutelato» .
Oltre al giallo Orlandi, lei sostiene di essersi occupato del caso Calvi. Ha già rivelato che nel calzino del banchiere impiccato sotto il ponte dei Frati Neri c’era un biglietto: «Tanti auguri da Lupo» . Ulteriori dettagli?
«I quattro sassi in tasca al morto. A che cosa servivano?»
Come zavorra (nuova risata).
«Macché, l’acqua era alta 20 centimetri! I sassi erano il segnale per delle persone che il lavoro era stato portato a termine».
Altre inchieste scottanti?
«Il caso Moro».
Pure lì ha pestato qualche callo?
«Sì, ma tanti, tanti… Mmh, chi era il capo dei servizi all’epoca? Cossiga. Lo stesso che aveva promesso a Moro che non gli avrebbero torto un capello. E infatti poi è morto».
E dunque? «Morto per mano dei servizi, non delle Br»
E in tutto ciò il ruolo di Lupo?
«Te lo dico quando ci vediamo».
Non teme di essere intercettato?
«Non me ne frega niente, da un momento all’altro possono spararmi. Io non voglio parlare con nessuno. A fine mese torno in Brasile: vengano a trovarmi e dico tutto».
Torniamo a Emanuela. Ieri aveva detto che stava telefonando a dottori e infermieri a Londra, ma non rispondevano.
«Esatto. E oggi sto ritentando, mi hanno detto di chiamare alle 20.30 tramite i nostri canali, niente mail o Skype che sono intercettate. gente dei servizi, di certe strutture, e a noi italiani, fino al 2000, ci hanno invidiati…».
Poi, come dice lei, l’hanno esiliata.
«Quando mi guardi in faccia capisci».
Ha ferite sul volto?
«No, ma ho un proiettile in pancia e uno nel sedere, una spalla e due gambe rotte».
Accipicchia.
«Tutte cause di servizio».
Per quale motivo aveva detto di essere un killer professionista?
«Ci sono persone che vengono pagate per fare lavori sporchi. Io ero uno di quelli. Andiamo, giornalista, tu lo sai… Ci sono i film, ma la realtà è diversa. É più cruda».
Da notare che oltre all’errore sulla banca Antonveneta e sul nome dell’asserito manicomio, il sedicente Lupo Solitario commette un altro errore, imperdonabile per un agente segreto anche se ex: Cossiga all’epoca del sequestro Moro non era affatto il “capo dei servizi”, ma il ministro degli Interni. Si tratta di un ministro che, se può avere una qualche autorità – forse – sui servizi segreti civili (all’epoca si chiamavano Sisde), non aveva assolutamente nessun potere su quelli militari, il Sismi di allora. Senza contare che chi ha davvero notizie utili per risolvere i gravi casi di cronaca nera non li spara in diretta tv o in strampalate intervistine, giocando così sulla pelle del dolore altrui, ma le fa avere ai magistrati o alla polizia o ai carabinieri. Specie se si è stati 007. E magari in forma pur sempre anonima, se non vuole finire sotto i riflettori.