Nel caso fantascientifico che fosse confermata la presenza in Libia di armi atomiche bisogna porsi alcune domande, l’ultima delle quale apre lo scenario dell’attacco all’Iran:
– a che serve avere bombe atomiche se NON si hanno gli aerei che le possono trasportare e sganciare? Vale a dire, se non si è in grado di utilizzarle. Al massimo possono essere un deterrente anti invasione terrestre, come le mine atomiche che gli Usa avevano e pare abbiano ancora nel Friuli in funzione anti invasione dall’Est.
– perché mai avrebbe dovuto averle Gheddafi, visto che si è ben guardato dall’usarle neppure per salvarsi il potere e salvare la pelle sua e dei suoi figli?
– chi gliele ha date o vendute, visto che è impossibile siano state prodotte in loco?
– poiché (film è romanzi a parte) è impossibile che le bombe atomiche vengano vendute o regalate, chi le ha portate in Libia per poi farle trovare e giustificare così a posteriori l’assalto a Gheddafi?
Ecco, l’ultima domanda è la più insidiosa. Ragioniamo. Gli americani hanno invaso l’Iraq con la scusa delle bombe atomiche di Saddam, che però poi si è scoperto essere state una frottola decisa per giustificare l’invasione. Gli americani hanno fatto due bei film su quell’atroce inganno, “Green zone” e “Savoir faire”. Se alla Casa Bianca fossero stati più furbi, e ancor più cinici di quanto sono stati, avrebbero potuto portare clandestinamente un paio di bombette atomiche in Iraq e poi “scoprirle”. Beh, la “rivoluzione” libica è stata preparata con cura da Francia, Inghilterra e – stando a quanto si dice, ma finora non ci sono prove credibili- da Israele.
Tre Paesi dotati tutti di armi nucleari. In teoria, è possibile che questa volta, imparata la lezione iracheno-americana, almeno uno di loro abbia deciso di introdurre di nascosto una o più bombette atomiche in Libia per poi “scoprirle” e prendere così due piccioni con una fava:
– giustificare a posteriori in modo ferreo e inconfutabile la neocoloniale guerra libica, tappando la bocca a pacifisti e affini;
– giustificare in anticipo un intervento militare contro l’Iran al grido di “se le atomiche le aveva perfino Gheddafi è ovvio che le ha anche l’Iran”.
In ogni caso, la presenza della tv Al Arabiya anche in questa strepitosa storia delle “atomiche di Gheddafi” permette di capire alcune cose, gravi, che però a differenza degli ordigni nucleari non sono ipotesi, ma fatti certi. Teniamo presente che durante la guerra libica Al Arabiya è stata molto attiva assieme ad Al Jazeera nel propalare contro Gheddafi accuse tanto gravi quanto inventate di sana pianta.
E teniamo presente che pochi giorni fa il Qatar ha messo le mani avanti sul futuro della Libia rivendicando un ruolo più importante. Il perché di tali rivendicazioni lo ha reso pubblico il suo capo di stato maggiore delle forze armate, Hamad bin Ai al Atiya. Il capo militare ha rivelato con molto orgoglio non solo che il Qatar è stato il Paese che più di tutti ha appoggiato militarmente i ribelli libici, ma anche che ha inviato “centinaia di uomini in ogni regione” libica. Non uomini qualsiasi, ma, ci ha tenuto a chiarire al Atiya, militari che dovevano “pianificare le azioni dei ribelli contro Gheddafi”.
Si dà il caso che il Qatar sia proprietà privata del per nulla democratico emiro Hamad bin Khalifa Al Thani, che nel ’95 ha deposto suo padre con un colpo di Stato e che è immensamente ricco grazie al petrolio sul quale il suo possedimento galleggia. E si dà il caso che a volere Al Jazeera, la cui sede centrale è a Doha, è stato proprio Al Thani, che alla sua televisione ci tiene talmente da avere dichiarato tempo fa “ci tengo più che alla mia famiglia”.
La televisione Al Arabiya ha invece sede a Dubai e appartiene a una società con capitali dell’Arabia Saudita, del Kuwait e del Bahrein. In quest’ultimo Stato, anch’esso straricco per il petrolio e anch’esso proprietà privata di uno sceicco, la locale “primavera araba” è stata soffocata nel sangue anche grazie all’arrivo di truppe saudite. Se la sete di democrazia dovesse attecchire anche nei vari Stati del Golfo, che pompano di petrolio l’Occidente in cambio di tanti soldi e tanta distrazione sui locali regimi niente affatto democratici, gran parte delle nostre industrie, automobili e impianti di riscaldamento si troverebbero a zero. Ecco perché in questi Paesi le istanze di democrazia vengono stroncate nel sangue senza che in Occidente nessuno reclami.
Al Arabiya e Al Jazeera, di solito concorrenti, hanno lavorato di fatto in tandem per lanciare fin dai primi giorni della rivolta balle colossali utili a spingere l’Occidente a giustificare l’intervento militare in Libia.
Si è iniziato fin dai primi giorni con il grossolano falso dei “10.000 morti civili per i bombardamenti di Gheddafi” lanciato da Al Arabiya e si è finito, per ora, con il falso altrettanto grossolano delle “fosse comuni” con i resti di 1.700 “martiri della rivoluzione vittime delle torture di Gheddafi” lanciato da Al Jazeera. Pian piano viene quindi a galla che la “rivoluzione” contro Gheddafi più che una versione libica della “primavera araba” è stata una rivolta preparata con cura da istruttori militari stranieri.
Della presenza di istruttori francesi e inglesi già si sapeva. Ora si viene a sapere anche che sul terreno i rivoltosi erano guidati, in ogni regione della Libia, da personale militare arrivato da un Paese come il Qatar, tanto ricco quanto assolutamente distante dal concetto di democrazia.
Questo tipo di operazioni i militari le chiamano “guerra psicologica”. Guerra che consiste in soldoni nel demonizzare il nemico, diffamandolo e calunniandolo il più possibile anche inventando panzane colossali come le “bombe atomiche irachene di Saddam”.
Se per i greci e i romani la guerra psicologica si riduceva a considerare e chiamare “barbari” i nemici e gli esterni in genere, ed era basata sull’ignoranza reciproca, oggi si tratta invece di alterare e nascondere la realtà creandone una ad hoc. Insomma, la faccenda è molto più complicata. Ma il succo e i fini non cambiano.
Speriamo solo che il gioco della guerra psicologica non sia arrivato al punto di pazzia da servirsi anche di “scoperte” di bombe atomiche piazzate ad arte per farle trovare a bella posta. Se così fosse, è chiaro che saremmo pericolosamente affacciati sull’orlo dell’inferno.
