La cosa più grottesca tra quanti esultano per la vittoria del No è la gioia di Massimo D’Alema, l’uomo che – ex dirigente del Partito Comunista Italiano – per restare a Palazzo Chigi diede disco verde al decollo dall’aeroporto italiano di Aviano degli aerei Usa diretti a bombardare l’europea Belgrado.
Forse D’Alema non si è accorto che tra i primissimi a congratularsi per la pesante sconfitta del Sì è stata Marina Le Pen, estremista di estrema destra che miete successo in Francia e che – come Beppe Grillo e Matteo Salvini – vuole la fine dell’euro e dell’Unione Europea.
D’Alema festeggiava felice e contento. Ma contento “de che?”, come si dice a Roma. Per la vittoria del Sì sono state determinanti la Sicilia e quelle regioni del Sud che, come si suol dire, non godono di buona stampa: partecipazione alle urne molto più bassa che altrove e maggioranza del No molto più forte che altrove. Tutti dicono che il forte afflusso alle urne è stata una bella prova di democrazia e di maturità degli italiani. Ma allora se ne deve concludere che la Sicilia e il Sud hanno espresso un deficit di partecipazione democratica e di maturità, e che la vittoria del No è figlia anche di questo deficit.
Il commento più esilarante, prova provata di molta confusione mentale nel fronte del No, è forse quello di un giornalista di un certo peso che in una chat di una componente o corrente sindacale che dir si voglia, resosi conto che i primi a gioire erano i fascisti di Casa Pound e Le Pen, ha scritto:
“Per scongiurare il fascismo che avrebbe comportato la vittoria del Sì va bene anche l’apporto dell’estrema destra”.
Come si vede bene, D’Alema & C, vale a dire i vari tifosi “de sinistra” del No, non hanno proprio nessun motivo per festeggiare ed essere allegri. Prima si svegliano dalle loro autoipnosi e meglio sarà. La maggioranza rumorosa dei Grillo e dei Salvini NON farà certo le riforme “de sinistra”. E D’Alema la sua fondazione Italiani Europei corre il rischio di doverla ribattezzare Italiani E Basta.
Il colmo è che mentre D’Alema gioiva era invece piuttosto preoccupato per le prospettive aperte dalla vittoria del No perfino Flavio Tosi, sindaco “lighista” di Verona, leader cioè della Liga Veneta che a suo tempo si ribellò alla pretesa dei “lumbard” della Lega Nord di considerare il Veneto come una sua protuberanza.
Tosi infatti, già prima che la vittoria del No fosse certa, ha fatto notare che il fronte del No non è affatto coeso e quindi se, come è molto probabile, vincesse elezioni anticipate, non sarà in grado di esprimere una maggioranza capace di governare, tanto meno di fare quelle riforme “migliori” in nome delle quali il fronte del No ha dichiarato guerra a Matteo Renzi e alla sua riforma “autoritaria”.
Tosi, intervistato da Raiuno durante la maratona degli exit poll e dello spoglio elettorale, ha evocato chiaro e tondo per primo il rischio di una nostra uscita dall’euro e di una Brexit in salsa italiana, cioè dell’uscita dell’Italia dall’Unione Europea, che Blitz ha per primo chiamato Itexit.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è riuscito a convincere Matteo Renzi a restare in carica fino all’approvazione della finanziaria, ma poi? Poi è piuttosto difficile che non si vada a elezioni anticipate, rese più che probabili a causa della forte maggioranza dei No rispetto i Sì. E anche nel caso che non si trattasse di un governo tecnico, ma comunque di un governo a tempo quale che sia il nome che gli verrà dato, sarà difficile che riesca a capovolgere la situazione evitando che alle più che probabili elezioni anticipate non vincano con largo margine Beppe Grillo e Matteo Salvini.
Beppe Grillo aveva poche idee e ben confuse già quando a suggerirgliele era la buonanima di Gianroberto Casaleggio, e ora la situazione non deve essere molto migliorata vista la stitichezza dichiarazioni e la prudenza con la quale il leader dell’M5S ha accolto la vittoria anche sua del No. Ma che idee e programmi manchino anche a Matteo Salvini ora è lo stesso padre ex padrone della Lega Nord Umberto Bossi a dichiararlo senza peli sulla lingua:
“Salvini ha i voti? I voti non servono a niente, se non sai per che cosa li prendi”.
E Bossi non si è limitato alle parole: vuole un congresso straordinario della Lega per porre fine alla segreteria Salvini.