L’idea che fosse il caso di verificare con un’apposita ricerca su un adeguato campione di volontari se si tratta davvero di un medicinale utile non solo per curare il diabete, ma anche per prevenire tumori, cancro, infarto e ictus riducendone del 35 per cento l’incidenza, l’ha avuta e messa in pratica per primo un italiano, l’epidemiologo Franco Berrino, nome di punta dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove lavora dal 1975.
Ora però a causa della difficoltà di pubblicizzare adeguatamente la sua iniziativa, lanciata due anni fa, e di poter quindi trovare i 2.000 volontari necessari, si rischia che per primi al traguardo ci arrivino negli Usa, dove c’è chi ha già pensato di battere la stessa strada di Berrino, ma contando su appoggi ben più robusti dei suoi.
Finora, infatti, l’appello ai volontari lanciato dall’oncologo italiano e dalla sua equipe per essere diffuso ha potuto camminare solo sulle gambe di qualche conferenza in Lombardia e di poco più del semplice passaparola. Risultato: in due anni hanno risposto solo 700 persone, poco più di un terzo del totale necessario, che la ricerca seguirà per 5 anni in più campi, compresi corsi di alimentazione e di esercizi fisici, con un apposito team composto da una decina di specialisti di varie discipline.
Il medicinale su cui punta Berrino è la Metformina, utilizzata contro di diabete fin dagli anni ’60. Da 7-8 anni si è cominciato a notare che i diabetici curati con Metformina erano colpiti da tumore, cancro, infarto e ictus in numero minore dei diabetici curati invece con altri farmaci.
Un caso? Berrino ha deciso di vederci chiaro e ha perciò stilato un progetto, è riuscito a trovare un finanziamento di qualche milione di euro dall’European Research Council e ha iniziato a darsi da fare mettendo in piedi una bella squadra con base al Campus di Cascina Rosa, dependance dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove il progetto è coordinato dalla dottoressa Patrizia Pasanisi.
Della squadra fanno parte anche biologi e nutrizionisti del calibro di Anna Villarini e giovanissimi di notevole ingegno come Mauro Cortellini, specialista in biologia applicata alla nutrizione, la nuova disciplina che punta a utilizzare la corretta alimentazione come arma principale contro gli stessi gravi morbi che si vogliono arginare con la Metformina. Il progetto però non prevede solo l’utilizzo di un farmaco e di un placebo, ma anche un cambiamento negli stili di vita. In particolare, più attività fisica e mangiare secondo la nostra meravigliosa dieta Mediterranea.
Uno dei pilastri su cui si basa la ricerca di Berrino è proprio la dieta mediterranea, vanto del BelPaese che tanto la decanta. L’intero programma che ha il suo quartier generale alla Cascina Rosa si chiama infatti MeMeMe, dalle iniziali di Metformina, sindrome Metabolica e dieta Mediterranea. La sindrome metabolica è quella che caratterizza chi è afflitto oltre che da obesità addominale anche da glicemia, trigliceridi e pressione arteriosa tutti a valori alti e invece da valori bassi del colesterolo HDL, noto come “colesterolo buono”, ed è una delle condizioni per poter partecipare al progetto.
Berrino è stato tra i primissimi a capire che alla base della sindrome metabolica c’è un’alimentazione sbagliata e che questa però provoca anche tumori, infarti e ictus. I suoi studi lo hanno portato ad essere uno dei pochi ricercatori italiani invitati a partecipare alla ricerca Food, nutrition, physical activity and the prevention of cancer, pubblicata nel 2007 dal World Cancer Research Fund, e scoprire che, come usa dire spesso, “il cancro si cura e si previene anche a tavola”, lo ha convinto a rivolgersi al grande pubblico con libri divulgativi e molto pratici dai titoli significativi: per esempio, “Alimentare il benessere. Come prevenire il cancro a tavola”, “Il cibo dell’uomo. La via della salute tra conoscenza scientifica e antiche saggezze” e “Il potere del cibo. Diete e nuove tendenze alimentari per curarsi e prevenire”, quest’ultimo scritto assieme a due colleghi.
“La gran parte delle malattie croniche che affliggono le popolazioni dell’Occidente ricco pur avendo molte cause diverse hanno due grandi cause in comune: il tabacco e la sindrome metabolica”,
spiega Berrino. Che aggiunge:
“Si sa da tempo che chi ha la sindrome metabolica va incontro con maggior frequenza a diabete e infarto; oggi sappiamo che si ammala più frequentemente anche di cancro, di morbo di Alzheimer, di alcune malattie autoimmuni, oltre che di steatosi e cirrosi epatica. La sindrome metabolica dipende dalla nostra alimentazione occidentale: troppi grassi “cattivi” (gli acidi grassi trans delle margarine), troppi grassi saturi (quelli del burro, del formaggio, delle carni rosse), troppe proteine. Noi mangiamo un’esagerazione di proteine: più del doppio di quanto abbiamo bisogno. E troppi cibi che fanno alzare molto la glicemia: farine bianche, pane bianco, bevande zuccherate e bevande alcoliche. Consumiamo anche troppo sale”.
Che fare, quindi?
“Cominciare dalla tavola. Il modo di mangiare che previene la sindrome metabolica e che fa anche regredire queste condizioni è la dieta mediterranea tradizionale, di quando si macinava il grano a pietra, non si produceva farina raffinata, si mangiavano cereali, legumi , verdure, frutta, e i prodotti animali si consumavano solo una volta ogni tanto”.
Ecco spiegato perché alla Cascina Rosa per i volontari verranno offerti anche corsi di alimentazione e di ginnastica, utili a eliminare l’eccesso del pericoloso grasso addominale e restare in forma, oltre a dare a un gruppo di partecipanti due dosi al giorno di Metformina e al gruppo restante due di placebo. Dosi da assumere per tutti i cinque anni di durata della ricerca.
E’ chiaro che sarebbero opportuni un forte interesse e adeguati investimenti da parte delle autorità italiane anche perché ridurre in modo significativo l’incidenza delle malatie in questione alleggerirebbe la spesa sanitaria. Se nelle scuole si insegnasse anche l’educazione alimentare i casi di tali malattie calerebbero drasticamente. E calerebbe drasticamente l’enorme spesa che il sistema sanitario e i privati devono sostenere a causa loro, dai medicinali ai ricoveri, dagli interventi chirurgici alle cure conseguenti, così come calerebbe il danno, anche economico, provocato dal monte ore di lavoro perse a causa di quei mali.
Ma in Italia, a differenza di vari Paesi europei, si preferisce tenere la testa sotto la sabbia ed evitare di insegnare nelle scuole perfino l’educazione sessuale, sempre più utile in tempi di piena libertà sessuale a qualunque età, per non parlare dell’educazione civica. Tre materie che da sole contribuirebbero ad alzare la qualità media della vita e a diminuire grandemente spesa pubblica e danni privati e sociali non trascurabili.
Le persone interessate a partecipare o ad avere maggiori informazioni possono rivolgersi a Mauro Cortellini telefonandogli allo 02-23903573 dove è attiva una segreteria telefonica oppure scrivendo a mauro.cortellini@istitutotumori.mi.it. Chi vuole può rivolgersi anche a Patrizia Curtosi telefonandole allo 02-23902868, con segreteria telefonica, oppure scrivendole all’indirizzo di posta elettronica diana@istitutotumori.mi.it
I volontari devono avere le seguenti caratteristiche:
– un giro vita superiore a 85 centimetri per le donne e superiore a 100 per gli uomini;
– età superiore a 55 anni e inferiore agli 80;
– non avere e non aver avuto tumori maligni;
– non avere il diabete né avere già in corso le relative terapie;
– non aver avuto infarti o ictus.