“Nicotri, cosa le avevo detto? Dopo la faccenda delle ossa nella Nunziatura Apostolica, cioè nella Villa Giorgina che il proprietario nel ’49 ha lasciato in eredità personale a Papa Eugenio Pacelli, Pio XII, sarebbe venuto fuori qualcosa che anche solo indirettamente riguarda suor Pascalina Lehnert, della congregazione delle Insegnanti della Santa Croce, sua segretaria fin da quando Pacelli era nunzio apostolico in Germania”.
La telefonata dalla mia fonte vaticana mi giunge inattesa. E mi coglie di sorpresa. Non capisco cosa sia venuto fuori che riguardi suor Pascalina.
“Nicotri, non è stata sparata la nuova pista assurda di Emanuela Orlandi sepolta nel cimitero teutonico vaticano?”.
Sì, ma che c’entra con la segretaria di Pio XII, al secolo il principe romano Eugenio Pacelli?
“C’entra, c’entra: perché suor Pascalina è sepolta proprio in quel piccolo cimitero. Chi ha seminato queste piste allude: allude, manda un preciso messaggio al Vaticano, anche se non so cosa voglia ottenere”.
“Allude? E a cosa, scusi?”.
“Nicotri, ha perso la memoria o è preso anche lei da improvvisi timori sacri? Ne abbiamo parlato più volte, no? Ha dimenticato le ricerche della fotografa Roberta Hidalgo, che il romanziere portoghese Miguel Rocha ha abusivamente utilizzato per il suo romanzo pubblicato prima in Brasile o in Portogallo col titolo La Filha do Papa e poi in italiano col titolo La figlia del Papa?
“Per l’esattezza, nel romanzo figlia proprio di Pio XII. E di suor Pascalina. Che nel romanzo è chiamata proprio Anna: anzi, Anna P., dove la P è l’iniziale di Pacelli. Ha però evitato di dire a chi è stata affidata, qui in Vaticano, quella figlia. Ma tra noi si mormora da anni e anni che quella figlia sia il vero motivo per cui il mistero Orlandi ci imbarazza, crea disagio e si preferisce reagire col silenzio. Lasciando che il tempo passi e seppellisca tutto”.
Mi fischiano le orecchie.
“E Rocha è morto. Amen. Morto lui, il romanzo resta solo un romanzo. Anche se molto documentato, con Anna P. che da anziana viene fatta vivere a Torano, guarda caso il paese dove gli Orlandi avevano la casa delle vacanze. Nicotri, si sbrighi finalmente a scrivere di questa storia, prima che qualcuno la preceda. Specie ora che stanno per essere resi noti i diari segreti proprio di Pio XII. La saluto”.
Anch’io. Mi fischiano le orecchie….
Questa storia, dunque. Da dove cominciare? Beh, cominciamo dall’inizio.
La fotografa Roberta Hidalgo, che sul mistero Orlandi si è molto spesa e ha condotto indagini – anche su un paio di DNA, riportate pari pari nel romanzo di Rocha – anni or sono, dopo avere raccolto alcune voci in Vaticano, ha trovato il modo di diventare amica di Anna Orlandi, sorella di Ercole Orlandi e quindi zia di Emanuela.
La zia Anna ha sempre vissuto in Vaticano in casa con la famiglia di Ercole, composta dalla moglie signora Maria Pezzano e cinque figli, quattro femmine e un maschio (Pietro). Dopo la scomparsa di sua nipote Emanuela, la zia Anna è andata a vivere a Torano, la località laziale dove gli Orlandi usavano andare a fare le vacanze estive. Spesso assieme ai Meneguzzi, famiglia composta da Mario Meneguzzi, titolare del bar nella Camera dei deputati del nostro Parlamento, da sua moglie, altra sorella di Ercole, e dal figlio (Pietro anche lui).
A Torano la Hidalgo ha scoperto che la zia Anna si era presa in casa un uomo sposato, ex carabiniere di leva, che tutto lascia pensare possa essere il suo famoso amico misterioso conosciuto nel negozio di scarpe di piazza Cola di Rienzo a Roma e che frequentava anche con Emanuela finché non ha scoperto che era sposato e le aveva dato un nome falso.
Cosa strana, di questo amico, sparito subito dopo la scomparsa di Emanuela, nessuno ha mai parlato con i magistrati. Ma il punto di questa storia è un altro.
Hidalgo (cognome da coniugata), a suo tempo fotografa di successo non solo in Italia ed esperta di fisionomie, in casa della zia a Torano ha messo le mani su ciò che cercava: una serie di foto che la ritraevano in età diverse. E ha notato che secondo lei il viso della zia Anna somigliava molto a quello di Pio XII, e anche a quello della assai poco fotografata suor Pascalina. Stando ai racconti fatti dalla padrona di casa alla sua ospite, l’appartamento vaticano nel quale viveva con gli altri Orlandi era sua proprietà privata.
Notizia decisamente sorprendente, ma difficile da verificare. Forse però confermata dal fatto che gli Orlandi sono rimasti ad abitare lì anche quando Ercole era ormai in pensione e dal fatto che sua moglie abita ancora lì pur essendo rimasta vedova da anni. In Vaticano dicono che è una cosa inusuale, ma poi nessuno aggiunge neppure una parola in più.
Hidalgo inoltre ha saputo dalla stessa zia Anna – e da una sua amica che la accompagnava a riscuoterla – che oltre ad essere la proprietaria anche dell’appartamento di Torano godeva di una pensione, mille euro al mese, erogata dalla banca vaticana IOR. A quale titolo? Non si sa. Anche perché non risulta che zia Anna in Vaticano abbia avuto un lavoro.
Tutto ciò, eccetto la faccenda della somiglianza a Pio XII, Roberta Hidalgo lo ha messo per iscritto nel libro L’affaire Emanuela Orlandi, e gli Orlandi si sono affrettati a farle causa chiedendo che il libro fosse ritirato dalla circolazione. La causa però l’hanno persa. Il libro è rimasto in circolazione.
Tutto ciò che riguardava invece la somiglianza con Pio XII e il fatto che sia l’appartamento vaticano che la pensione potessero derivare dall’essere figlia sua e di suor Pascalina, più qualche confidenza ricevuta in merito dalla stessa Anna e da amicizie vaticane, la Hidalgo lo ha raccontato a voce e per iscritto al suo amico Luis Rocha. Amico che senza né chiederle il permesso né avvisarla ha usato tutto pro domo propria, cioè per scrivere il romanzo La figlia del papa riportando pari pari quanto aveva appreso dalla sua amica fotografa.
Suor Pascalina in Vaticano era detestata, ufficialmente per l’influenza che aveva su Pacelli, che se la portò perfino al conclave che lo elesse Papa – unica donna nella storia dei conclavi – e del quale decideva anche l’agenda. Tanto detestata che prima che Pio XII esalasse l’ultimo respiro venne “trasferita” fuori le mura leonine e chiusa in un convento di clausura.
Sparita dalla circolazione. Sepolta nel silenzio claustrale. Ma dopo molti anni la suora ha scritto un libro autobiografico, nel quale ha raccontato la sua vita anche a fianco di Pacelli. Nel libro non c’è nessuna traccia di loro figli.
In conclusione, che la zia Anna sia loro figlia, affidata ai genitori di Ercole Orlandi, è fino ad ora solo un’ipotesi. Anche se meno cervellotica della caterva di “piste” fasulle che hanno sepolto le indagini sulla fine di Emanuela. Il padre di Ercole, nonno Pietro, era stalliere di Pio XI e abitava in Vaticano dal 1924. Promosso nel 1932, “ordinanza della Sala pontificia”, Pietro era stato infine assunto come commesso della Prefettura della Casa Pontificia, lavoro che al momento della pensione – altra cosa strana – aveva potuto lasciare al figlio Ercole. Nonno Pietro era dunque anche per Pacelli un uomo di assoluta fiducia.
E ora qualche data e qualche calcolo anche anagrafico.
Suor Pascalina Lehnert è nata nel 1894. Anna Orlandi è nata nel 1931, dato che è morta a 80 anni nel 2011. Pacelli è diventato pontefice nel ’39, quando Anna aveva già 8 anni, ma prima era diventato Segretario di Stato del Vaticano nel 1930, quando Pascalina, che lui conosceva sicuramente almeno dal 1919, aveva dunque 36 anni. Anna Orlandi è nata nel 31, quando Pacelli era Segretario di Stato da un anno e Pascalina aveva 37 anni. Età nella quale in effetti si può ancora partorire senza rischi eccessivi. Ma quando e come si erano conosciuti?
Il 19 aprile 1919 durante il tentativo di rivoluzione promosso dalla Lega Spartachista, di ispirazione comunista, la nunziatura di Monaco di Baviera venne circondata da un gruppo di spartachisti intenzionati a farvi irruzione, ma il nunzio apostolico Pacelli sbarrò loro la strada fermo alla porta. Il leader del gruppo di assalitori puntò una pistola al petto di Pacelli, che però non si spostò. Prima che il capo del gruppo potesse sparare una giovane suora, Pascalina, si piazzò coraggiosamente davanti al nunzio allargando le braccia per proteggerlo totalmente col proprio corpo. Nessuno se la senti di sparare alla donna e anzi gli spartachisti si ritirarono. Da allora Pacelli ha preso quella coraggiosa suora come sua segretaria personale, veste nella quale se la porterà in Turchia quando vi venne inviato come nunzio e poi infine per sempre anche in Vaticano e perfino nel conclave.
Nel romanzo di Rocha i segugi vaticani che si occupano della beatificazione di Pio XII oltre ad andare a trovare Anna P. proprio a Torano trovano i diari di suor Pascalina e al loro interno le seguenti parole:
“Sono andata a trovare mia figlia. So che non avrei dovuto, ma non ho resistito. Degli anni trascorsi con Eugenio non mi resta nient’altro. Sto perdendo anche i ricordi. Devo ricorrere ai ritratti per richiamare alla memoria il suo volto, che un tempo vi era così fermamente inciso.
“La sua voce, il suo sorriso, il suo sguardo divino e ascetico: tutto si va perdendo giorno dopo giorno, a poco a poco, finché non rimarrà più nulla. Ho dimenticato anche l’odore. Avevo bisogno di vederla. La mia Anna… la nostra. Ha i suoi lineamenti: naso e occhi sono identici. Che pazzia abbiamo fatto quella notte a Berlino. Che pazzia. Nessuno mai potrà saperlo.
“La mia cara Anna. La nostra bambina. Mi ha sorriso e questo mi è bastato. È una donna ormai, ma per me rimarrà sempre una bambina. Solo Dio padre saprà, e a Lui risponderò dei miei atti quando sarò convocata alla Sua presenza”.
È notizia recentissima che Papa Francesco ha deciso di aprire tra un anno l’archivio di Pio XII, annunciando:
“Ho deciso che l’apertura degli Archivi Vaticani per il Pontificato di Pio XII avverrà il 2 marzo 2020, a un anno esatto di distanza dall’ottantesimo anniversario dell’elezione al Soglio di Pietro di Eugenio Pacelli”.
Chissà però se il suo contenuto sarà reso noto per intero oppure invece opportunamente purgato.