Il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro Orlandi, è il destinatario di una pec, posta certificata, inviata dal giornalista e scrittore (L’Espresso, Blitzquotidiano) Pino Nicotri. Nicotri si può definire il massimo esperto sul caso Orlandi, originato dalla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983, 39 anni meno un mese da oggi, in quel di Roma.
Pietro Orlandi si inventa suoi incontri e colloqui con Carla Di Giovanni, che di lui aveva una tale opinione che mai e poi mai si sarebbe disposta a incontrarlo. E comunque sia io che l’avvocato Prioreschi sappiamo per certo che tra loro due non ci sono stati contatti neppure indiretti e neppure telefonici.
Ecco il testo della pec di Pino Nicotri a Pietro Orlandi
E che lei ti avrebbe informato sul contenuto di suoi incontri con il colonnello Costanzo Alessandrini della Gendarmeria vaticana.
Con la presente ti diffido dal continuare a sostenere tale affermazione, clamorosamente falsa perché è assolutamente falso che tu abbia incontrato e parlato con Carla Di Giovanni.
So con assoluta certezza, e mi conferma di saperlo anche l’avvocato Maurilio Prioreschi, che mi legge in copia, legale di Carla Di Giovanni, che tu NON l’hai mai incontrata di persona.
E che NON le hai mai neppure parlato al telefono né per interposta persona. Evito di dirti cosa pensava di te Carla Di Giovanni.
Cinque motivi per cui…
“E ti elenco gli almeno cinque motivi per cui NON l’hai mai potuta incontrare e per i quali lei NON ti ha mai parlato né direttamente né per interposta persona:
1) – Pochi giorni prima che Carla Di Giovanni morisse – esito di una malattia aggravata se non provocata dalla marea di falsità e porcherie scritte, anche da te, riguardo suo marito Enrico De Pedis – abbiamo parlato anche della tua campagna contro De Pedis.
E in tale occasione mi ha ribadito ciò che mi aveva già detto più volte. E cioè che non ti avrebbe mai voluto incontrare, mai e poi mai, neanche pagata a peso d’oro.
2) – Carla di Giovanni aveva di te una opinione talmente pessima che NON le avrebbe mai consentito nessun contatto con te, né diretto né indiretto.
3) – In ogni caso, MAI e poi MAI avrebbe accettato di incontrarti senza la mia presenza e/o quella del suo avvocato Maurilio Prioreschi.
4) – Solo un ingenuo – evito appositamente di usare espressioni certamente più consone e più adatte – può pensare che una donna accetti di incontrare la persona che per anni e anni ha infangato il marito con accuse tremende e assolutamente infondate. E di incontrarlo per giunta per fargli confidenze come quelle da te millantate!
5) – Solo un ingenuo – evito di nuovo appositamente di usare espressioni certamente più consone e più adatte – può pensare che una tale donna si sarebbe fidata di incontrare senza testimoni di sua fiducia una tale persona. Della quale, dopo decenni di accuse infamanti al marito defunto, c’era solo da diffidare. Diffidare e temere che chissà quali versioni diciamo fantasiose avrebbe dato di un eventuale incontro.
L’invenzione del “Pignatone Nostro”
“Leggo anche che insisti ancora con la faccenda – anch’essa diffamatoria – del “Pignatone nostro” addebitata tanto per cambiare a Carla Di Giovanni. Nonostante sia stato ampiamente DIMOSTRATO che tale espressione è una delle tante invenzioni partorite per infangarla.
Ti allego quindi il
link a un mio articolo molto DOCUMENTATO che DIMOSTRA appunto che si tratta di una (altra) grande balla. E per facilitarti l’apprendimento del contenuto di tale articolo te ne allego anche i passi più significativi: quelli che citano DOCUMENTI giudiziari, tutti indicati con le coordinate utili a rintracciarli.
Che Dio abbia pietà di te”.
La teoria del grande complotto (o gomblotto)
Il “Pignatone nostro” è diventata così una delle bandiere sventolate da Pietro Orlandi a riprova del grande “gomblotto” (con la g) che ha fatto sparire Emanuela. E impedisce quindi in tutti i modi che la verità venga a galla. “Gomblotto”, si noti bene, che comprenderebbe quindi anche la stessa Corte di Cassazione.
C’è però un piccolo particolare, a dire il vero neanche tanto piccolo. Le parole “Pignatone nostro” NON – ripeto: NON – esistono in nessuna intercettazione delle telefonate della vedova De Pedis. La quale non s’è mai neppure sognata di pronunciarle.
Lo DIMOSTRANO le 19 pagine che nell’atto giudiziario n. 403943 riportano i passi salienti delle 18 telefonate di don Vergari riguardanti il caso Orlandi, comprese le 10 telefonate intercorse tra lui e la signora Carla. L’atto giudiziario in questione è stato spedito il 24 maggio 2012 dall’allora capo della Squadra Mobile della questura di Roma, Vittorio Rizzi, alla Procura della Repubblica di Roma. E per conoscenza al sostituto procuratore Simona Maisto, incaricata dell’inchiesta sul mistero Orlandi. Il numero di protocollo è: 500/Sq.Mob./D-(AC). L’Oggetto è: Proc. Pen. 11694/10 R.G.N. – ex 33188/08 R.G. PM.
Nelle telefonate di Carla De Pedis non si menziona mai Pignatone
Le telefonate tra Carla De Pedis e don Vergari sono per l’esattezza intercorse tutte nel maggio 2012, sono tutte successive alla riesumazione della salma di De Pedis avvenuta il giorno 14 e sono avvenute nei seguenti giorni a partire da quello immediatamente successivo alla riesumazione:
– martedì 15, con inizio alle ore 19:33 e 36 secondi;
– giovedì 17, con inizio alle ore 12:29 e 33 secondi;
– stesso giorno, con inizio alle ore 13:08 e 26 secondi;
– sabato 19, con inizio alle ore 10:13 e 8 secondi;
– stesso giorno, alle 13:10 e 8 secondi;
– stesso giorno, con inizio alle ore 21:45 e 13 secondi;
– domenica 20, con inizio alle ore 16:24 e 8 secondi;
– stesso giorno, con inizio alle ore 18:14 e 59 secondi;
– martedì 22, con inizio alle ore 14:13 e 16 secondi;
– stesso giorno, con inizio alle ore 18:21 e 51 secondi;