Sarah Scazzi. 2 minuti di agonia, Sabrina stringeva, Cosima incitava

Sarah Scazzi e Sabrina Misseri

Due minuti di agonia. Eterni, come la morte. Come un pesce preso all’amo e tirato a secco, che si dibatte pateticamente per due interminabili minuti nella disperata ricerca d’aria, con gli occhi strabuzzati, i polmoni e la gola che annaspano sempre più convulsamente fino alla fine. Cioè fino alla morte. Orribile.

Tanto è durata lo scorso 26 agosto l’agonia della esile quindicenne Sarah Scazzi, strangolata nel primo pomeriggio, tra le 14 e le 14,20, con una cintura da donna nel garage di casa dalla cugina Sabrina. Sotto gli occhi della zia Cosima, secondo i giudici d’accusa colpevole “solo” di bestiale incitamento. Due interminabili minuti di strangolamento. La ragazzina Sarah uccisa da due donne diventate furie mostruose. Mostruose e devastate nell’espressione del viso e nella furia del corpo tanto da diventare perfino più brutte di come madre natura si è purtroppo ferocemente divertita a farle.

Gli atti depositati dai magistrati inquirenti non lasciano adito a dubbi sull’atroce modalità dell’uccisione della ragazzina di Avetrana, colpevole solo di essere innocentemente alla scoperta della vita. Ecco perché dopo il marito Michele e la figlia Sabrina è finita in galera anche Cosima Serrano, madre di Sabrina e zia di Sarah.

Le carte spazzano via tra l’altro la storiella di Sarah che arriva a piedi a casa dei Misseri per andare al mare con la cugina. La storia è un’altra. Sarah è stata intercettata non si sa bene ancora dove da zia Cosima, che l’ha costretta con la forza a salire in auto, Sarah nello stramaledetto garage di quella maledetta casa ci è arrivata perché ce l’hanno portata, il Gip dice non sequestrata, i pm invece dicono che sì, in ogni caso trascinataci dalle due belve madre e figlia. Non s’è trattato dunque, come era chiaro fin dall’inizio, né di un raptus dello zio Michele assatanato dall’arrapamento né, come poteva far pensare per esempio una delle versioni dello zio, che s’era trattato di un gioco finito male, il gioco del “cavalluccio”, con Sabrina a cavallo di Sarah carponi e la cintura al collo come fossero le briglie. Ora è chiaro che tale versione al povero uomo è stata suggerita da chi sapeva bene come e con cosa Sarah era stata uccisa. Oppure che se l’è inventata perché, appunto, sapeva bene anche lui cosa fosse successo, messone a parte dalle assassine quando s’è trattato di far sparire il cadavere.

In quel pomeriggio d’agosto della Puglia profonda il caldo torrido ha fatto esplodere anche il rancore che Cosima si portava dentro da anni nei confronti di sua sorella Concetta, madre di Sarah. Data in adozione fin da bambina a uno zio materno di entrambe, alla sua morte Concetta usufruì dell’intera eredità, compresa la quota che sarebbe spettata a Cosima se non ci fosse stata di mezzo quell’adozione. Poiché lo zio era piuttosto ricco, Concetta ha avuto una vita priva di problemi materiali, mentre Cosima ha dovuto rompersi la schiena come contadina. E come moglie di uno spiantato costretto a emigrare all’estero per poter guadagnare un tozzo di pane, facendo tra i vari mestieri anche il becchino. Fin troppo facile immaginare la cara zia Cosima che urla come una pazza alla figlia “strozzala, strozzala!”, “accid’le!, come si dice in pugliese “uccidila!”, “ammazzala!”, e che magari infierisce sulla povera vittima. Meglio non immaginare nulla.

Tra le molte balle raccontate da Sabrina agli inquirenti, quella della “semplice amicizia”, senza amore, tra lei e Ivano, il belloccio del paese, è stata demolita e sepolta da ben 5.000 sms: tanti sono i messaggini telefonici scambiati con il suo adorato Ivano, che per lei era addirittura il “Dio Ivano”, con la D maiuscola, oltre che il “trombamico”. Un neologismo in uso tra i giovani d’oggi, al nord come al sud, per indicare l’amico delle “trombate” senza amore. La bella cifra di 5.000 sms in 5 mesi indica un ritmo di mille sms al mese, pari ad oltre 30 al giorno. Più di uno ogni ora, inclusse quelle di sonno, di ogni santo giorno per 150 giorni di fila. Uno tsumani! Altro che “semplice amicizia”: più ossessione di così….

Sabrina Misseri

Quando a scambiare sms anche notturni con il “Dio Ivano” ci si è messa Sarah, nella testa di sua cugina è scattata la molla che ha messo in moto il meccanismo infernale di una gelosia livida e senza speranza sfociato in assassinio spacciato per un bel pezzo per “rapimento” e con un tale fretta da finire col darsi la zappa sui piedi. Sì, gelosia senza speranza: perché tanto luminosa, carina, fresca e flessuosa era la giovanissima Sarah, tanto massiccia e rozza non solo fisicamente era Sabrina, cosciente per giunta di esserlo, al punto da definirsi amaramente lei stessa “una cozza” negli sms con il suo “trombamico”. Il quale trombamico Ivano pare suo malgrado una tipica espressione dell’egoismo e della vanità maschile. Ivano alla “cozza” dal corpo di camionista e le braccia da scaricatore (tant’è che io l’ho ribattezzata “Pastamatic”, dal nome della impastatrice da cucina) scriveva infatti sms del tipo “Ma perché ti sei innamorata di me? Se vuoi del sesso va bene, ma io non mi innamoro!”. E il fatto che ogni tanto lui negli sms concedesse di chiamarla “amore” né più e né meno come si getta l’osso al cane per farlo star buono, ha certamente avuto un effetto destabilizzante nella testa della “cozza”.

Meglio sarebbe stato che il “Dio Ivano” non l’illudesse chiamandola a volte “amore” e che fosse rimasto fermo sempre e solo al sesso sì, amore no. Sapere che non c’è nessuna speranza è meno devastante dello sfogliare la margherita del “mi ama, non mi ama, mi ama, non mi ama….” e dover poi di botto smettere di sfogliarla perché la comparsa di Sarah al “Dio Ivano” e i loro scambi furtivi non solo di sms notturni rende drammaticamente chiaro che non c’è nessuna margherita da sfogliare. E porta di colpo in superficie anche i livori e la rabbia di una madre, Cosima Serrano, alla quale il destino crudele ha dato, oltre a un marito fantoccio e il duro lavoro nei campi, anche una figlia “cozza”. Una figlia che è un rimprovero quotidiano alla vita, un rimprovero e una rabbia senza soste ed eccezioni, un pane quotidiano tossico e amaro, duro da masticare e ancor più duro da ingoiare.

A quel punto non basta più trattare il marito come uno stuoino e neppure tirare piatti addosso alla figlia che quel padre pupazzo prova a difendere perché è pur sempre suo padre. Non sappiamo se la furia delle due donne avvelenate e strangolatrici si sia scatenata in casa o sia iniziata in auto, dopo che Cosima vi ha trascinato a forza la nipote Sarah o dopo che Sabrina l’ha fatta salire con l’inganno dell’andare in spiaggia per un bel bagno a mare. E’ meglio non provare neppure a immaginare la scena…

L’unica cosa poco chiara di questo nuovo “botto” di Avetrana è la storia del telefonino di Cosima Serrano in Misseri, incastrata dai tabulati che dimostrano come lei non stesse affatto dormendo visto che il suo cellulare “nell’intervallo di tempo del delitto ha agganciato la cella telefonica del garage”. La cella telefonica del garage? Ma che significa? Come può la cella telefonica che “copre” il garage di casa Misseri essere diversa da quella che “copre” il resto della casa? O che comunque della casa copre, nella fattispecie, almeno la camera da letto dove la signora ufficialmente stava dormendo.

Sarebbe una clamorosa dimostrazione che davvero “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi” se si fosse appurato che per satanica e incredibile combinazione i segnali telefonici dei cellulari che partono da casa Misseri vengono ricevuti e rilanciati da due diverse celle a seconda che provengano da una parte o dall’altra della casa! Neppure una mente raffinata come Hitchcock o un amante dell’horror come Dario Argento avrebbero potuto immaginare per i loro film gialli un particolare così pazzesco, degno di un Dostoevskij, di una ipnosi da Delitto e castigo.

Che Dio (Ivano non c’entra) mi perdoni, e so benissimo che Lombroso sull’estetica si sbagliava, ma guardare le foto di Sarah e Sabrina viso a viso mi rendeva evidente – anche se ho preferito non parlarne e non scrivere mai di quelle foto – come stessero le cose: Sabrina in quelle foto ha un viso terribile, da mastino pronto a sbranare che però sorride, malamente, più un ringhio e un ghigno che un sorriso, guardando comunque in direzione diversa da dove guarda Sarah, cioè non nell’obiettivo della macchina fotografica. E’ Sarah che abbraccia Sabrina, ma Sabrina non abbraccia Sara, e sembra anzi distante, pensa a chissà cosa. La controprova che ogni volta facevo era guardare poi le foto di Sabrina intervistata o con in mano la foto della cugina “rapita”: in quelle foto la “cozza” ha il viso disteso, non c’è più né il ringhio né il ghigno, come se si fosse tolta una peso. O una soddisfazione. In ogni caso, non pare più la stessa Sabrina di prima. Sia chiaro: sto solo parlando dei pesi e delle intuizioni che mi portavo dentro, e NON di indizi a carico di Sabrina. Pesi che comunque mi hanno spinto, a quanto pare, a intuire nella direzione giusta.

Sabrina Misseri

La slavina diventata la valanga che ha ucciso la piccola e fragile Sarah ha cominciato a slittare con l’sms di Ivano: “Ma perché ti sei innamorata di me? Se vuoi del sesso va bene, ma io non mi innamoro!”. Confesso che alla lettura di questo sms mi sono sentito in colpa come uomo. La slavina è diventata valanga, ma il lancio periodico dell’osso al cane sotto forma della parola “Amore” deve avere agito da martello pneumatico, che innesca lo smottamento e lo rende convulso frantumando la massa del sentimento che tutto spinge a valle alla disperata ricerca di un punto di arrivo certo, stabile, un traguardo fermo.

Non amo espressioni come “l’avevo detto, io!” o “l’avevamo detto, noi!”, però in questo caso il fatto è che noi – di Blitzquotidiano – lo avevamo davvero detto. E da un bel pezzo. Alla versione dello zio Michele non ho mai creduto, e l’ho scritto a botta calda. Così come mi è sempre parso strano, e l’ho pure scritto senza giri di parole, che nei momenti della furia omicida in casa sua la signora Cosima se ne stessa beata a schiacciare il pisolino pomeridiano, la siesta della “controra” del solleone agostano pugliese. Appena due o tre giorni dopo la notizia del delitto, nel mio blog personale – www.pinonicotri.it , che avevo già prima di iniziare quello recente su Blitzquotidiano chiamato “Il punto di Pino” – scrissi che era più che evidente come Sabrina mentisse. E che quindi sapeva cosa fosse in realtà successo a Sarah. E infatti…. Il titolo del primo articolo sulla sorte di Sarah scritto per Blitzquotidiano lo scorso 9 ottobre è molto chiaro: “Il martirio di Sarah Scazzi e la confessione dello zio assassino, Michele Misseri. Per Pino Nicotri non è attendibile”. E nell’articolo spiego perché non è attendibile.

Nel pezzo del 28 ottobre il titolo è molto più esplicito, oltre che profetico: “Zio Michele, un burattino bugiardo (e innocente) agli ordini delle donne Misseri”. Per capire gli sviluppi di queste ultime ore e come fosse evidente che Sabrina ai magistrati mentiva è interessante rileggere il contenuto dell’articolo.

Per scriverlo, e per capire cosa bollisse in realtà nel ventre del delitto di Avetrana, ho passato nottetempo ore e ore ad ascoltare i nastri con le registrazioni degli interrogatori di Michele e di Sabrina: se si ascoltano le loro parole, il tono della voce, le reticenze e i silenzi la verità risulta evidente, si può assistere in presa diretta al suo materializzarsi. Riporto qui di seguito le parole che utilizzai per Michele Misseri: “L’impressione globale che mi viene dalle ore di ascolto dei racconti di Misseri è di una specie di automa parlante, un pupazzo di segatura che lascia fuoriuscire sempre prontamente, senza indugio alcuno, un po’ di segatura dalla bocca. Segatura della quale era già imbottito”. E a imbottirlo di quella segatura – ora si scopre – era stata la moglie, Cosima. Vale a dire, quella “zia Mimina” che a quanto pare è la causa principale della tragedia, visto che sarebbe stata lei ad agguantare non è ancora chiaro se in strada o in casa la nipotina per lasciarla strangolare, con una cintura, a sua figlia Sabrina inferocita dalla gelosia.

Non dimentichiamo comunque mai che nei processi – e tanto più se le accuse sono gravi come in questo caso – le prove devono formarsi in aula nel corso del dibattimento, cioè del pubblico contradditorio tra le parti, e non sui giornali.

In un’Italia dove i bambini crepano cotti nelle automobili perché i padri se li dimenticano, cioè di fatto ve li abbandonano, e dove invece il delitto è abbandonare i cani, questo orrore targato Avetrana aggiunge orrore alla banalità del male.

Published by
Marco Benedetto