E mi sento provocatore anche quando sottolineo alcune esagerazioni diciamo così letterarie nei suoi scritti, ma lo faccio perché credo che uno come Saviano, con l’autorità che gli viene dal coraggio delle sue denunce, non ha poi certo bisogno di infiorettare più di tanto i suoi resoconti. Il caso che ho rilevato di recente è la contraddizione tra due versioni di uno stesso episodio, che mi infastidisce.
Il 27 maggio di quest’anno è comparso su Repubblica un articolo, tuttora reperibile con il link http://www.repubblica.it/cronaca/2010/05/27/news/saviano_camorra_lotterie-4363891/ , nel quale Saviano scriveva quanto segue: “4 – 15 – 21 – 35 – 59 – 73. Questi numeri non vi diranno nulla. Vi faranno pensare di certo al Lotto anzi al Superenalotto, ad una delle serie che quasi ognuno sogna di indovinare. Sei numeri e tutto può esser mandato a quel paese, mutuo, debiti, lavoro. E via da qui. Per sempre. Questi sei numeri furono estratti il 17 gennaio del 2008 facendo vincere più di 36 milioni di euro a circa trenta persone di un paesino dell’avellinese, Ospedaletto d’Alpinolo, che avevano giocato il sistema giusto. Ma la fortuna non riuscirono a godersela per molto. Ogni vincitore fu cercato casa per casa, avvicinato e costretto a versare una fetta della vincita. Immediatamente.
A chiedere la percentuale sulle vincite il clan Cava-Genovese di Quindici, sodalizio criminale che da sempre comanda nell’avellinese su cantieri, rifiuti, negozio, politica e ora anche sul Superenalotto. […..] Il clan quando decide di cercare i vincitori non ha certezza dei nomi. I trenta si nascondono, non danno nell’occhio, non festeggiano. Lo fanno per difendersi dalle richieste, dalle invidie, non pensano di rischiare di perdere addirittura una parte della vincita. Ma il paesino è minuscolo e lentamente emergono le prime rivelazioni. Ad aver giocato i sei numeri sono trenta sistemisti. […] Chi ha un sistema di numeri da giocare spesso cerca altri giocatori perché non ha tutti i soldi per poter giocare. E quindi gira spesso per convincere altri a partecipare all’impresa. È lì che il clan si muove. Inizia a individuare i “sistemisti” che cercavano di coinvolgere loro amici e parenti. E da loro arriva all’intero gruppo”.
Come si vede, un racconto da far gelare il sangue che, se certo non ha nulla di inventato nella sostanza criminale sottostante, però sembra contraddire la versione riferita, oltre due anni prima, esattamente il 18 gennaio 2008, dai corrispondenti locali. Si tratta di una versione molto diversa, come si può leggere ancora oggi sul link http://www.retesei.com/2008/14693.html del sito di Retesei. Le cose sarebbero andate così: “…l’intero paese è in festa, grande festa anche perché molti dei vincitori sono operai e disoccupati e, quei soldi sono una vera e propria manna caduta dal cielo. Sono passate diverse ore dalla vincita ma la titolare della ricevitoria, Adele ed il padre, sono ancora frastornati. Nel vicino bar Bristol è da ieri sera che si brinda di gusto. In paese tutti conoscono più o meno i nomi dei vincitori e molti di essi non fanno niente per nascondersi, come il signor Pasquale, che da ieri sera sta pagando da bere a tutti. Qualcuno pensa anche di organizzare una grande festa di piazza per celebrare degnamente questo avvenimento storico”.
Insomma, non solo non si nascondeva nessuno dei trenta vincitori, ma addirittura festeggiavano in pubblico e si davano da fare per organizzare anche una grande festa. I malavitosi non hanno dovuto fare molta fatica. Quei fortunati sfortunati sono stati degli incauti a mettere in piazza la loro vittoria e certo su al Nord sono più prudenti, quando vincono a qualche lotteria, a non metterlo in piazza, perché in giro, oltre alla camorra, ci sono anche i parenti, i creditori e il fisco.
Ma non è questo il punto. Il punto è nella domanda: che bisogno aveva Saviano di aggiungere particolari quanto meno confutabili? Non voglio togliere nulla ai grandi meriti di Saviano, devo dire che ora la sua stella brilla un po’ meno davanti ai miei occhi.