Veltroni: sloggiare De Pedis (banda Magliana) dalla chiesa. Perché?

Walter Veltroni (Lapresse)

ROMA -Sono in molti quelli che si interrogano su cosa spinga Walter Veltroni a insistere nella campagna per sloggiare dalla basilica romana di Sant’Apollinare i resti di Enrico De Pedis, noto nel milieu come Renatino e ai fan di Romanzo criminale come Dandy. Più facile capire cosa abbia spinto il sindaco di Roma Gianni Alemanno ad accodarglisi: visto che la cosa fa titoli suo giornali, un titolo val bene una Messa, ricompensa puntualmente arrivata da Repubblica di domenica 1 aprile su quattro colonne in edizione nazionale.

Ma per Veltroni, politico di grande respiro almeno nella carriera passata e nelle ambizioni ancora non dome, non è possibile si possa accontentare di qualche articolo sul Fatto o sul Messaggero. Le risposte possibili sono tante: che stia pensando a un film, lui perito cinematografico? che cerchi consenso e voti per sé e per terzi? che voglia distrarre la gente dalla sua mancata promessa di ritirarsi in Africa, come sostiene la vedova di De Pedis, Carla?

Quel che è certo che Veltroni ha imboccato una strada di sicura presa demagogica, ma incerta consistenza legale e anche morale, visto che da un uomo di sinistra che viene da lontano con speranza di andare lontano ci si aspetterebbero rpese di posizione meno razziste e classiste.

L’ultima uscita di Veltroni è consistita in una interrogazione parlamentare per sapere chi avesse autorizzato, nel 1990, la sepoltura contestata. La risposta del ministro Anna Maria Cancellieri è stata un po’ farraginosa ma precisa, anche se in due tempi.  Il 28 marzo il ministro aveva affermato che la ormai fin troppo famosa basilica, a due passi da piazza Navona, è “territorio del Vaticano”, successivamente precisando che non lo è, ma rimandando a una norma del Concordato (l’articolo 16 della legge n. 810 del 1929) in base alla quale “gli immobili […] adibiti a sedi dei seguenti Istituti pontifici: Università Gregoriana, Istituto Biblico, Orientale, Archeologico, Seminario Russo, Collegio Lombardo, i due palazzi di Sant’Apollinare e la casa degli esercizi per il Clero di San Giovanni e Paolo, non saranno mai assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilità, se non previo accordo con la Santa Sede e saranno esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso altro ente. È in facoltà della Santa Sede di dare a tutti i suddetti immobili, indicati nel presente articolo e nei tre articoli precedenti, l’assetto che creda, senza bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative, provinciali o comunali italiane, le quali possono all’uopo fare sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa cattolica”.

Come si vede, si parla di due palazzi di S. Apollinare. Uno in periferia, l’altro è quello affacciato sulla omonima piazza e del quale la basilica non è altro che la sua cappella. All’epoca della scomparsa di Emanuela Orlandi il palazzo comprendeva, tra l’altro, il conservatorio musicale frequentato dalla ragazza, proprietà anch’esso del Vaticano come l’intero palazzo. Oggi invece il palazzo è sede dell’Università della Santa Croce, proprietà dell’Opus Dei assieme alla basilica che ne è restata la cappella.

Il 30 gennaio 1985, con l’ordinanza n. 26, la Corte Costituzionale ha voluto precisare e definire che gli immobili elencati nell’articolo 16 del Concordato godono del “privilegio di estraterritorialità”. Forse non si può tecnicamente sostenere che sono “territorio del Vaticano”, ma, come dice un proverbio siciliano, “se non è zuppa, è pan bagnato”.

Cancellieri ha concluso la lettera con una frase riguardante un un atto dovuto e banale, di fatto superlfuo: “In considerazione anche del fatto che, come Le è noto, sono ancora in corso indagini sulla vicenda, ritengo di informare l’Autorità Giudiziaria delle evidenze emerse”. L’Autorità Giudiziaria, cioè la Procura della Repubblica di Roma, è già al corrente di tutto ciò da molti mesi. Almeno da quando il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ha risposto alle domande di Veltroni in commissione Antimafia che “i documenti per la sepoltura di De Pedis in S. Apollinare sono apparsi tutti in regola”. Cosa del resto già appurata nel 1995-’97 dal magistrato romano Andrea De Gasperis sulla scia di alcuni articoli di denuncia de L’Unita e del Messaggero, oltre che di una interpellanza della Lega Nord e di una protesta del sindacato di polizia sulla sgradita presenza della salma nei sotterranei della basilica, in un corridoio abbandonato da oltre un secolo e, contrariamente a quanto si crede, non situato in terra consacrata. Veltroni deve essersela legata al dito per la frase sorniona con la quale Capaldo concluse l’audizione: “Se è stato commessa qualche irregolarità, è ormai caduta in prescrizione da molto tempo”.

L’altra incomprensibile tempesta in un bicchiere d’acqua scatenata da Veltroni, che ha portato alcuni giornali a parlare di “colpo di scena”, è la “scoperta” che a firmare i permessi di tumulazione della salma di De Pedis in S. Apollinare è stato il cardinale Ugo Poletti “presidente della CEI”. In questo caso non si può neppure parlare di scoperta dell’acqua calda, perché in sette anni ha fatto certo in tempo a raffreddarsi. E’ infatti dal settembre 2005, dopo la telefonata anonima a “Chi l’ha visto?”, che è noto come sia stato il cardinale Ugo Poletti a rilasciare il 10 marzo 1990 il nulla osta della Santa Sede alla oggi contestatissima tumulazione di De Pedis. Cosa arcinota, scritta in mille articoli e in alcuni libri. Così come è arcinoto che Poletti oltre che presidente della CEI, veste nella quale non avrebbe avuto titoli per firmare quel permesso, era anche – fino al febbraio dell’anno successivo (1991) – Vicario per la città di Roma: vale a dire, facente funzioni di vescovo di Roma al posto del papa, che è anche, pare dai tempi di San Pietro, vescovo di Roma. E proprio nella veste di responsabile del Vicariato quella firma competeva a Poletti e non ad altri.

Dopo i primi entusiasmi suscitati dal grido di vittoria veltroniano, comincia ad avere dubbi anche Pietro Orlandi, fratello di Emanuela. E’ ormai accertato da tempo dagli atti giudiziari che la Segreteria di Stato del Vaticano ha condotto indagini e sa cosa è successo alla Orlandi. Poche ore fa, nel gruppo che ha fondato su Facebook nella vana speranza di poter convincere il papa, con una petizione di massa che è solo una supplica, a ordinare alla Segreteria di Stato di dire ai magistrati italiani quello che sa, riferendosi ai documenti per la tumulazione in S. Apollinare, Pietro ha scritto: “io credo che i documenti non siano in regola , ma se lo fossero la questione sarebbe ancora più assurda, tutti d’accordo nell’autorizzare quella sepoltura, nonostante conoscessero il soggetto De Pedis. La questione è capire perché il Vaticano ha acconsentito che ciò accadesse, sapevano benissimo che prima o poi qualcuno avrebbe protestato e non credo affatto che dipenda dal desiderio di De Pedis di essere seppellito per aver fatto un favore a Poletti, il Vaticano non è riconoscente verso i vivi figuriamoci verso i morti”.

Di questo ennesimo “al lupo, al lupo!” gridato in massa nel corso dei 28 anni dalla scomparsa di Emanuela, resteranno solo le parole, come sempre tra il cinico, l’umano, il sornione e il saggio, di Giulio Andreotti: “Forse De Pedis non era un benefattore dell’umanità, ma di Sant’Apollinare sì”.

Resta solo da capire perché Veltroni ha voluto cacciarsi testardamente in un simile vicolo cieco. Qualcuno dice che punta ai voti dei quasi 100 mila aderenti alla petizione lanciata da Pietro Orlandi. Altri dicono che cercherà di candidare lo stesso Pietro, o Natalina, la maggiore delle tre sorelle Orlandi, alle elezioni comunali per Roma o a quelle per il prossimo parlamento.

Infine c’è una novità, che può se non spiegare almeno contribuire a spiegare l’impennata di iniziative degli ultimi tempi su Emanuela, De Pedis, ecc. A Raffaele Pernasetti, ex della cosiddetta banda della Magliana in libertà provvisoria dopo molti anni di galera, è stata chiesta una qualche “confidenza” ai danni di “Renatino” utile a mandare avanti il feuilleton del “rapimento”. Per cercare di convincerlo gli è stato spiegato che è in programma la realizzazione di un film sulla vita di Sabrina Minardi, l’ex moglie del cannoniere laziale Bruno Giordano, passata anche per l’inferno dei ricoveri per tentare di disintossicarsi dalle droghe prima di diventare l’ennesimo “supertestimone” del caso Orlandi nonché asserita “amante per dieci anni” di De Pedis.

Qui è opportuno notare che una delle giornaliste più accanite nell’accusare De Pedis è la bellissima Angela Camuso, amica di Veltroni, che il 5 ottobre è intervenuto alla presentazione di un suo libro. Ne verrebbe un bel film e quale pubblicità migliore che non questo baccano per un bel film sulla dolce vita amarissima della Minardi che punti a bissare il successo del film e della serie tv Romanzo criminale?

Torniamo a vent’anni fa. Il 10 marzo 1990 il Cardinale Ugo Poletti «rilasciava il nulla osta della Santa Sede alla tumulazione della salma di De Pedis nella Basilica di S. Apollinare». È quanto sottolinea il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri in una lettera a Walter Veltroni sulla questione della sepoltura di Enrico De Pedis.

Si tratta, spiega la responsabile del Viminale, di una delle circostanze emerse dall’acquisizione di documenti che hanno consentito di chiarire alcuni aspetti della vicenda. Tra i documenti, anche quello che attesta che la famiglia De Pedis ottenne «in data 24 aprile 1990 dalla autorità comunale l’autorizzazione al trasporto della salma del congiunto ‘da Roma a Città del Vaticano».

In data 20 marzo 1990 mons. Pietro Vergari , attesta, nella qualità di Rettore della Basilica di S. Apollinare, che la stessa è soggetta allo speciale regime giuridico di cui all’art.16 della legge n. 810/29 sopra richiamato; la famiglia De Pedis ottiene, in data 23 marzo 1990, dall’autorità comunale l’autorizzazione all’estumulazione della salma del congiunto dal Cimitero monumentale del Verano per il successivo trasferimento alla Basilica di S. Apollinare in Roma; la famiglia De Pedis chiede nella tessa data , 23 marzo 1990, l’assistenza sanitaria per la traslazione della salma ‘nella Basilica di S. Apollinare Stato Città del Vaticano».

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Marco Benedetto