ROMA – Giuseppe Turani ha scritto per Uomini & Business un articolo intitolato “Nubi nere: da Atene a Roma“. L’opinione di Turani è che non ci sia solo la crisi greca ad agitare i sonni europei. Anche l’Italia di Renzi, l’Italia delle riforme, ha dimostrato che non riesce a crescere e a uscire definitivamente dallo stallo economico. Blitz Quotidiano vi propone l’articolo integrale:
L’orizzonte si sta riempiendo di nubi. Sono nere e brutte. E di varia natura. Si può cominciare dalla Grecia. Atene ha bisogno di 7 miliardi subito, altrimenti rischia di fallire nel giro di 48 ore. E poi chissà quanti altri ancora. Ha mandato un documento a Bruxellese, ma da Berlino hanno già fatto sapere che non può essere la base di una ripresa di trattativa.
Il sospetto è che la Germania cominci a essere davvero stufa dei giochi di prestigio di Tsipras e che abbia voglia di lasciarlo bollire nel suo brodo. Se le cose stanno così, allora qui si sta correndo verso il default, con tutto quello che ne consegue. Prepariamoci a raccogliere pacchi viveri da mandare in Grecia.
E prepariamoci anche a qualche colpo sui mercati. Gli ultimi, poi finirà tutto e, forse, si riprenderà a respirare.
Ma ci sono nubi anche sull’Italia. Intanto è evidente che un eventuale default greco qualche disagio ce lo procurerà. Ma, soprattutto, dovrebbe preoccupare la nostra situazione economica, che non è grave, è quasi immobile. E questo forse è peggio.
Nei giorni scorsi c’è stato un po’ di stupore non vedendo aumenti nell’occupazione. Con una crescita che sta fra lo 0,5 e lo 0,7 per cento è pura illusione pensare che possa aumentare l’occupazione. Non aumenta niente. E’ già un risultato che non diminuisca.
E infatti si continua a sentire parlare di fase nuova in Europa, non più austerità, ma crescita. La sensazione è che si tratti solo di parole, gettate lì per fare un po’ di cortina fumogena contro le dichiarazione “rivoluzionarie” che vengono da Atene.
I paesi che possono crescere in Europa stanno già crescendo, sia pure non a ritmi vertiginosi. Poi ci sono quelli che non hanno finito i compiti a casa e che sono pieni di debiti (come l’Italia). E qui è difficile immaginare politiche keynesiane, cioè della spesa (e dei debiti). Anche perché la nostra classe politica non si è mai dimostrata capace di spendere bene i soldi: più che altro ha distribuito mance. Adesso è un po’ che non lo fa (80 euro a parte) e quindi c’è il sospetto che l’eventuale arrivo di nuovi soldi riaprirebbe la stagione delle mance.
Comunque non si può stare nemmeno così, immobili nella calura estiva.
Ma cosa può fare, in concreto, al di là delle chiacchiere, Renzi? Quasi niente. Si dice, ma tagli la spesa pubblica e la pianti. Ammesso che si decida a farlo e che il suo partito glielo lasci fare, non può. Oggi tagliare con decisione la spesa pubblica (che vuol dire mandare a casa della gente, privarla dello stipendio, se no non serve) avrebbe solo un effetto deflazionista. Aggraverebbe di più questa specie di non-crescita nella quale siamo immersi. Per la semplice ragione che avremmo gente in più senza stipendio, e quindi senza alcuna voglia di spendere. Certo i conti pubblici migliorerebbero, ma questo non fa crescere il Pil. Il taglio della spesa pubblica ha effetti positivi a distanza di tre-quattro anni e quindi andrebbe fatto nei momenti di alta congiuntura, non di bassa come questa.
E allora? Mani legate? Sì, assolutamente. Tutti quelli che invocano la stagione della crescita fanno solo demagogia.
Per avere subito più crescita c’è solo una strada da battere. Ma richiede molto coraggio. Questa: sfidare Bruxelles, andare in deficit oltre i parametri europei e usare i soldi in più non per fare investimenti (che in genere si risolvono in grandi sprechi). Ma per fare una cosa molto semplice, per la quale basta un ragioniere: tagliare in misura corrispondente le tasse, meglio se quelle che gravano sul lavoro e sulle imprese.
Bruxelles urlerà, ma si può spiegare che non c’è altro da fare e che si rientrerà nei parametri fra qualche anno. Se poi si eliminano un po’ di sprechi, meglio ancora.
Insomma, chi sogna una grande stagione keynesiana di investimenti pubblici è in errore e semina illusioni. L’unica cosa seria da fare è sfondare un po’(1-2 per ceto) il bilancio pubblico e usare questi soldi non per tirare su ponti e autostrade inutili, ma per abbassare la tasse. Saranno poi i cittadini e le imprese a fare la maggior crescita, autonomamente e senza bisogno di stupidi referendum, come invece vorrebbero gli idioti.