VENEZIA – La balena spiaggiata, ovvero la Costa Concordia semiaffondata a due passi da Giglio Porto, mi ha fatto venire i brividi. Non solo perché è avvenuta una grave tragedia e neppure perché essa sarebbe potuta divenire immane se dopo l’urto la nave non si fosse indirizzata rapidamente verso la costa dell’isola a due passi dal porto. No, a farmi rabbrividire è stata un’altra considerazione, legata al mio essere nato e cresciuto a Venezia. Per caso ho buttato l’occhio su una dichiarazione, all’indomani del naufragio, del direttore dei servizi alberghieri di bordo sulla Costa Concordia, Lorenzo Barabba: “Adesso resteremo a terra per un po’, ma io devo andare a Venezia perché il primo maggio ci attende il varo di un’altra supernave, la Costa Fascinosa…”.
Provate a passare una giornata seduti ai tavolini di un caffè dell’area marciana di Piazza San Marco, davanti al Palazzo Ducale e vicino alle colonne di San Marco e San Tòdaro. Godrete di una splendida vista sull’isola di San Giorgio, la Punta della Salute e il bacino di San Marco. E in poche ore avrete la possibilità di veder attraversato il suddetto bacino anche da una decina di supernavi da crociera, di quelle alte come grattacieli e con migliaia di turisti a bordo che scattano foto e salutano con la mano.
I colossi navigano, fortunatamente a bassa velocità, a un centinaio di metri dal Ponte dei Sospiri, dal Palazzo Ducale, dal campanile e dalla basilica di San Marco e a una trentina di metri o poco più dalla chiesa di S. Maria della Salute. Imboccano il canale della Giudecca (dove da bambini io e i miei amici nuotavamo e ci appendevamo alle barche in transito) e dopo meno di due chilometri approdano al Porto Marittimo: qui i turisti sbarcano e invadono a frotte il centro storico per la gioia dei bottegai (gli albergatori non godono altrettanto perché a sera i gitanti tornano nelle loro cabine).
In un anno di croceristi ne sbarcano più di un milione e mezzo: un business che fa gola a molti i quali, non a caso, sono assolutamente favorevoli a che nulla cambi nella rotta dei grattacieli dei mari. Commercianti e compagnie di navigazione, in questo, vanno a braccetto: è molto più facile vendere un pacchetto-crociera se comprende anche il passaggio di fronte a San Marco (con panorama e foto ricordo prese dal decimo “piano” della nave) e una passaggiata per le calli e i campielli.
E’ vero che in laguna o nel canale della Giudecca non ci sono scogli come attorno al Giglio; può anche essere vero che questi bastimenti, a bassa velocità, non provocano onde pericolose, ma, come spiegano gli esperti, una di queste navi sposta comunque centomila tonnellate d’acqua, con le sue eliche smuove tonnellate e tonnellate di fanghi che determinano cambiamenti gravi dell’ecosistema lagunare, provocano effetti di risucchio nei canali limitrofi, e via elencando.
Questo, ed è già molto, se tutto “va bene”. Che dire se invece un errore di manovra, un blackout di qualche strumento ipertecnologico, una collisione, o il tentativo di evitarla, con qualche piccolo mezzo di trasporto (in rete circolano numerose foto in cui compaiono, a distanza di pochi metri, maxi-transatlantici e gondole), costringessero uno di questi giganti a dirigersi verso i marmi bianco-rosati del Palazzo dei Dogi o verso la seicentesca basilica della Salute? Ovviamente non ci sono parole per commentare un’eventualità del genere.
Già da diverso tempo ai veneziani che più amano la loro città e sono meno interessati al portafoglio, la traversata dei mostri marini non piace affatto. L’attuale primo cittadino della Serenissima, Giorgio Orsoni, consapevole dei guasti provocati e provocabili dall’attuale situazione (il suo sfidante in campagna elettorale, Renato Brunetta, era di tutt’altro avviso), è favorevole a trasferire la rotta delle navi da crociera nel cosiddetto “canale dei petroli”, alle spalle dell’isola della Giudecca, dedicato al trasporto delle materie prime a Porto Marghera. Gli scavi per creare e approfondire questo canale hanno già determinato in passato seri scombussolamenti all’ecosistema, ingigantito il problema delle acque alte, smosso migliaia di tonnellate di fondali lagunari in parte risucchiati in mare aperto e altri danni ancora.
Un provvedimento più radicale consisterebbe nel creare, al di fuori della laguna, in mare, dalle parti della cosiddetta “bocca di Malamocco”, un terminal off-shore dove le grandi navi, da crociera e non, dovrebbero attraccare per far poi giungere i turisti a Venezia con normali imbarcazioni e il petrolio e simili a Marghera attraverso appositi oleodotti. E’ una soluzione che sembra piacere anche al neoministro dell’Ambiente, Corrado Clini, per molti anni direttore sanitario del Servizio di Igiene e medicina del lavoro di Porto Marghera, che l’ha rilanciata a pochissime settimane dal suo insediamento.
Quale che sia la strada prescelta, quella del canale dei petroli o quella del terminal off-shore, è necessario bloccare al più presto, senza attendere una tragedia annunciata, il traffico delle navi-monstre nel bacino di San Marco. Fra l’altro, quando entreranno in funzione le paratie mobili del Mose contro l’acqua alta, la laguna è destinata a essere isolata dal mare con una certa frequenza. Per le navi da crociera che dovessero entrarvi, vi saranno crescenti problemi. Superiamoli subito lasciandole fuori dalla laguna. Che il Mose, opera molto discussa e discutibile, anche per i suoi costi di costruzione e di manutenzione, almeno serva a questo, a tener lontani i giganti d’acciaio dai “merletti” del gotico veneziano. Cittadini della Serenissima, alzate le paratie!