La Gdo sulle private label ha maggiori margini di guadagno? Certamente sì e per diversi motivi. Innanzitutto perché questi prodotti non sono appesantiti dai costi di marketing, cioè in sostanza dalle spese pubblicitarie. E questo beneficia sia la Gdo che i clienti che scelgono il marchio privato. In secondo luogo perché la grande catena ha una forza contrattuale maggiore sui piccoli produttori cui commissiona i prodotti, e di cui a volte può essere l’unico cliente, rispetto alle industrie di marca. In Italia si stima che le aziende (copacker) che producono per le private label, e i cui nomi sono del tutto ignoti ai non addetti ai lavori, siano circa 1.500, la maggior parte delle quali, quasi il 90 per cento, sono piccole e medie imprese (i prodotti a marchio privato sono circa 20 mila, 1.000-1.500 per ciascuna catena di supermarket o ipermercati).
In qualche caso la Gdo produce essa stessa direttamente, con suoi impianti, le private label, o quantomeno una parte delle stesse. La già citata A&P ha messo in piedi negli anni ’60 un megastabilimento (il più grande al mondo del settore alimentare) per produrre il suo marchio privato. Di recente il gruppo americano ha attraversato una serissima crisi e forse l’idea di “frasi tutto in casa” non vi era estranea. La regola aurea vuole infatti che i prodotti maturi e ad alta intensità di lavoro siano affidati a copacker (ottenendo un’importante flessibilità nei costi), mentre semmai si fabbricano direttamente i prodotti più innovativi e più ricchi di know-how.
In qualche caso, ovviamente per nulla pubblicizzato, le stesse imprese che producono un prodotto di marca producono anche il medesimo prodotto nella forma di private label: possono esserci piccole differenze merceologiche ma in genere la qualità dei due tipi di etichette tenderà a somigliarsi assai e la convenienza del prezzo sarà ancora più evidente. Che interesse ha il produttore ad adottare un tale tipo di comportamento che, oltretutto, rischia di cannibalizzare la sua merce più rinomata? In particolare esso può avvantaggiare il produttore perché consente un maggiore utilizzo degli impianti, evita conflitti sindacali dovuti a brusche riduzioni dell’attività produttiva, e permette una diversificazione del prodotto che porta a un maggiore fatturato complessivo.
