Al sollievo dovuto all’alleggerimento del peso di questi bond ormai poco ambiti si è però coniugato il disappunto per le perdite in conto capitale che, non solo per il caso dei titoli italiani ma anche per quelli di altri debiti sovrani, possono venire contabilizzate con ritardo ma alla fine rischiano di far deragliare i parametri patrimoniali fino, nei casi estremi, a provocare fallimenti. Il caso Dexia, grande gruppo bancario belga-francese inzeppato di titoli tossici e proprio in questi giorni salvato in extremis per la seconda volta dai due governi, avrà certamente accelerato la riflessione delle cancellerie.
A questo punto ci si può chiedere: per via dei loro pressanti “interessi di bottega”, Parigi e Berlino hanno preso una lungimirante posizione sulle crisi bancarie (se ne capiranno i concreti dettagli, fondamentali, nelle prossime settimane), ma tutto ciò alleggerirà la crisi dei debiti sovrani? Il quesito impone una duplice risposta.
Da un lato, in un mondo globalizzato, anche solo annunciare che non si tollereranno crisi bancarie depotenzia l’effetto domino di eventuali default dei debiti sovrani e placa il panico che da mesi serpeggia (per usare un eufemismo) nel mondo della finanza e degli investitori. Quindi l’intesa franco-tedesca e, auspicabilmente, un prossimo accordo nell’ambito dell’eurogruppo nella medesima direzione, ha un impatto decisamente positivo.
D’altra parte, però, l’insicurezza degli investitori riguardo ai debiti pubblici di alcuni paesi non sembra destinata a ridursi significativamente per via di quell’accordo: le banche oggi “salvate” in corner tenderanno comunque a conquistare nel medio termine spiagge più sicure: Come? Ma è chiaro: liberandosi di ulteriori quote dei titoli sospetti in loro possesso. In prospettiva, quindi, il problema del finanziamento dei debiti pubblici dei paesi a rischio, beninteso a parità di ogni altra condizione, pare destinato ad aggravarsi.
