Per tutti i paesi, quelli più “forti”, spesso considerati “sicuri” senza esserlo affatto, così come quelli più fragili, i salvataggi bancari, se vi saranno e se saranno numerosi e costosi, comporteranno un ulteriore aumento del debito internazionale complessivo, già aumentato a dismisura negli ultimi anni. Anche dopo la crisi del 2008, il debito mondiale è continuato a crescere: in alcuni casi vi è stata un po’ di riduzione del debito privato, accompagnata però da uno strabiliante incremento di quello pubblico (solo negli Stati Uniti l’aumento ha toccato gli ottomila miliardi di dollari). E’ stato stimato che paesi come l’Irlanda abbiano un debito privato pari al 370 per cento del pil. Le altre nazioni europee stanno in genere un po’ meglio, ma sempre con livelli di indebitamento privato, per non parlare di quello pubblico e di quello delle aziende di credito, da far tremare le vene ai polsi: la Spagna raggiunge il 280 per cento del pil, la Francia supera il 200 per cento e la Germania il 142.
Secondo una ricerca del Credit Suisse, il debito totale delle economie avanzate è passato da circa il 150 per cento del loro pil complessivo nel 1980 ad oltre il 250 odierno. Il continuo galoppo dell’indebitamento mondiale è, a mio avviso, la vera causa prima della crisi di questi anni, considerata anche la sua crescente ingovernabilità per via della globalizzazione e dei vasi finanziari comunicanti che porta con sé. Poiché, come predicava Milton Friedman, in economia alla fin fine “non esistono pasti gratis”, la riconquista della fiducia nelle aziende di credito e nei debiti sovrani richiederà parecchio tempo (e speriamo non troppo, poiché, come ironizzava J. M. Keynes replicando a chi lo accusava di occuparsi solo dei problemi di breve periodo, “sul lungo periodo saremo morti”) e soprattutto un processo convincente di riduzione del debito pubblico dei paesi a rischio e di quello globale di tutti, nessuno escluso. Impresa difficilissiama, quest’ultima, soprattutto se non vi sarà un’inversione di tendenza della congiuntura e quindi una ripresa stabile e consistente.
