Apriti cielo! Ne è scaturita la bagarre ben nota, che ha visto in prima linea Diego Della Valle a festeggiare il 76esimo compleanno del presidente (15 febbraio) con una raffica di durissime critiche alla sua “visione personalistica”, alle sue “affermazioni senza senso” e ai difetti di comunicazione in genere, fino ad ammonirlo di non “voler far pensare che lui copre un ruolo centrale nella governance di Generali: del resto, se l’avessimo voluto con questo ruolo non avremmo deciso a suo tempo all’unanimità di non dargli deleghe operative”, e persino a suggerirgli di cominciare a pensare alla pensione. Per farla breve, lo scontro si è provvisoriamente concluso con un compromesso che ciascuno dei contendenti ha interpretato a suo beneficio.
Il “rottamatore” Della Valle è convinto di aver guadagnato quantomeno il primo tempo della partita ridimensionando l’“arzillo vecchietto”. Un altro “arzillo”, Leonardo Del Vecchio, all’indomani delle sue dimissioni dal cda delle Generali, sulla cui interpretazione si affrontano tesi opposte (contro Geronzi o contro Perissinotto?), ha detto fra l’altro che il re è nudo: “Non è che conti molto ormai. Non ha alcun potere”. Ma c’è anche chi è convinto che il presidente del Leone sia uscito vincitore del round. Primo fra tutti, manco a dirlo, proprio Geronzi che, con l’aria curiale che lo contraddistingue in pubblico, si è detto “soddisfatto” del risultato sancito dal cda “in armonia”: sottolineando che lui continua a rappresentare le Generali negli accordi parasociali di Rcs, Pirelli e Mediobanca.
Ma il consiglio ha stabilito anche che nessuna partecipazione è strategica e che ogni decisione sulla sorte di ciascuna di esse, anche di quelle legate a patti di sindacato, spetta all’ad in base al criterio della creazione di ricchezza, anzi esclusivamente all’ad nel caso che il loro valore non superi i 250 milioni. Quest’ultimo è proprio il caso del pacchetto Rcs: il banchiere di Marino rischia quindi che prima o poi la poltrona nel patto di sindacato cui tanto tiene venga venduta. La quota di Generali in Rcs non è né strategica né redditizia, ma è assai importante per il controllo del “Corriere” e povrebbe venire ceduta in prelazione agli altri soci presenti nel controllo di via Solferino, tra cui lo stesso Della Valle che però in Rcs non conta solo amici.
L’ottavo re di Roma ha sette vite come i gatti. Se anche nei giorni scorsi ha subìto una mezza sconfitta è probabile che gliene resti ancora qualcuna da giocarsi con quel suo sorriso da micio sornione. Staremo a vedere. Nel frattempo, in questo clima di perdurante incertezza sulla governance del Leone, a farne le spese sono l’immagine della compagnia assicurativa e le quotazioni del titolo, e quindi le decine di migliaia di azionisti, mentre gli investitori istituzionali stranieri, che hanno già in saccoccia un 25 per cento del capitale, stanno alla finestra e non investono oltre in attesa di qualche certezza in più.