Addirittura il 10 novembre scorso il portale Global credit di S&P annunciava: “Allarme paesi sovrani – Repubblica francese – Declassata”. La notizia in un battibaleno ha fatto il giro del mondo prima di venire smentita nettamente dalla stessa fonte: “Il rating francese rimane invariato ad AAA con un outlook stabile e l’incidente non è legato ad alcuna attività di sorveglianza della valutazione della Francia”.
L’incidente è quantomeno strano e desta il sospetto che il gallo transalpino abbia fatto paura alle tre grasse faraone americane: toccare la tripla A francese, oltretutto mentre si approssimano le elezioni presidenziali, potrebbe far scatenare Nicolas Sarkozy e rinfrescare il mai sopito orgoglio gollista-antimperialista. Un guaio, soprattutto quando nella Ue si discute la proposta, per ora stralciata, di vietare il rating dei debiti sovrani dei paesi in difficoltà e delle maggiori banche (prendi nota, Babbo Natale: non te lo chiedo solo io). E mentre in generale il clima, attorno alle agenzie, si fa via via più pesante. Basti pensare che il filosofo-giornalista Bernard-Hénri Levy, in un recente intervento, ha tacciato le tre regine di essersi comportate più che da agenzie di credito da “agenzie di discredito”.
A proposito di discredito, B.H.L. ha sibilato all’indirizzo del “triopolio”: “Sono pagati da clienti che essi stessi dovranno valutare. Consigliano le banche sul modo di strutturare prodotti che, una volta messi sul mercato, essi stessi dovranno giudicare”, prodotti che talvolta hanno il profilo di quegli attivi “tossici” che hanno dato il là all’attuale depressione. Prosegue il filosofo: “Un dirigente che falsifica i conti della propria azienda va in prigione. Un responsabile di S&P, che con un battito di ciglia inconsiderato crea l’effetto, quasi meccanico, di mandare in rovina milioni di persone, non sarà mai punito. Giuridicamente, la sua ‘nota’ dipende da un’‘opinione’. E, come tutte le ‘opinioni’, essa gode di una libertà senza limiti”. Conclusione: “Bisogna degradare le agenzie di rating”.
Un’idea, quest’ultima, condivisa da non pochi addetti ai lavori. Hanno sostenuto ad esempio di recente tre giovani docenti di università americane, al termine di un approfondito studio: “Rispetto ai rating sui bond societari, i titoli pubblici sono stati valutati più severamente e i prodotti strutturati più generosamente”. E a conferma forniscono dati: tra gli Stati le cui valutazioni sono inizialmente partite da una A nessuno ha mai fatto default, mentre ciò è successo al 4,92 degli istituti finanziari e ben al 27,21 dei prodotti strutturati.
L’analisi di uno dei maggiori esperti mondiali di regolamentazione dei mercati finanziari, l’americano Frank Partnoy, spiega senza reticenze perché le agenzie sono diventate via via meno credibili: “Negli ultimi vent’anni il loro ruolo è cambiato radicalmente: prima fornivano agli investitori informazioni sugli emittenti di obbligazioni; ora aiutano gli emittenti ad avere accesso ai mercati finanziari. Prima erano pagate dagli investitori e stavano attente alla reputazione degli emittenti, ora sono gli emittenti a pagarle (Stati esclusi, ndr.) e il focus è sulle norme da rispettare perché i bond emessi possano finire nei portafogli dei grandi investitori”.
In altre parole, come ha tradotto in linguaggio semplice B.H.L., le agenzie diventano contemporaneamente ‘pompieri e piromani’ ovvero ‘giudice e giudicato’: “Siamo al limite della peggiore confusione dei generi, se non del traffico d’influenza più sfrontato”.
Caro Babbo Natale, se quanto ti ho scritto ancora non ti basta non farti problemi a chiedermi ulteriore documentazione: ho tutte le pezze d’appoggio anche per dimostrarti che il regalo che vorrei da te, mettere a tacere questi uccelli del malaugurio, è in cima alla lista dei desiderata anche dei più autorevoli consessi internazionali.
A Bruxelles, ad esempio, hanno già deciso che le agenzie dovranno comunicare le loro decisioni a mercati chiusi, basarle su rapporti da aggiornare semestralmente e la medesima agenzia non potrà dare giudizi sia su un emittente che sul suo strumento di debito (a parte, ahimé, i debiti sovrani per i quali però sono in discussione temporanei divieti di giudizi). In più gli emittenti dovranno ingaggiare una agenzia diversa ogni tre anni, per evitare complicità troppo spinte. In prospettiva si discute inoltre della possibilità di istituire un’agenzia europea indipendente come contraltare ai tre colossi Usa. Anche dall’altra parte dell’Atlantico, peraltro, il “rating” delle agenzie è in calo: la Federal Deposit Insurance Corp., ente che assicura i depositi bancari, ha deciso che le maggiori aziende di credito non potranno più trincerarsi dietro i rating delle agenzie per valutare i rischi dei loro investimenti. Come dire: prendetevi le vostre responsabilità e non accontentatevi di pareri esterni che troppo spesso hanno già dimostrato la loro inaffidabilità.
