Genoa – Sampdoria, derby dei misci. I “poverelli” in campo domenica 14 aprile

GENOVA – L’umorismo alla genovese, scabro e fulminante, l’ha già ribattezzato “il derby dei misci”, dove il termine “misci” sta, letteralmente, per squattrinati ma in realtà ricomprende un concetto più ampio e, soprattutto, più desolato. “Misci” come poveracci, diseredati, affamati. Il derby di Genova fra Genoa e Sampdoria, che si gioca domenica 14 aprile, è insomma tornato alla dimensione storica naturale, quella minimale vissuta per decenni. Una corsa disperata al “si salvi chi può”. Un duello all’ok Corral col pallone tra i piedi al posto delle Colt alla fondina al quale era delegata non solo la supremazia cittadina – normalmente il massimo traguardo ipotizzabile – ma addirittura la rispettiva sopravvivenza nella massima serie. Oggi il derby è tornato l’autodafé fra due squadre disperate nel senso etimologico del termine, ossia quasi prive di speranza. Soprattutto il Genoa, che si divincola nel fondo dell’imbuto di una classifica mortificante.

Terminasse oggi il campionato, il Genoa sarebbe spacciato. La Sampdoria sta meglio ma non è del tutto assistita dalla garanzia dell’aritmetica, l’unica capace di azzerare il chiacchiericcio da bar e mettere a tacere illazioni e cattiverie. E comunque la stracittadina della Lanterna che si giocherà domenica pomeriggio, nel rinnovato catino di cemento del Luigi Ferraris (in riva al bizzoso torrente Bisagno, tristemente noto per aver provocato disastrose alluvioni), è lontana anni luce, negli almanacchi e nella memoria dei tifosi, dagli scontri in Paradiso dei primi anni Novanta. Tra la Sampdoria scudettata di Paolo Mantovani e Vujadin Boskov il Genoa rampante di Aldo Spinelli e Osvaldo Bagnoli. Formidabili quei tempi, formidabili ma ormai consegnati ad un passato che non tornerà. Almeno a stretto giro di posta.

Derby dei “misci” dunque, derby tra disperati, sebbene la Sampdoria osservi i rivali cittadini dall’alto, si fa per dire, dei nove punti in più in classifica. Una quota di classifica non completamente tranquillizzante rispetto all’obiettivo stagionale, la salvezza. Quanto al Genoa, è sprofondato da mesi nel girone dei dannati, e sgomita con Siena e Palermo. Una sola delle tre duellanti – Genoa, Palermo, Siena – scamperà al verdetto di morte (calcistica) e il derby, perfidamente, si colloca al primo, decisivo crocevia. Se lo perde, il Genoa difficilmente ritroverà energie e morale per lottare con successo. Se lo perde la Sampdoria, il dramma si profilerà appena, ma anche i bambini sanno che una sconfitta (o una vittoria) nel derby portano con sé, rispettivamente, umori venefici ovvero virtù salvifiche. A voi, dunque. E vinca chi lo merita.

La settimana che prelude al confronto fratricida non è cominciata, purtroppo, sotto una buona stella. L’inopinata, e rovinosa sconfitta interna della Sampdoria contro il Palermo ha fatto infuriare i tifosi del Genoa. Che sospettano una acquiescenza voluta da parte dei “cugini”. Per inguaiare ancor più il Genoa, rilanciando una rivale diretta, proprio alla vigilia del derby mors tua vita mea. Timori da bar, nessuno che conosca e viva il calcio immagina davvero che dei calciatori professionisti assecondino i desideri più truci dei propri tifosi. Per di più, quella col Palermo doveva essere la partita della “vendetta. Nel maggio 2011 fu proprio il Palermo, allora guidato da Delio Rossi (l’attuale tecnico della Sampdoria), vincendo a Marassi a sigillare la retrocessione della Sampdoria. Ora è il Palermo che annaspa e i tre punti strappati a Genova sono ossigeno puro per la squadra siciliana che, sotto la guida del tarantolato Sannino, è tornata in corsa. Ma in realtà la pietra tombale sulla discesa agli inferi dei blucerchiati l’aveva collocata proprio il Genoa, la settimana prima, vincendo il derby allo spirare del minuto 97, con un gol di Boselli, un carneade di centravanti argentino trasformato da oggetto misterioso in idolo della gradinata Nord. Anche quel derby nacque avvelenato dai sospetti, nutriti dai tifosi rossoblù, che temevano l’acquiescenza della loro squadra versoi i periclitanti cugini, Perché si sa, un conto sono i tifosi, che si detestano e si augurano reciproche sciagure. Altro conto sono i calciatori di Sampdoria e Genoa, che si conoscono, si stimano e qualche volta magari osano andare a cena insieme, in locali appartati però. Perché i tempi si sono imbarbariti e scoprire che, faccio per dire, Palombo e Marco Rossi cenano insieme – anche a distanza di sicurezza dal derby – sarebbe bollato dai tifosi come un indegno inciucio. Se Boselli non avesse infilato quel pallone allo spirare del match, affondando la Sampdoria in serie B, la contestazione dei tifosi rossoblù sarebbe esplosa virulenta, se n’era già gustato il preludio allo stadio, nel corso della ripresa. E il favore (del tutto presunto e indimostrabile) ai cugini blucerchiati non sarebbe passato liscio. Insomma i torti e le camarille – mai provati – del passato vengono ad inquinare anche gli scenari presenti. Capite l’atmosfera?

Poiché non vale la pena di fasciarsi la testa prima di essersela rotta, sarà bene smorzare i toni e sperare nel buonsenso che a Genova di solito è ancora moneta corrente. Tutti, dirigenti, calciatori, tifosi e anche organi di informazione. E bene ha fatto il presidente della Sampdoria, Edoardo Garrone, a bollare subito come “indecorosa” la performance dei suoi contro il Palermo. Adontandosene pubblicamente a caldo, ospite alla “Domenica Sportiva”. Garrone ha ribadito le rampogne e le censure alla sua squadra in una intervista al “Secolo XIX”, martedì. «Mio figlio è tifosissimo della Samp e prima della partita contro il Palermo mi ha espressamente manifestato quel pensiero che probabilmente anima diversi tifosi blucerchiati», ha raccontato Garrone al quotidiano genovese. Quale pensiero? «Perdere, perché così si sarebbe permesso al Palermo di raggiungere verosimilmente il terzultimo posto e inguaiare il Genoa. E io, quando ho sentito una cosa così, ho reagito d’istinto: “Sei scemo!”, gli ho ribattuto». E ancora: «Non vorrò mai sentire discorsi di questo genere. Lo sanno tutti quanto io sia tifoso della Samp. Ma amo la mia squadra e il calcio e lo sport ed è per questo che devo rispettare i valori che lo ispirano. Primo: lo sport ha le sue regole, non rispettarle è immorale. Si vuole fare un discorso meno nobile? Se non rispetti le regole prima o poi la paghi, c’è una giustizia. Ecco, mio figlio questo lo ha capito subito, ma non mi sono fermato qui. Non siamo ancora salvi e io soffro per questa situazione e so che tutti i tifosi soffrono come me. E non dimentico come è andata due anni fa, dieci punti in tutto il girone di ritorno, eh, ce lo ricordiamo? No, non riesco a dimenticare quello che accadde, non devo farlo. La settimana scorsa ho detto: voglio sei punti nelle prossime due partite, Palermo e derby. Sulla sconfitta e sugli incitamenti a fine gara di alcuni tifosi ho già spiegato quello che penso. Ripeto, ho il sospetto che l’applauso finale della Gradinata sia stato d’incoraggiamento per la prossima partita e non per la sconfitta con il Palermo che è stata semplicemente indecorosa. Confermo». Fin qui Edoardo Garrone, che si colloca in pieno nel solco di fair play tracciato dal padre Riccardo, scomparso lo scorso 21 gennaio.

Dal fronte genoano, nessun commento ufficiale ma finora Preziosi ha mantenuto toni bassi, bassissimi. Semmai si è occupato di caricare la sua squadra, tracciando il programma-salvezza: quattro vittorie per salire a quota 39, dove dovrebbe esserci la zona di sicurezza. Il feeling coll’allenatore Ballardini il terzo della stagione, dopo De Canio e Delneri – non sembra più a prova di bomba. La resa anticipata di Napoli, match che il Genoa quasi non ha giocato, come fosse entrato in campo già rassegnato alla sconfitta, ha addensato nerissimi pensieri nella mente del presidente rossoblù. Cambiare guida tecnica a sette giornate dal traguardo più che un azzardo sarebbe una follia. Preziosi tuttavia pretende che il Genoa fin dal derby sputi l’anima e, soprattutto, i giocatori dimostrino di credere nella salvezza. Altrimenti la parole e gli impegni se le porterà via il vento, che a Genova è un sicuro compagno di viaggio.

Published by
Marco Benedetto