Serie A, il punto: Juve a caccia di record, alla Fiorentina il premio sfiga

Il rigore non fischiato al Parma contro la Juve (foto da video)

ROMA – Serie A, il punto di Renzo Parodi sulla trentesima giornata di campionato

Dice bene Conte: “I record servono solo se poi alla fine si vince”. Che la Juve sia virtualmente campione d’Italia – con otto turni da affrontare – è pacifico. Quindicesima vittoria interna di fila, molto sudata e un tantino macchiata dall’arbitraggio di Banti, contro il vigoroso Parma che interrompe a Torino l’imbattibilità durata diciassette turni. Quel gran signore di Donadoni ha elegantemente glissato sugli episodi contestabili: l’espulsione di Amauri (gomitata a Chiellini) e il probabile rigore negato (intervento di Bonucci nell’area piccola su Parolo. Il rigore avrebbe concesso il possibile 2-2 a un Parma ridotto in dieci uomini eppure cresciuto alla distanza, anche grazie al calo della Juventus. Amauri ha colpito Chiellini, è chiaro. Ma lo ha fatto intenzionalmente? Qui sta il busillis. Forse sarebbe bastato il giallo, proprio Chiellini di solito se la cava così. Il punto è che gli arbitri a volte appplicano rigorosamente il regolamento (spesso cervellotico) e a volte sorvolano. O meglio “interpretano”.

Sul rigore propendo nettamente per il sì, Bonucci si è aiutato con moltissimo mestiere e Donadoni infatti lo ha rilevato. Il fallo è netto e andava sanzionato col penalty. Due perle di Tevez timbrano l’ennesima impresa bianconera, in attesa del big matcht che l’Apache dovrà disertare per squalifica. Peccato. E’ sempre bello vedere Tevez col pallone tra i piedi. Match accademico per la Juve, che peraltro considera ogni sfida una finale (è la sua forza), match importantissimo per il Napoli, che riavrà Higuain. Salta il duello con Tevez, che volete farci?

La squadra di Benitez ha giocato il primo tempo perfetto a Catania. Quattro gol di vantaggio, con la generosa colaborazione della difesa etnea. Anziché gestire l’enorme dote e divertirsi, il Ciuccio ha permesso il ritorno dell’avversario, concedendogli addirittura due gol. Soiliti errori in difesa, ma confortanti segnali di ripresa daa parte di Hamsik, nel giorno in cui Higuain è stato preservato in panchina. Sei punti dalla Roma (mercoledì 2 aprile recupera col Parma) sono tanti e sono pochi, dipende se il Napoli tornerà il Napoli del primo scorcio di stagione o si affloscerà sui suoi conclamati difetti.

Nell’anticipo la Roma aveva domato il Torino combattente con un gol allo scadere di Florenzi. Totti a mezzo servizio ha abbasato le chance della squadra che paga l’assenza di Strootmann e si aggrappa ai gol di Destro (sette) che ha fatto apori e patta con Immobile nella loro disfida azzurra. L’ho detto e lo ripeto: fossi Prandelli li porterei entrambi, probabilmente il ct, che ha tinnovato per un altro biennio, rinvierà le scelte radicali al dopo Mondiale quando dovrà rinnovare i quadri e puntare, necessariamente, sui giovani in vista dell’Europeo in Francia nel 2016.

Il Milan ha espugnato Firenze e Seedorf si è tolto un bel peso dalle spalle. Il pari a Roma e i tre punti sull’Arno ne rilanciano le quotazioni, anche in vista della prossima stagione. Berlusconi (Silvio) lo aveva preteso al posto di Allegri, ora sembra sia pentito. Non c’è da stupirsi, l’ex Cavaliere è quanto mai ondivago anche in politica (vedi le risse in Forza Italia) e la minaccia: “Ora torno ad occuparmi del Milan”, deve aver svegliato i giocatori. Il giocattolo rossonero, non più strategico per le vicende di casa Arcore, non sta nel cuore della figliolanza (Barbara esclusa, of course) e le voci di una vendita o della ricerca di un socio forte non sono campate in aria.

Le indiscrezioni raccontano di un Galliani passato alla controffensiva, rafforzato dall’endorsement di Silvio che gli ha dato mano libera nella gestione di Seedorf e delle conseguenti decisioni. Il partito di Adriano starebbe spingendo per convincere Barbara – che peraltro è già convinta di suo – a virare in politica e lasciare nuovamente il Milan nelle esperte mani del vecchio dirigente. L’ultima parola sarà di Berlusconi sr. il quale ha confessato, amaro che il Milan gli costa ogni anno 50 milioni di euro, mica bruscolini. L’ex Cavaliere è alle prese con grane ben più scottanti del Milan: la compilazione delle liste di Forza Italia per le Europee e l’imminente decisione del tribunale di sorveglianza di Milano che lo spedirà ai servizi sociali o agli arresti domiciliari. Prospettiva funerea per l’ex premier.

Il Milan insomma è solo un tassello del puzzle che Berlusconi deve risolvere. Mia impressione: Clarence salverà la panchina a patto che traghetti il Milan in Europa League, impresa non agevole, il traguardo è lontano parecchi punti e c’è da capire se la rondine fiorentina ha riportato la primavera. Resta la bella e – diciamo la verità -imprevista reazione di una squadra raccontata divisa, spaccata in due fra italiani e stranieri. Seedorf se n’è adontato, rivendicando la coscienza pulita di fronte a ricostruzioni giornalistiche che ha definito false. Esagerate, forse. Che ci fosse malessere nello spogliatoio non era un mistero per nessuno di coloro che frequentano la sacre stanze di Milanello. Che Seedorf sia stato un gran bell’azzardo, ma comunque un azzardo, a treno in corsa, neppure.

Il calcio è la scienza del pallone che rotola, ma attenzione. La massima vale nella singola partita, a gioco lungo pregi e difetti finiscono sulla bilancia e al tirar delle somme – sfortuna a parte – il verdetto è quasi sempre onesto. Balotelli – un gol dei suoi su calcio di punizione – lamenta di essere stato provocato dall’arbitro Orsato. “Serve dialogo”. Salvo scusarsi, il giorno dopo però: “Non volevo offenderlo”. Ma dai… “L’impossibilità di essere normale”: mi viene in mente un bel film del 1970 di Richard Rush, con Elliott Gould e Candice Bergen. E’ il destino di Balotelli, essere un personaggio costantemente sopra le righe. Se Mario imparerà a gestirsi, sarà un idolo. Altrimenti resterà una promessa mancata.

A proposito di sfiga, la Fiorentina si candida al premio malasorte dell’anno. Perso Gomez, perso Pepito Rossi, riperso Gomez, neppure quel piccolo santone in panchina può fare i miracoli. La squadra è stanca – ha ammesso Montella nel dopopartita – mentalmente più che fisicamente, aggiungo io. E’ normale quando sei costretto a supplire ad assenze tanto pesanti, prodigando tesori di energie e costringendoti a dare sempre il 120% di te stesso. L’obiettivo, realistico, è la difesa del quarto posto dagli assalti di Inter e Parma. Si può fare. Resta anche la finale di Coppa Italia, contro il Napoli. Una lotteria secca dove si parte praticamente alla pari con l’avversaria.

L’Inter nel posticipo contro l’Atalanta si è fermata su un pari (0-0) che la lascia a tre punti dal quarto posto, occupato dalla Fiorentina. Non sono tanto i numeri a preoccupare, semmai l’involuzione tecnica della squadra: lenta, prevedibile, spuntata, l’Inter di Mazzarri non decolla e il pubblico di San Siro, forse il più esigente d’Italia, ha sottolineato il proprio disappunto con salve di fischi che di certo non hanno incoraggiato i ragazzi in nerazzurro: Thohir ha masticato amaro in tribuna accanto a Moratti. Ha promesso altri due colpi (almeno) dopo Vidic. Sagna e Dzeko gli indiziati. Probabile il sacrificio di un pezzo da novanta, non Guarin che ha rinnovato fino al 2017. E allora chi? Fermo restando lo svecchiamento dei quadri (via Milito, Samuel, Chivu, probabilmente Cambiasso), potrebbe essere Alvarez il sacrificato. Anche ieri, subentrato a Guarin, il ragazzo ha giocato sull’ottovolante: alti e bassi, errori e colpi da campione. Per di più, appare difficile farlo convivere nel 3-5-2 mazzarriano con Hernanes, piede di velluto e gambe di ricotta, a quel ritmo si può giocare tra amatori, non in serie A.

L’Udinese è tornata la squadra saggia e acuminata che piace a Guidolin. La salvezza è a portata di mano e francamente viste le circostanze non si può chiederle di più. Ora tocca a Pozzo decidere se proseguire4 con il tecnico che ha portato la squadra in alto o cambiare manico e inaugurare un nuovo ciclo. Ormai è consacrato il non ancora diciottenne portiere Scuffet. Non è un azzardo accostarlo a Buffon, come lui esordiente verdissimo.nel Prma di Nevio Scala.

Da applausi l’Atalanta, quinta vittoria consecutiva: 2-0 al Livorno, sempre più inguaiato. Anche con qualche seconda linea – tutti i tecnici hanno fatto un turn over più o meno incisivo – la squadra di Colantuono conserva gli occhi di tigre, soprattutto quando giostra a Bergamo. Il gioiellino Bonaventura è dato in partenza (Fiorentina è in pole, ma non è detto che piazzi il colpo). A Bergamo sanno come attingere ai ragazzi delle giovanili, il vivaio della Dea è il migliore d’Italia. Tenete d’occhio Baselli, un talento vero, difatti la Juve ci ha già messo gli occhi addosso.

Esulta Genova, tutta intera. Il Genoa ha schiantato la malandata Lazio, decimata nei suoi uomini migliori. Gilardino tocca quota 13 gol, il biglietto per Rio ce l’ha ormai in tasca. Primo gol per il genietto greco Fetfatzidis. Ha ragione Gasperini a predire un finale con i fiocchi. La Lazio brancola nel buio, sotto le forche caudine di una contestazione popolare dilagante contro il presidente Lotito. More solito come direbbe lui, Lotito non fa una piega e tira dritto per la propria strada. Lazio-Parma sarà la partita della svolta. Se non fa i tre punti, l’Europa sfuma e saranno guai grossi.

La Sampdoria in trasferta contro il Sassuolo, ha vinto molto più largo di quanto dica il punteggio (2-1). Gol fulmineo, dopo appena 18 secondi, dell’ex Sansone, pareggio di Longhi, in fuorigioco non rilevato dall’assistente. Poi quasi solo Sampdoria: pali, traaverse, superparate di Pegolo e meritatissimo gol vittoria di Okaka che non sbaglia un colpo ogni volta che viene chiamato in causa. Mihajlovic si è definitivamente rivelato un grande condottiero di uomini oltre che un raffinato conoscitore del pallone che rotola. La Sampdoria ormai salva può guardare oltre, non proprio all’Europa ma ad un piazzamento stabile nella parte nobile della classifica, tgra le dieci elette. Doemnica a Genova si gioca Sampdoria-Fiorentina, un piatto per buongustai che dirà molte verità su entrambe le squadre.

In fondo all’imbuto della classifica, successo largo e prezioso (3-0) del Chievo sul Bologna, che ha subito senza replicare la volontà di vittoria dei veneti. La squadra di Corini scavalca i rivali e si candida a salvarsi. Di riffa o di raffa il Chievo alla fine porta sempre a casa l’obiettivo stagionale e complimenti dunque a Corii, l’uomo di tutte le salvezze, e al presidente Campedelli, capace di rimediare in corsa agli errori estivi. Boccata d’ossigeno per il Cagliari che ha piegato un Verona (quarta sconfitta consecutiva) ormai lontano dalle glorie del girone di andata. Squadra appagata e confusa, accusa Mandorlini che delicatamente parla di logorio psicologico dei suoi. Sia come sia, sarebbe un peccato sprecare tutto il buono costruito. Nessuno pretendeva l’Europa, nessuno immnaginava un crollo veritcale così brusco. Il Cagliari resta impaniato della lotta per non retrocederte ma Lopez ha dato ai suoi la coscienza di doversi salvare da soli. La società galleggia nell’incertezza e Cellino – respinto con gravi perdite dal Leeds (in Inghilterra i precedenti penali fanno stato, in Italia sono un titolo d’onore) – non sa letteralmente che pesci prendere.

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Alberto Francavilla