Battendo la Sampdoria grazie ad un’ora abbondante di calcio giocato a memoria, la Fiorentina di Montella (che prima di Catania avrebbe fatto carte false per trasferirsi sulla panchina blucerchiata, senonché Sensibile gli preferì Ferrara, tuttora a libro paga della società di Garrone. A quasi tre milioni di euro a stagione…) ha probabilmente scritto la parola fine alla avventura sulla panchina blucerchiata di Delio Rossi, ex molto chiacchierato a Firenze per via del traumatico pugilato con Ljajic. A volte la Fiorentina tende a specchiarsi troppo nelle sue innegabili virtù, il palleggio si fa stucchevole e improduttivo e persino la scalcagnata e timida Sampdoria di questi tempi alla lunga, grazie al gol del riapparso Gabbiadini, ha rischiato di completare la rimonta, fallita per l’insipienza sotto porta di Wszolek e Mustafi. Un verdetto atteso da Firenze, che Rossi ha preso con signorile distacco. Chiosando a proposito della propria sorte che se non si ha fiducia nel proprio allenatore lo si licenzia su due piedi, non gli si impone una nuova improbabile autodafè, destinandolo al massacro come è accaduto a lui, Una lezione perfetta, da applausi, rivolta alla società di Edoardo Garrone che non ha avuto il coraggio (e la decenza) di tagliar netto subito con Rossi, come se tutti gli equivoci, le contraddizioni e le lacune che hanno tormentato la Sampdoria (e Rossi ha la sua parte di colpe, sia chiaro) non fossero evidenti, direi fulgidamente chiari dopo 11 giornate di campionato, concluse dopo la dodicesima giornata con l’avvilente bilancio di due vittorie, tre pareggi e sette sconfitte, 13 gol segnati e ben 22 subiti.
L’anticamera della serie B. Evidentemente a Genova è stata dimenticata la lezione immortale di Paolo Mantovani (“Il mio allenatore per me è il migliore del mondo, perché l’ho scelto io. Quando non non più fiducia in lui lo licenzio in un attimo. Non lo tengo sulla graticola a rosolare”) scegliendo di sottoporre Rossi all’umiliante e inutile passaggio sotto le forche caudine di Firenze. Mentre scrivo ancora la società non ha annunciato ufficialmente quel che tutti ormai sanno: che Rossi sarà sollevato dall’incarico e sostituito (se la Fecercalcio servba non metterà il bastone tra le ruote) dal ct Sinisa Mihajlovic, ex calciatore blucerchiato molto amato dalla gente ma lontano dal nostro calcio dove, alla guida di Catania, Fiorentina e Bologna, non si era segnalato per exploit memorabili. Mihajolovic che ha vinto la concorrenza di Zeman (visto dai giocatori della Sampdoria come il fumo negli occhi. Con lui si lavora troppo…), si troverà a maneggiare una bomba innescata e pronta ad esplodere. L’organico pletorico (31 elementi), i molti doppioni, alcuni assolutamente inutili, il pubblico sampdoriano, di solito governativo e allineato con la società, sull’orlo della rivolta e una classifica davvero preoccupante (oggi la Sampdoria sarebbe retrocessa). E – last but not least – il Genoa che con Gasperini ha spiccato il volo e viaggia copn 8 punti di vantaggio sulla Sampdoria, al settimo posto. Ironia della sorte, Mihajlovic esordirà proprio contro la sua ex Lazio che non più tardi di una settimana fa aveva confessato di ambire a dirigere dalla panchina. Lo sconquasso attuale della Sampdoria è figlio di molte scelte disastrose del passato, aprete dalla rottura traumatica con Cassano, mandato ad espiare le sue bizze maleducate… al Milan dove vinse lo scudetto… Errori a ripetizione, che precipitarono la squadra in serie B.
Un profondo rosso porta iscritti due nomi, Antonio Guastoni, uomo di fiducia della proprietà, che distrusse in pochi mesi la squadra del quarto posto (Cassano aveva vibrato la prima picconata, mandando a quel paese quel gentiluomo del compianto presidente Riccardo Garrone). Pronubo il duo dei disastri Asmini-Tosi, Guastoni svendette Pazzini all’Inter (squadra di cui è tifoso) e lo sostituì con Maccarone e Biabany. E riscoprì come allenatore Cavasin, sparito dai radar da anni e alla fine fu inevitabilmente serie B. A quel punto arrivò a Genova come ds il vispo Pasquale Sensibile, sponsorizzato dal suo chaperon Walter Sabatini (inutilmente concupito da Garrone junior) e completò l’opera. Fu promozione alla fine, grazie soprattutto all’esperto Iachini subentrato ad Atzori (sublime intuizione di Sensibile che presentandolo dichiarò: “Entro tre anni Atzori allenerà la Juventus”). Iachini per tutto ringraziamento venne silurato da Sensibile e sostituito non con Benitez, Pochettino, Pellegrini e altri nomi di tecnici di primissimo livello assolutamente fuori tiro, inutilmente contattati dall’allora ds, ma con Ciro Ferrara (una ventina di gare sulla panchina della Juve, poi l’esonero) a propria volta licenziato dopo sei mesi (per fortuna assieme all’inseparabile Sensibile) e sostituito con Delio Rossi. Che sulla panchina doriana è durato meno di un anno. Va detto che nessuno aveva omesso di esultare quando Garrone, raggiunta la salvezza, lo aveva confermato per le successive due stagioni.
Anche il suo fallimento ha molti padri. La società, passata nelle mani operative del dg Sagramola e del ds Osti, ha colpevolmente sottovalutato il pessimo finale di campionato dell’anno scorso: dieci gare e una sola vittoria, all’utlima giornata sulla Juve già sazia di scudetto. Osti ha ceduto Icardi all’Inter già a primavera e il ragazzo nello scorcio finale dello scorso campionato ha pensato a salvare le gambe (un solo gol alla Juve), mettendo la squadra nei guai e costringendola ad una salvezza raggiunta quasi sul limite. La Sampdoia ha ceduto Poli al Milan, assecondando il desiderio del giocatore di vestire la maglia di una Grande, non potendolo difendere meglio perché né Sensibile né Osti erano riusciti ad allungargli il contratto (lo stesso aveva fatto Sensibile con Zaza, che la Sampdoria è stata costretta a cedere alla Juve, assicurandosi almeno la metà di Gabbiadini). Perso il bomber (Icardi, 10 gol) e il vero signore del centrocampo (Poli), Sagramola e Osti non hanno trovato soluzioni alternative all’altezza. Gabbiadini è una seconda punta che difficilmente andrà in doppia cifra. Eramo e Bjarnason non sono Poli.
Risultato: Krsticic e Obiang anziché progredire, si sono rimpiccioliti, la difesa mal protetta ha preso a fare acqua e l’attacco è stato abbandonato a se stesso. Rossi ha sbagliato a garantire al presidente Garrone che l’organico sarebbe bastato a conquistare la salvezza. Le evidenze dicono il contrario. E ha sbagliato a frullare moduli e uomini (dodici formazioni diverse in dodici gare!) confondendo le idee a se stesso e ai giocatori. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Squyadra senz’anima e senza gioco, sfiduciata e in balia degli eventi. In società, Garrone e i suoi familiari hanno le mani nei capelli. Fronteggiano un buco di 42 milioni, figlio della serie B e delle errate politiche di mercato di Guastoni e Sensibile: per cityarne solo una: nell’estate 2010 il dg Gasparin, succeduto a Marotta cacciato per via delle bizze di Cassano, aveva virtualmente acquistato Kucka, Iturbe e tale Jaime Rodriguez, quest’anno ceduto dal Porto al Monaco per 43 milioni di euro!. Con l’avallo della proprietà Guastoni intervenne e mandò tutto all’aria. E persino Sensibile che aveva dissanguato le casse sociali (8 milioni di ingaggio a Piovaccari e Bertani, gratificati con due quadriennali da mezzo milione netto ciascuno!) era riuscito, l’anno dopo (2011) a portare a Genova Storari e Diamanti, ma anche allora Guastoni aveva cassato entrambi gli affari richiamandosi ai paletti di bilancio. Con i risultati sui conti che si vedono. Una nuova retrocessione sarebbe catastriofica. E forse cortingerebbe Edoardo Garrone a rivedere il suo impegno in società (la famiglia ha investyito, male, circa 200 milioni di uero in 11 anni, ma i Garrone fanno la figura die quelli col braccino corto. Un paradosso).
Ai tifosi che lo contestano e gli chiedono di cedere la società (ma a chi? Il mondo è pieno di bruciabaracche che accorrerebbero volentieri a spolpare l’osso) ricordo che la famiglia Garrone (Riccardo in testa) salvò la Sampdoia dal fallimento sicuro (anno 2002) dopo che la dissennata gestione del duo Enrico Mantovani-Emiliano Salvarezza aveva ridotto la società di primissimo livello mondiale lasciata in eredità alla sua morte (14 ottobre 1993) da Paolo Mantovani era stata prosciugata nei numeri e nei valori tecnici da un tourbillon di acquisti e cessioni che l’avevano ridotta sul lastrico. Al punto che l’iscrizione al campionato cadetto 2000/20012 era stata possibile soltanto perché l’ex socio in affari di Paolo Mantovani, il genoanissimo Mario Contini – opportunamente stimolato da Riccardo Garrone che forse presentiva di dover scendere in campo – in memoria dell’amico si era acconciato a fornire alla società Sampdoria una fideiussione bancaria a moltissimi zeri (vigeva ancora la lira) per consentire l’iscrizione al campionato. Rammento questi episodi-chioave, documentati e documentabilissimi, per ricordare ai contestatori che spaccare tutto non ha mai portato a niente. “Siamo talmente piccoli che se ci dividiamo spariamo dall’orizzonte” . Un ltro detto memorabile del presidente dello scudetto, invocato, rimpianto, esaltato ma raramente imitato purtroppo dalle parti di Corte Lambruschini e di conseguenza nella massa dei tifosi acritici. Peraltro giustamente furibondi per la piega presa dalle vicende della Sampdoria.
