Stadio Ferraris, non solo Genoa e Sampdoria: anche concerti e fiere

Lo stadio Luigi Ferraris di Genova

GENOVA – Appena celebrato il secolo di vita – fu inaugurato nel gennaio 1911 con un match amichevole tra Genoa e Internazionale – lo stadio del calcio genovese entra in una nuova vita. Dal 1° dicembre il Luigi Ferraris sarà affidato alla gestione di un consorzio di imprese, evocativamente battezzato Stadium, che dovrà trasformare la cattedrale del calcio in un impianto polivalente.

Calcio in prima battuta, ovviamente, ma anche altro: concerti, kermesse, visite guidate. Una trentina di grandi eventi che dovranno animare l’impianto a partire dal 2014. Uno stadio che dovrà vivere e pulsare 365 giorni all’anno, secondo l’ambizioso impegno assunto dai nuovi gestori, che promettono anche una bonifica interna dell’impianto, che ha poco più di vent’anni: venne costruito ex novo sul perimetro dell’antico Ferraris in occasione dei Mondiali italiani del 1990, ed è rimasto desolatamente sguarnito di servizi: qualche baretto qua e là, servizi igienici insufficienti e il vuoto pneumatico appena cala il sipario sul pallone.

Altro che impianto polivalente a beneficio del quartiere e della città, come si era favoleggiato ai tempi della sua costruzione. Ora la scommessa viene ripresa e rilanciata dal Consorzio Stadium, composto dai bolognesi di Best Union, soci maggioritari al 40%, dai genovesi di Costa Edutainment al 20% (che gestiscono l’Acquario del porto Antico), da Stadia (al 15%) incaricata di curare il prato, croce irrisolta da quando venne demolito il vecchio Ferraris, e da Unifica (al 25%) consorzio artigiano che si occuperà della manutenzione.

I nuovi gestori verseranno un canone di 310mila euro al comune di Genova e si augurano che anche il Genoa e la Sampdoria, principali fruitori del Ferraris, decidano di entrare nel consorzio. Poco probabile, visto che la struttura è serrata tra le case e il carcere del quartiere di Marassi e lungo il lato delle tribune è segnato dal corso (parzialmente coperto) del torrente Bisagno, tristemente noto per le disastrose alluvioni che periodicamente colpiscono la Superba.

In queste condizioni è difficile immaginare che si possa completarne la copertura, guadagnando nuovi spazi al quartiere e all’impianto. E facilitando l’accesso del pubblico. Ma anche così la scommessa raccolta da Stadium ha il merito di avere smosso le acque limacciose di una città pervicacemente nemica di qualsiasi novità. Il futuro Ferraris (intitolato nel 1933 a Luigi Ferraris, capitano e centromediano del Genoa Cricket and Football club, caduto col grado di capitano nella Grande Guerra) è dunque deciso.

Non sarà abbandonato dal calcio, almeno non dal Genoa i cui tifosi sono fermamente ostili a qualsiasi trasferimento altrove, ipotesi invece coltivata dalla Sampdoria, come diremo. Ma cesserà di essere esclusivamente il tempio del pallone per aprirsi ad altre attività, ludiche e ricreative. Con intuibili ricadute sull’economia cittadina che vive momenti drammatici.

Ha spiegato Luca Montebugnoli, l’ad di Best Union, società specializzata nella gestione di grandi eventi, comprese le dinamiche di accesso del pubblico e la vendita dei biglietti: “Vogliamo fare del Ferraris la spina dorsale della valorizzazione della città. Molte strade sono ancora parzialmente inesplorate. Pensiamo al milione di crocieristi che ogni anno fanno tappa a Genova ma raramente scendono dalle navi. Quello che vogliamo creare al Ferraris è un percorso di intrattenimento completo”.

Beppe Costa, presidente di Costa Edutainment, aggiunge un tassello al progetto. “Contiamo di portare le aziende all’interno dello stadio e farne un centro convegni, come a Bologna”.

A giugno scatteranno i lavori di adeguamento delle strutture, in parallelo con altri interventi innovativi. Il primo, l’installazione di un impianto fotovoltaico che renderà il Ferraris indipendente dal punto di vista dell’approvvigionamento di energia elettrica. “Saranno sostituiti i fari laterali con altri a Led, a minor consumo, mentre sulle torri resteranno i fari attuali”, ha spiegato Adriano Anselmi, liquidatore di Sportingenova, la società che ha gestito fino a ieri l’impianto.

Altro capitolo dolente, il terreno di gioco, rifatto innumerevoli volte – con spese che assommano a milioni di euro – e tuttavia, nonostante l’impegno dei giardinieri, perennemente ridotto ad un tratturo, tutte gobbe e buche, con le zolle che inseguono i tacchetti dei calciatori. I vecchi suiveurs del calcio genovese rimpiangono la pelouse perfetta dell’antico Ferraris, un prato a schiena d’asino (ora eliminato, perché intralcia le riprese delle televisioni), dotato di un drenaggio perfetto (sotto il terreno di gioco era stato steso uno stato di torba, ricoperto da fascine) capace di assorbire le piogge più violente. Un gioiello sacrificato alle esigenze del calcio moderno.

Interventi di urgenza saranno realizzati (al costo di mezzo milione di euro) in corso di campionato pere migliorare l’afflusso e il deflusso del pubblico che assiste alle partite casalinghe del Genoa e della Sampdoria. Per un paio di decenni il Ferraris ha avuto l’agibilità in deroga, ogni settimana il sindaco firmava sotto la propria responsabilità. Una situazione che andava sanata e gli interventi effettuati non sono risultati completamente risolutivi. Al punto che nei mesi scorsi la Commissione di vigilanza, presieduta dal vice prefetto vicario, Paolo D’Attilio.

Aveva lanciato l’ultimatum al Comune di Genova: “O vi adeguate o si gioca altrove”. Lo studio di ingegneria Orvieto ha curato il progetto di adeguamento che prevede nuovi pannelli di filtraggio ai cancelli, azionabili a distanza dalla Polizia. Gli interventi dovrebbero essere completati a fine gennaio e allora la parola ripasserà alla Commissione di Vigilanza. Ma il rischio di chiudere il Ferraris sembra scongiurato.

La nuova avventura dello storico stadio del calcio interseca il progetto dell’U.c. Sampdoria che ha individuato nell’area della Fiera del Mare, allo sbocco della Sopraelevata, alla Foce del Bisagno, la location per costruire lo stadio di proprietà, snodo cruciale secondo la famiglia Garrone, proprietaria del club blucerchiato, per affrontare il calcio del Terzio Millennio.

Da una decina d’anni Riccardo Duccio Garrone si è prodigato per individuare un’area adeguata e le sue proposte – l’area di Trasta, in Valpocevera, un’area accanto all’aeroporto di Sestri Ponente, l’area della Colisa, tra Cornigliano e Sestri Ponente – sono stati affondati dai veti incrociati e dalle opposizioni, più o meno interessate, di chi voleva a tutti i costi impedire la nascita di un secondo impianto calcistico a Genova. Ma l’ostinazione sembra aver pagato.

L’ultimo progetto prevede accanto al nuovo impianto la risistemazione complessiva dell’area della Fiera del Mare, con l’abbattimento del gigantesco (e quasi sempre in utilizzato) palasport, di un piccolo padiglione (il D) e di una parte del padiglione C. E lo spostamento della tensostruttura. Il nuovo stadio della Sampdoria, per ora soltanto un progetto sulla carta, firmato da Uniengineering, braccio operativo del colosso Unieco, coprirà una superficie complessiva di 70mila metri quadrati, e si affaccerà per una parte sul mare con una passeggiata esterna sopraelevata di 14 metri.

Comprenderà 10-15mila metri quadrati di spazi commerciali (nel progetto dell’aeroporto erano 39mila e avevano scatenato le proteste dei commercianti della delegazione). E previsto che il comune individui in altre parti della città una serie di aree edificabili (a destinazione residenziale o commerciale) cedute in compensazione ai costruttori. Lo stadio avrà capienza di 30-32 mila posti e sarà servito da 1.200 parcheggi interrati.

L’attuale parcheggio di piazzale Kennedy sarà destinato ad accogliere moto e pullman. Nella pancia del nuovo impianto, sullo spigolo di nord-ovest, sorgerà anche un palazzetto dello sport con almeno duemila posti. Genova avrebbe finalmente un impianto adeguato per gli sport al coperto, basket e pallavolo ma non solo. Unica grande e media città ad esserne finora priva. Mentre nel tratto a mare sarà ricavato un piccolo padiglione in vetro ad uso della Fiera.

E proprio il salvataggio della Fiera – oberata dai debiti, l’ultimo bilancio si è chiuso con un rosso di 4 milioni di euro – rappresenta l’obiettivo strategico dell’intera operazione. Una Fiera dimagrita nella sua espressione urbanistica dovrebbe riuscire ad affrontare la difficile navigazione tra i conti in rosso e soprattutto potrebbe offrire all’Ucina, l’associazione che raggruppa le aziende nautiche, una formula più gradevole e attrattiva, anche economicamente, per il prossimo Salone Nautico. L’Ucina non ne ha fatto mistero: sta valutando l’eventualità di spostare la rassegna altrove, a Viareggio ad esempio dove esistono spazi a mare particolarmente attraenti.

Genova deve difendere il suo gioiello, a tutti i costi. Il sindaco Marco Doria, è sceso in campo, ha scritto al presidente di Ucina, Antonfrancesco Albertoni, assicurando che la città e la Fiera sono disponibili al confronto. E pronte ad offrire maggiori spazi a mare alle imbarcazioni, come richiesto da Ucina. Il confronto procede ma tra l’ad di Fiera, De Simone, e il presidente, Sara Armella, non c’è identità di vedute sulla strategia da adottare nei rapporti con i costruttori di barche. De Simone sposa la linea dura, Armella, ha scelto la linea della trattativa.

Il sindaco della città, Marco Doria, si è espresso in termini più che possibilisti, definendo il progetto dello stadio della Sampdoria “assolutamente interessante e degna di attenzione”. E rispetto alle interazioni con il nuovo assetto del Ferraris Doria ha commentato: “Sono due cose diverse, per ora poi quello della Sampdoria è solo un’idea progettuale che ci sembrava meritevole di attenzione, nell’attesa che diventi un progetto vero e proprio credo che si continuerà a giocare qui per tanto tempo. In ogni caso sono due progetti differenti. Per ora auspico che il Consorzio di gestione e le Società Calcistiche genovesi trovino le migliori forme di collaborazione nella prospettiva dell’uso ottimale del Luigi Ferraris”.

Insomma, nessuna porta sbarrata da parte dell’amministrazione che si riserva ovviamente di verificare il progetto del nuovo stadio alla Fiera nei dettagli, rispetto anche alle implicazioni di carattere idrogeologico, visto che l’impianto sorgerebbe su di uno riempimento e a ridosso della foce del torrente Bisagno. Aperture sono arrivate anche dal presidente dell’Authority del porto Luigi Merlo che lo ha definito “compatibile dal punto di vista territoriale e delle attività connesse in quell’area”.

Prudente ma non negativa Sara Armella, presidente della Fiera: “La Fiera non può assumere nessuna posizione in proposito, spetta agli azionisti decidere della gestione e della destinazione d’uso delle aree”. I soci di Fiera sono Comune di Genova con il 32%, Regione Liguria-FILSE con il 27%, Provincia di Genova con il 22%, Camera di Commercio con il 17% e Autorità Portuale con l’2%.

In ballo rimane anche l’assegnazione della concessione della Darsena, 15 milioni di euro per aggiudicarsi l’area più 20-30 milioni di investimenti in strutture e servizi. Una somma che potrebbe ridursi sensibilmente se le attività dello stadio si integrassero con quelle della Darsena. Merlo ha lasciato intendere la disponibilità di sospendere la gara se il progetto stadio risultasse praticabile. Ultimo tassello, l’ex palazzo Ansaldo, nella zona di estremo ponente dell’area fieristica. Andate deserte la gare per l’assegnazione, sembra che in Comune sia arrivata una proposta di acquisto. Resta da capire se la destinazione sarà quella indicata (albergo) o se si presenteranno opzioni alternative.

Altro nervo scoperto, il traffico. Convogliare venti-trentamila spettatori in una zona già densamente battuta dal movimento veicolare è un’impresa che va valutata attentamente. Sopratutto rispetto alle giornate del Nautico (se sopravviverà…) che convogliano anche 15mila veicoli nel giorno festivo sull’area della Foce. Ogni giorno 60 mila veicoli attraversano la sopraelevata, indispensabile arteria di accesso da ponente. Il nodo del traffico quindi è estremamente delicato e va sciolto.

La Sampdoria si è già detta disposta a chiedere di giocare in trasferta anche due volte consecutive nelle domeniche impegnate dalla rassegna nautica (sempre che il Salone abbracci ancora due weekend, ipotesi tutt’altro che scontata). Si pensa quindi ad aprire un secondo accesso veicolare alla fiera a Ponente, da via dei Pescatori e di adibire piazzale Kennedy a parcheggio (capienza 3mila moto, 50 bus turistici e qualche decina di auto), nonostante il Puc approvato dall’amministrazione Vincenzi, su indicazione di Renzo Piano lo destini ad area pedonale. Insomma, molta carne è al fuoco.

In una intervista al Secolo XIX l’architetto tedesco Bernard Winkler, il mago del traffico che anni fa aveva rivoluzionato la viabilità genovese, ha fornito il suo endorsement: lo stadio alla Foce si può fare. A patto che si raddoppi piazzale Kennedy, il piastrone di cemento che sta accanto all’area della Fiera. E il suo consiglio finale è chiaro: separare il traffico privato da quello pubblico, al quale va garantito un percorso preferenziale da e per lo stadio.

Con l’aggiunta di un servizio navetta fra la stazione ferroviaria di Brignole e la metropolitana che a Brignole dovrebbe giungere nei prossimi mesi. Assolutamente negativo viceversa il giudizio degli ambientalisti che definiscono “una follia” lo stadio alla Foce. Ostili al progetto anche gli esponenti del Pdl. Dimenticano, forse, che gli oneri della costruzione (100 milioni) sarebbero a carico del costruttore senza aggravi per il bilancio del comune che anzi potrebbe risolvere altri problemi (di viabilità e di parcheggi) a costo zero.

Fuori dai giochi, il presidente di Carige, Giovanni Berneschi, in una intervista a Primocanale ha alzato le barricate. Lo stadio alla Foce non s’ha da fare. La Genova che cammina guardando all’indietro non muore mai. Purtroppo.

Published by
Alberto Francavilla