ROMA – Era giĆ tutto scritto, si trattava solo di indovinare quando sarebbe accaduto. L’avventura romanista di Zdenek Zeman era fatalmente condannata a terminare. Troppo equivoci, troppe tensioni, troppe incomprensioni fra il tecnico e i giocatori e, ultimamente, anche con la societĆ . Non poteva durare. E non ĆØ durata. L’esito traumatico dunque non sorprende.
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Il preavviso di licenziamento inviato lunedƬ scorso a Zeman dal ds Sabatini (“Stiamo valutando se cambiare la guida tecnica”) dopo l’ennesimo rocambolesco pareggio (a Bologna, 3-3), ha offerto alla squadra l’alibi perfetto. Non restava che affondare Zeman giocando, anzi non giocando, come ĆØ puntualmente avvenuto contro il Cagliari che ha maramaldeggiato, firmando una sentenza giĆ scritta.
E’ logico, o perlomeno inevitabile, che l’allenatore sia il primo a pagare e tuttavia l’elenco delle colpe non esenta nessuno. La societĆ , anzitutto. Se prendi Zeman, sai chi ti metti in casa. Zdenek allena da quasi 30 anni in Italia, il suo calcio ĆØ sempre uguale a se stesso: difesa altissima, aggressivitĆ esasperata, verticalizzazioni a ripetizione, ossessivo presidio delle fasce esterne.
Un calcio avvolgente, che piace agli esteti, un calcio godibilissimo per chi non va allo stadio reclamando la vittoria a tutti i costi. Un calcio che però, nella storia, raramente ha portato risultati decisivi. Il Pescara dellāanno scorso ĆØ la classica eccezione. Ha stradominato il campionato in serie B, grazie a tre fuoriclasse, a livello di cadette ria: Verratti, Insigne e Immobile. SullāAdriatico, Zeman ĆØ riuscito a fare il calcio che piace a lui, a tutto campo, a darle e a prenderle.
A Roma lāalchimia non ha funzionato. La squadra non si ĆØ mai calata nelle sue idee, lāha seguito più per disciplina che per convinzione. Ulteriori problemi Zeman se li creati da solo. Zeman ha inventato di sana pianta il dualismo dei portieri, andando a pescare uno sconosciuto arquero uruguagio, Goicoechea, dirottando in panchina il titolare, Stekelenburg.
A Zeman piaceva lāuruguagio perchĆ© sa giocare con i piedi e fa il libero uscendo dai pali come impone una difesa schierata altissima. E qui si entra nei dettagli tattici, Se giochi con la linea difensiva a quaranta metri dal portiere, devi pressare in mezzo al campo e fare diagonali forsennate. Altrimenti il giochetto per gli avversari ĆØ facilissimo.
Palla oltre i difensori ā che Zeman non vuole che corrano allāindietro! ā e metti lāuomo davanti al portiere. Eā accaduto unāinfinitĆ di volte. Anche a centrocampo si ĆØ andati avanti fra gli equivoci, De Rossi ĆØ stato messo da parte perchĆ© non interpreta i movimenti secondo i desideri del tecnico.
De Rossi ĆØ uno dei migliori interni del mondo, forse non si muove in campo come vorrebbe Zeman, ma si fa fatica a pensare che Thactsidis, un giovane interessante ma acerbo, possa assicurare migliori geometrie. De Rossi ĆØ tuttora uno dei migliori interni al mondo, possibile che abbia dovuto giocarsi il posto con un esordiente? Davanti il tridente zemaniano ha avuto alti e bassi, Totti si ĆØ adeguato ad un ruolo di esterno che non gradisce eppure il capitano ĆØ stato il solito trascinatore, mascherando con giocate e gol le pecche della sua squadra.
Probabilmente non ĆØ mai nata lāalchimia giusta, la Roma si ĆØ trascinata con i suoi equivoci. Talvolta travolgente, talvolta vulnerabile. Una eterna incompiuta.
La qualitĆ media dei calciatori giallorossi ĆØ altissimaā Sabatini ha ragione a rimarcarlo ā e tuttavia non ha fatto quasi mai massa critica. Pjanic ĆØ un crack, Lamela un potenziale campione, Osvaldo uno dei migliori attaccanti al mondo (quando ha la luna giusta) e Destro un potenziale bomber da 15-20 gol a stagione. Ma insieme raramente hanno fatto reparto. In difesa lāesperienza di Burdisso, Balzaretti e Castan non ha legato con la freschezza di Piris. Il centrocampo (Bradley, Thactsidis, Florenzi) votato allāassalto ha faticato ad offrire le coperture giuste alla difesa. Tutto vero. Ma basta tutto ciò a spiegare la debacle? Non credo.
Gli errori della societĆ secondo me superano i limiti dellāintegralismo zemaniano, indisponibile a qualunque aggiustamento, tattico e comportamentale. Zeman lavora con lāaccetta, non contempla compromessi di nessun genere ma queste sue stimmate erano note e conclamate. Detto di Zeman, vengo alla dirigenza. Illuminante sotto lāaspetto della confusione societaria la vicenda di Stekelenburg. Volato a Londra convinto di essere stato ceduto al Fulham, il portiere olandese si ĆØ sentito dire che era saltato tutto.
La Roma non era riuscita a rimpiazzarlo. Eppure il problema-portiere non era nato il giorno prima. Come vogliamo definire questa avvilente scenetta? Chiarisco che ho molta stima di Baldini e Sabatini, uomini di calcio esperti e affidabili. Ma devo prendere atto del fallimento del loro progetto. La scelta delāallenatore non ĆØ un dettaglio, ĆØ il presupposto indispensabile di qualunque successo.
L’investitura di Andreazzoli (ex secondo di Spalletti, nello staff di Zeman) per traghettare la squadra ĆØ il corollario di una stagione balorda. Lāobiettivo non può essere che chiudere decorosamente. LāEuropa League ĆØ raggiungibile. Meglio di niente. SarĆ Blanc la soluzione per la panchina? La scelta sembrava fatta ma Blanc ha chiesto due anni e mezzo di contratto e la trattativa si ĆØ bloccata. Giusto riflettere. Baldini e Sabatini, ammesso che restino in serpa, non possono più sbagliare.
Lo scorso anno la premiata ditta Baldini & Sabatini scelse Luis Enrique, non notissimo tecnico spagnolo che aveva allenato la seconda squadra del Barcellona. Vagheggiava, la dirigenza, di trapiantare il tiki taka blaugrana sul Tevere, impresa impossibile senza Messi, Iniesta, Xavi e compagnia. A fine stagione Enrique si chiamò fuori, stremato dalle polemiche che lo avevano accompagnato passo pr passo, un campionato ondivago e tutto saliscendi come quello di Zeman.
Il calcio italiano reclama energie psicologiche enormi e non tutti reggono la sfida. Peccato perchĆ© Luis, resistendo, avrebbe migliorato il suo progetto. In estate Baldini e Sabatini convocarono Montella che avrebbero potuto (e dovuto) scegliere giĆ lāanno prima e si sentirono chiedere dallāorgoglioso Vincenzino lo stesso stipendio di Luis Enrique (un milione e passa di euro lāanno) e la garanzia che Totti e De Rossi sarebbero stati ceduti. FinƬ quasi in rissa e Montella prese la strada di Firenze.
Via con Zeman, allora. Invocato dalla folla romanista, non dimentichiamolo, abbagliata dal ricordo della sua prima avventura giallorossa. Ma Zeman non ĆØ lāallenatore giusto se si vuole centrare un traguardo di classifica, quale che sia. Zeman ĆØ lāallenatore ideale per chi pretende un calcio spettacolare ed esteticamente godibile. Zeman ĆØ uno straordinario uomo di calcio che personalmente ammiro per il coraggio mostrato nel gridare che il re ĆØ nudo (ricordate la storia delle farmacie negli spogliatoi?) e per la inflessibile tenacia nel rivendica la propria filosofia che ĆØ filosofia di vita prima che di calcio.
Ma ha bisogno di una squadra che lo segua con fede cieca e non si può dire che questa sia stata la sua storia a Roma. L societĆ lo ha difesa fin chĆ© ha potuto. Licenziandolo, Baldini e Sabatini hanno preso una decisione inevitabile (anche i tifosi avevano fatto pollice verso a Zeman) ma di fatto si sono sconfessati da soli. Su Zeman avevano puntato tutta la loro credibilitĆ . Hanno perso scommessa. Clamorosamente. La proprietĆ americana avrĆ preso buona nota. Sullāaltra sponda dellāAtlantico, si sa, gli ideali decoubertiniani non hanno grande presaā¦
