Appuntati e marescialli spie per 30 anni di…De Filippo e Gassman

ROMA – Non ci sono punti d’ascolto allestiti in polverose soffitte, non ci sono macchine da scrivere nascoste in segreti doppifondi e non c’è l’agente Wiesler. Ma la storia, anzi le storie che il libro di Mirella Serri “Sorvegliati speciali” racconta, potrebbero essere la versione tricolore del celebre film Le vite degli altri. Protagonisti e antagonisti sono, nella pellicola come nel film, gli intellettuali spiati da una parte e le forze dell’ordine spione dall’altra. Ma se al cinema erano i comunisti della Stasi a spiare uno scrittore troppo poco innamorato del sistema, nel libro e nella storia italiana sono i comunisti, gli scrittori, gli intellettuali comunisti ad essere spiati proprio perché troppo innamorati del sistema socialista.

Il parallelo tra il film e il libro è quasi un riflesso spontaneo, un’associazione automatica della mente tra due storie che solo apparentemente sono simili. La pellicola di Florian Henckel von Donnersmarck racconta una storia, verosimile ma inventata, di un’operazione di spionaggio condotta da una delle più efficienti polizie segrete che la storia abbia conosciuto: la Stasi. Il libro, invece, raccoglie minuziosamente le storie vere che emergono da quasi 50 anni di fascicoli prima segretati e ora accessibili. Fascicoli redatti non da nostrani 007, ma dalla polizia e dai carabinieri, dai cosiddetti questurini, da spie improvvisate insomma che fin dagli anni ’50 si mettono alle calcagna di tutti quei personaggi che compongono l’intellighenzia italiana: attori, registi, scrittori, giornalisti. Tutta l’élite culturale del nostro Paese insomma che fin dal dopoguerra ha manifestato una particolare simpatia per la causa socialista. Una simpatia che preoccupava e non poco i governi democristiani.

Così, in piena guerra fredda, nella logica del mondo diviso in blocchi, con un pizzico di maccartismo d’importazione le questure italiane si attivano, su input dall’alto ovviamente, per scoprire tutto lo scopribile su Eduardo De Filippo e Vittorio Gassman, su Pier Paolo Pasolini e Luchino Visconti, ma anche sugli allora giovani e “capelloni” Massimo D’Alema e Paolo Liguori. La lista dei “vip” prima che così fossero definiti è ampia e variegata. Ci sono praticamente tutte le migliori teste che l’Italia del dopoguerra ha prodotto sino agli anni ’80. Poi non ne ha prodotte più si potrebbe credere, ma non è così, l’indagine della Serri finisce al 1980, quello che è avvenuto dopo può esser casomai tema per un altro libro.

I nostri spioni non sono però certo James Bond, anche se una buona parte di loro, almeno agli inizi, ha già ampiamente fatto lo stesso lavoro durante il fascismo: seguire e schedare gli “agitatori di sinistra”. Ora gli spiati non si chiamano più agitatori, non violano la legge, non possono essere arrestati, tanto meno picchiati, ma qualche seccatura gliela si può sempre dare. Si può per esempio negare l’agibilità per una sala teatrale in cui Gian Maria Volontè, il terribile Ramon di Per un pugno di dollari , nel ’63 tenta di mettere in scena Il Vicario di Rolf Hochhuth, un testo in cui lo scrittore tedesco denunciava l’atteggiamento acquiescente di Pio XII verso il nazismo e lo sterminio degli ebrei. Fin dalla prova generale la polizia intervenne in assetto di guerra e, con la scusa che la sala non era agibile, sgomberò. Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Dacia Maraini evitarono le manganellate sgattaiolando fuori.

O come nel 1951, quando Renato Guttuso e un gruppo di pittori romani tentarono di organizzare una mostra tematica in cui De Gasperi era dipinto come guerrafondaio e servo degli americani, e  vennero loro preventivamente sequestrate le tele.

Ma tra spiati e spianti, come racconta la Serri, non c’è in gioco la sicurezza nazionale, non ci sono come nei film mondi da salvare o anche come a Berlino vite da salvare. Le nostre spie si trovano a dover fare per lo più un lavoro d’archivio e d’inventario, devono seguire, sentire e annotare, scadendo a volte anche nel grottesco. Il regista Luchino Visconti, si legge ad esempio, “è notoriamente affetto da omosessualità”. E Vittorio Gassman? “Estremamente intelligente, ma dal temperamento sensibile e irrequieto”. E il grande Eduardo? E’ uno “capace di un deplorevole opportunismo e, forse, di dispetto”.

L’elenco degli spiati è lunghissimo, da Alberto Asor Rosa a Cesare Zavattini, da Nanni Balestrini a Giorgio Bocca, Italo Calvino, Giovanni De Luna, Giangiacomo Feltrinelli, Gianfranco Funari, Renato Guttuso, Dario Fo, Franca Rame, Alberto Moravia, Elsa Morante, Dacia Maraini, Cesare Musatti, Eugenio Scalfari. Talmente lungo che a cercare bene forse potrete trovare anche lo zio comunista, figura d’ordinanza nelle famiglie italiane del dopoguerra.

Una lista sterminata, capace anche di qualche sorpresa, che è una miniera di episodi tragici e insieme ridicoli. Come praticamente in tutti i libri che trattano la storia della nostra Repubblica, anche nel libro di Mirella Serri compare, anche se solo marginalmente, il divo Andreotti, qui nell’insolito ruolo di censore, pronto a bloccare alcune opere di quegli stessi personaggi le cui vite riempivano i fascicoli che il libro svela.

Si scrive, si annota, si dubita e si finisce per raccontare un mondo e anche se stessi. “La partecipazione del De Filippo – scrivono gli spioni – dev’essere frutto di un deplorevole opportunismo e, forse, di dispetto verso gli organi governativi e gli ambienti ufficiali dello spettacolo”. Non disdegna e il Pci e fa tourné in Russia Eduardo, ma ritrovarselo a capo di un circolo culturale napoletano fiancheggiatore del Pci risulta in qualche modo sorprendente persino ai questurini che cercano infatti una giustificazione. Anche la simpatia verso i comunisti manifestata da Vittorio Gassman viene indagata nelle sue pieghe psicologiche, quasi fosse una forma di devianza: “Un giovane estremamente intelligente, ma dal temperamento sensibile e irrequieto. Certamente ha subito l’influenza dell’ambiente filocomunista che predomina nel teatro, specie tra i più giovani registi, e soprattutto del regista Visconti, che Gassman considera il suo maestro”.

Da personaggi che ormai fanno praticamente parte del mito ad altri molto più prosaici il libro è una miniera di aneddoti. Storie che se si dimentica di cosa sono frutto, cioè di intromissione indebita nelle vite altrui, sono fantastiche e possono persino regalare un sorriso. Paolo Liguori ad esempio, uno di quei personaggi che nella sua vita è passato da Lotta Continua a Berlusconi, che negli anni ’70 si reca a Gibellina, in piena zona terremotata del Belice, con un gruppo di ragazzi qualificati come “capelloni”, prende in affitto un rudere, compera un carretto con un mulo in contanti e vorrebbe dedicarsi a “dialogare con la popolazione per propagandare un nuovo sistema di società contro ogni forma di imperialismo e capitalismo”. Ma i terremotati sembrano sordi a questo tipo di predicazione, i “capelloni” finiscono i soldi e tornano a casa: così anche l’indagine si conclude.

Altri tempi, storia di un’Italia lontana anni luce da quella che conosciamo oggi ma che ne ha ereditato degli attori. Una volta i questurini seguivano e spiavano le migliori teste pensanti del nostro paese, ora passano da gare di burlesque a figuri che fanno man bassa dei soldi pubblici elargiti ai partiti, segno dei tempi evidentemente. Sorvegliati Speciali – Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945 – 1980) è edito da Longanesi e scritto da Mirella Serri.

 

 

Published by
Emiliano Condò