Berlusconi firma tutto: no soldi alla Chiesa, non galera per la “canna”…

ROMA – Il reato di clandestinità introdotto con la legge Bossi-Fini? Da sottoporre a referendum abrogativo, referendum il cui scopo è eliminare il reato suddetto. Il carcere voluto dalla legge Giovanardi anche per i consumatori di droghe leggere? Da sottoporre a referendum abrogativo anche questo, referendum che se va elimina la galera per la “canna”. L’otto per mille alla Chiesa cattolica? Da rivedere e limare, diminuire nel gettito tramite referendum. E’ un Berlusconi che non t’aspetti (o forse che ti aspetti benissimo) , leggerissimamente in contraddizione con il se stesso di mesi e anni fa, quello che accompagnato da Marco Pannella si è recato a Largo Argentina per firmare i referendum proposti dai radicali. Dodici quesiti e dodici firme. Sei scontate, apposte sulle questioni che puntano alla riforma della giustizia, e sei. Così sorprendenti che hanno creato più di un malumore in casa Pdl e nella Lega e nelle teste di destra in generale. Ma il Cavaliere-firmatutto non se ne cale, non si cura dei mugugni e guarda oltre.

In cerca di sponde e sostegni, l’ex premier da poco condannato e per questo sempre più in rotta con la magistratura italiana, mutuando il nome dall’antico asso-pigliatutto si è trasformato nel Cavaliere-firmatutto. “Io firmo – ha spiegato Berlusconi – non solo i sei referendum sulla giustizia, che sono sacrosanti, ma firmo anche gli altri su cui non sono d’accordo”. Perché, ha continuato nell’improvvisata conferenza stampa, “con questa firma voglio affermare il diritto degli italiani ad esprimersi con un voto”. Dunque Berlusconi che non è d’accordo ma firma perché possa vincere ciò su cui non è d’accordo. Più verosimilmente Berlusconi firma tutto e si “impannella”, neologismo pronunciato da Bettino Craxi a significare che chi va con Pannella è politicamente alla canna del gas, perché firmerebbe qualunque cosa pur di cavarsela. E in fondo non è una novità: è sempre stata una tecnica e strategia politica e imprendioriale della casa quella di assumere, sottoscrivere patti che poi dove sta scritto che si debbano rispettare davvero?

Ma su cosa vorrebbe l’ex premier che gli italiani esprimessero il voto? Su immigrazione, stupefacenti, divorzio breve, finanziamento pubblico ai partiti e gestione dell’otto per mille. Temi non certo marginali nella vita di un Paese e temi, almeno i primi due, regolamentati da leggi varate proprio dai precedenti governi Berlusconi. Leggi che i referendum proposti dai radicali, e da Berlusconi firmati, vorrebbero cancellare o almeno modificare.

Partiamo dai quesiti che meno appaiono in contraddizione con la politica, e la storia, di Silvio Berlusconi. In tema di divorzio la richiesta dei radicali è che scompaia l’obbligo dei tre anni tra separazione e divorzio. Se il referendum venisse approvato, il divorzio  potrebbe essere chiesto contestualmente alla separazione. E fin qui nulla di stridente né con la politica del Pdl né con la biografia del Cavaliere e neanche con il buon senso comune. Magari con i cattolicissimi del suo partito…. Così come serenamente in linea con le posizioni del Pdl è il quesito che chiede l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, posizione sposata ufficialmente da tutto il partito.

Le sorprese arrivano dopo, in primis col quesito che chiede che solo l’8 per mille che viene esplicitamente destinato alla Chiesa Cattolica a questa sia destinato. Con l’attuale legislazione infatti, anche gli 8 per mille di cui non viene indicata la destinazione, vengono ripartiti in modo proporzionale sulla base di quelli di cui la destinazione è stata indicata. La proposta, in sé, non sarebbe inconciliabile con l’immagine di partito che Berlusconi ha creato negli ultimi 20 anni, ma è certo un tema delicato che potrebbe suscitare, e già lo sta facendo, le ire della componente cattolica del Pdl e della Chiesa stessa. Detto in soldoni, la Chiesa se passa il referendum ci rimette un sacco di soldi.

La vera foga del firma-tutto appare però negli ultimi due quesiti, due referendum che puntano allo stravolgimento o alla cancellazione di due leggi che portano addirittura il nome di illustri componenti dei governi Berlusconi: Fini, Bossi e Giovanardi. Uno dei due referendum in tema immigrazione firmati dal Cavaliere chiede la cancellazione del reato di clandestinità, introdotto proprio dalla legge Bossi-Fini fortissimamente voluta dall’allora governo Berlusconi, mentre l’altro l’alleggerimento delle regole che vincolano il permesso di soggiorno al contratto di lavoro. Per la gioia degli ex e non solo alleati leghisti.

Dulcis in fundo gli stupefacenti. I radicali con il loro referendum chiedono che il possesso e il trasporto di modiche quantità, oltre che la coltivazione domestica, non siano più punite con il carcere ma solo con sanzioni pecuniarie. Carlo Giovanardi, senatore Pdl ed estensore insieme a Gianfranco Fini della legge che introduceva pene più severe in tema stupefacenti che ora si vorrebbero modificare, serenamente ha commentato che se il referendum passasse lo “spaccio sarebbe liberalizzato”.

Ma l’ex premier è convinto: il popolo si deve esprimere, anche sulle leggi che i suoi ex governi hanno varato. Un’esigenza che prima evidentemente non sentiva così urgente ma che ora, a caccia di sponde sulla giustizia, l’ha trasformato nel Cavaliere-firmatutto.

Post scriptum che sembra non entrarci nulla e invece c’entra. A distanza di ore, talvilta di minuti, nella stessa settimana o nella stessa giornata, talvolta perfino nella stessa frase Berlusconi dice che se lo fanno decadere da senatore lui fa cadere il governo, poi che il governo deve restare in piedi in ogni caso, poi che non può continuare un governo dove quelli del Pd buttano giù dalla stessa barca il capo di quelli del Pdl…Giornali e televisioni vanno dietro in una quadriglia infinita. Qualcuno ipotizza un po’ di confusione mentale sopravvenuta, confusione da stress, altri parlano di una esuberanza congenita, altri di un tratto caratteriale, altri ancora perfino di strategia comunicativa. La realtà è che Berlusconi dice sempre la stessa e coerente cosa: se mi fanno decadere da senatore, allora cade il governo Letta ma la colpa deve essere ed essere attribuita a quelli del Pd che non mi hanno salvato. Basta capirsi, basta capirlo Berlusconi: in fondo parla una lingua semplice, quella che dice se va male è colpa vostra, se va bene è merito mio.

 

 

 

 

Published by
Alessandro Avico