Bollette, salasso fotovoltaico. La grande abbuffata degli incentivi

(Lapresse)

ROMA – Bollette della luce più care del 10% circa. Un 5,8% di aumento da subito ed un altro 4% da maggio. Perché, e perché in due tranche? L’origine di questi aumenti è da ricercare principalmente nella necessità di finanziare gli aiuti alle energie verdi, alle rinnovabili. Fonti di energia che godono di ricche sovvenzioni pubbliche che gli utenti pagano. In bolletta. Aumenti in due tranche perché persino l’autorità dell’energia, che gli aumenti delibera ma in realtà con poco o nessun potere discrezionale, ha sentito il bisogno di dilazionare il ritocco per chiedere alla politica di intervenire in un campo che necessita, evidentemente, di una riforma.

Dal 2008 ad oggi il peso in bolletta del finanziamento alle energie rinnovabili è passato dal 4% del terzo trimestre 2008, al 16% raggiunto con l’ultimo aumento. Più di quanto si spende per il trasporto dell’energia, cioè la manutenzione delle strutture che portano l’elettricità in tutte le case. Per il 2012 poi le stime parlano di oltre 10 miliardi di soldi pubblici spesi per sostenere questo settore. Miliardi che diverranno 20 tra soli 4 anni, nel 2016. Un conto, seppur figlio di una nobile causa, evidentemente troppo salato, soprattutto in tempo di crisi economica.

Tra tutte le fonti alternative a far la parte del leone è il fotovoltaico, per cui spenderemo circa 6 miliardi di euro, cioè il 60% del totale. Energia solare che oggi produce in Italia oltre 10 gigawatt, 6.5 gigawatt installati solo nell’ultimo anno. Più di Francia, Germania e persino Cina, e non come dato percentuale, ma come dato generale. Questo perché la nostra politica garantisce sovvenzioni e condizioni per questo tipo di risorse che nessun altro paese riconosce. Un panorama talmente favorevole che nel nostro Paese, solitamente non velocissimo nell’innovazione, abbiamo già raggiunto gli obiettivi che ci eravamo fissati per il 2020.

Quel che è fatto è fatto e non si può certo tornare indietro. Quando le misure a sostegno delle energie rinnovabili sono state introdotte in più d’uno avevano fatto notare che sarebbero costate care agli italiani. Inutile però è piangere sul latte versato. Bisogna invece ragionare su come porre almeno un argine al salasso dei consumatori italiani. E tra l’altro non solo dei consumatori: anche le industrie del nostro Paese pagano l’elettricità più cara che nel resto d’Europa, tra il 20 e il 30 per cento in più. Cosa che oltre a non far bene alle nostre aziende, non incoraggia certo gli investimenti esteri.

Massimo Mucchetti, sul Corriere della Sera, propone una soluzione:

In primo luogo, va chiuso il rubinetto. (…) Diverso è il caso degli impianti sui tetti delle case e delle piccole aziende, che quasi incidono poco in bolletta. Basterà aggiornare gli incentivi ai costi, registrare chi li chiede e stabilire un tetto annuale di spesa. Questa si dice sia anche l’idea del governo che impegnerebbe 200 milioni l’anno fino al 2014. Qualche ridotto incentivo verrebbe lasciato a biomasse, eolico e piccolo idroelettrico con un ulteriore carico sulla bolletta di 500 milioni l’anno per tre anni. Insomma, nel 2014, a regime, gli incentivi salirebbero a 12 miliardi l’anno e non si andrebbe oltre. (…) Incentivare la cogenerazione (meglio se legata al ciclo dei rifiuti e al teleriscaldamento) e l’efficienza ambientale degli edifici (vecchia iniziativa del governo Prodi da estendere al settore pubblico, dove lo spreco è la regola, consentendo l’uso delle risorse di parte corrente per pagare gli interventi delle energy saving company). In tal modo, si genererebbe molto più Pil che con il fotovoltaico, e con effetti ambientali probabilmente superiori. Ma che fare sull’immane pregresso? Ridurre gli incentivi già erogati avrebbe senso economico, ma la retroattività alimenterebbe una marea di cause. Assai meno contestabile sul piano giuridico, invece, sarebbe una Solar Tax sugli extraprofitti del fotovoltaico e, se ne risultano, anche di altre fonti rinnovabili. Sul piano logico, non sarebbe diversa dalla Carbon Tax, auspicata nel mondo dallo stesso Economist. Sul piano pratico, basterebbe applicare la Robin Tax anche ai produttori di energia fino alla soglia dell’autoconsumo elevando in modo consistente l’aliquota. Una Solar Tax non farebbe chiudere nessuna impresa, perché si applicherebbe agli utili derivanti da sussidi esagerati. Non toccherebbe i pannelli sui tetti delle case e delle officine. E potrebbe finanziare un’equivalente riduzione deriva sulla bolletta.

Idea ragionevole, ma in attesa della solar tax proposta da Mucchetti, la tassa la pagano le famiglie in bolletta: più 27 euro quest’anno per l’elettricità (oltre a 22 per il gas) per gli utenti “medi”. Il ministro Corrado Passera ha detto che “le bollette sono troppo care, sulle fonti verdi si è speso troppo e male”. Da qui a maggio, da qui al prossimo più 4% manca poco e presumibilmente nulla si potrà fare. Ma da qui al 2016, anno in cui si rischiano di toccare i 20 miliardi di spesa annua, di tempo per correggere la nostra politica in tema di rinnovabili ce n’è eccome.

 

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