Lombardia non sa chi pagò bollo auto 2008, tenta farlo ripagare a tutti

MILANO – Tornano le vecchie care “cartelle pazze”, prodotto tipico della burocrazia italiana che periodicamente tornano a colpire i cittadini. In questo caso le ingiuste richieste del fisco riguardano i cittadini lombardi e il loro bollo auto, pagato o meno, dell’anno 2008. Il Pirellone ha deciso di cercare di recuperare il credito che vanta nei confronti degli automobilisti distratti o colpevolmente in ritardo con il bollo auto di tre anni fa ma, per scovare gli evasori, ha mandato centinaia di migliaia di cartelle esattoriali. Anche a chi il bollo lo aveva regolarmente pagato. Colpa della burocrazia si giustificano, colpa del passaggio dalla carta al digitale che ha generato migliaia di errori. Colpa dei computer quindi, ma danno per i cittadini. Gli onesti pagatori si troveranno, nella migliore delle ipotesi, a dover dimostrare, con tutte le noie del caso, che il bollo l’hanno pagato. E quelli in regola con i pagamenti, ma che hanno perso la ricevuta, dovranno pagare una seconda volta. Colpa del sistema informatico.

La Lombardia ha avviato una maxi campagna di recupero sulla tassa di possesso dei veicoli per il 2008. Obiettivo: quantificare l’evasione e sanare un buco di bilancio che, secondo le ultime stime, potrebbe raggiungere i 45 milioni di euro. Con un problema. L’indagine riguarda 780 mila «posizioni dubbie» su oltre 7 milioni e mezzo di auto. Ma cosa vuol dire posizione dubbie? Il bollo o lo si è pagato o no. Semplice. E invece no, non è così semplice. L’amministrazione non è certa di chi ha pagato. Incredibile ma vero. C’è un baco nel sistema, è la burocrazia: «Almeno 143 mila versamenti attendono una paternità».

La Regione ha riunito e faticosamente informatizzato gli archivi dell’Aci, del Pra e di Sogei (ministero dell’Economia). La riforma digitale risale al 2009, ma il processo di aggiornamento delle banche dati non ha ancora cancellato l’enorme massa di «incongruenze e anomalie». Il passaggio epocale dai bollettini cartacei ai computer s’è rivelato un trauma invece che una semplificazione. Calligrafie mal interpretate, errori di trascrizione dei codici fiscali, numeri di targa saltati, indirizzi equivocati, sovrapposizioni, doppioni. Un pasticcio. In molti casi, ammette la Regione, «non è stato possibile associare il denaro versato a un determinato veicolo». Per questo motivo le posizioni da accertare sono ufficialmente «dubbie» e i solleciti inviati agli automobilisti servono anche a ripulire i database: negli ultimi due anni, negli archivi, sono stati corretti 1,4milioni di riferimenti a macchine rottamate, o vendute, e a targhe sbagliate. L’operazione trasparenza «non è un modo per far cassa», premettono dalla Regione: «È un obbligo di legge e un dovere elementare di giustizia verso tutti gli automobilisti».

È una giustizia produttiva, tuttavia: 250 mila contribuenti lombardi, in un mese scarso di controlli, hanno ammesso colpa e frode; il Pirellone ha rastrellato sotto Natale 22 milioni di euro (di cui 4 nell’ultima settimana) e ritoccato al rialzo le previsioni iniziali, da 38 a 45 milioni di gettito. «Il 10 per cento dei veicoli immatricolati in Lombardia— è l’analisi dell’assessorato regionale al Bilancio — non risulta in regola con il bollo del 2008. Con le risorse recuperate daremo più servizi ai cittadini».

Sarà un obbligo e un dovere dell’amministrazione regionale, ma scaricare sugli automobilisti l’onere di dimostrare di essere in regola tutto sembra tranne che doveroso. Per ora, sembra, sono circa il 15 per cento: 5.260 persone, sulle 36.113 che hanno contattato il numero verde del Pirellone, sostengono di aver regolarmente pagato il tributo contestato dalla giunta di Roberto Formigoni. L’avviso di pagamento è vero è un invito, non ha il valore di una cartella esattoriale. Gli onesti «ritassati» hanno infatti sessanta giorni di tempo per dimostrare la loro innocenza, chiarire la posizione fiscale del veicolo o ricorrere alla Commissione tributaria. La procedura è noiosa, lunga, ma gratuita. La Regione, se tutto risulterà in regola, riconoscerà bontà sua come «illegittima o infondata la richiesta di pagamento», e annullerà l’iter di accertamento e con esso la sanzione. Il tempo perso al telefono, davanti al computer, allo sportello, sul calvario della burocrazia strabica e inefficiente, è un effetto collaterale impossibile da risarcire. Ma, come detto, può anche andare peggio. Se non si è infatti in grado di dimostrare l’avvenuto pagamento, magari perché si è perso il talloncino cartaceo che lo dimostra, toccherà pagare un’altra volta.

 

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Emiliano Condò