ROMA – L’Italia non è un Paese per giovani e inoltre è ammalata di “familismo”. La fotografia del nostro Paese, amara ma nota, è quella scattata dal Censis, che nel suo rapporto annuale rileva come nella quasi disperata ricerca di un posto di lavoro molti ritengano più utili le amicizie che la preparazione. E il prestigioso istituto di ricerca, per dare un segnale, ha deciso di voler tentare di smentire questo sentire comune scegliendo, per il doppio ruolo di direttore e segretario generale, una figura definita dal presidente Giuseppe De Rita dal “curriculum adeguato”: suo figlio.
Sembra uno scherzo, ma come spesso accade anche in questo caso la realtà supera, di gran lunga, la fantasia. Facciamo un passo indietro: è lo scorso novembre quando, dopo appena vent’anni al timone, Giuseppe Roma lascia l’incarico di dg del Censis. Tocca quindi al consiglio direttivo dell’istituto scegliere il successore e la scelta ricade su Giorgio De Rita. Giorgio che è, incidentalmente, figlio di Giuseppe, quel Giuseppe che del Censis è stato tra i fondatori, a lungo segretario generale e ancora oggi presidente. De Rita, il figlio, assume quindi il ruolo di segretario generale con delega alla direzione generale.
La nomina passa, per qualche giorno, sotto silenzio. Almeno sino a quando il Censis convoca la stampa per presentare il suo 48° rapporto annuale e, tra le domande che vengono rivolte a De Rita, padre, ce n’è una che agita il sospetto che nella scelta la parentela possa aver avuto un qualche ruolo.
De Rita, sempre padre e presidente, però non ci sta: “Non c’è alcun conflitto di interessi, mio figlio ha il curriculum adeguato. È stato amministratore delegato di Nomisma che è una grande società di ricerca, è stato direttore generale della società che si occupa di digitalizzazione dello Stato ed è una persona per bene. A nominarlo è stato il cda, formato da 15 grandi aziende come Telecom e Banca Intesa, quindi non è una nomina fatta in famiglia”.
De Rita, figlio, ha effettivamente un passato professionale e non è stato a casa ad aspettare di divenire dg nell’istituto presieduto dal padre senza rimboccarsi le maniche. Classe 1962, sposato, tre figli, pur essendo un ingegnere aeronautico ha seguito le orme paterne già subito dopo la laurea: il suo primo incarico professionale è stato infatti quello di ricercatore presso Nova, una società indipendente di ricerche economiche e sociali.
Ma se De Rita figlio ha, e ci mancherebbe, un passato professionale e, pur ammettendo che abbia un curriculum adeguato, più di un dubbio sull’opportunità della scelta rimane e, per dirla con le parole di Massimo Gramellini, è per questo che “nelle nazioni diverse dalla Corea del Nord vige l’usanza di impedire a un padre di assegnare incarichi di rilevanza pubblica a un figlio, sia pur bravissimo. Si tratta di clausole curiose dal nome a noi ignoto di regole”.
“Giorgio – si difende papà Giuseppe – ha fatto un’ottima carriera, dove trovavo un altro con il suo curriculum? Dovevo chiamare una società di cacciatori di teste per farmi portare uno che non ha quel tipo di esperienza?”. La risposta è, ovviamente, sì. Ma, come cantava Francesco Guccini, “è difficile capire se non hai capito già”.