Sparare ai bambini, fascisti che sparano. La morte nera in Europa e Usa

Tolosa, la polizia sul luogo della sparatoria: la scuola ebraica (Lapresse)

PARIGI – “L’assassino si è accanito su una bambina. Bisogna riflettere su questo”. Parole del presidente francese Nicolas Sarkozy pronunciate davanti agli studenti della scuola Francois Couperin, nel cuore di Parigi, a due passi dal Memoriale della Shoah. “La pista principale che si segue, ma non la sola, è quella del neonazismo”, scrive Repubblica riportando le fonti investigative francesi.

L’assassino di Tolosa è con ogni probabilità quindi un nostalgico del nazifascismo e, dopo aver colpito dei militari “neri” nei giorni scorsi, si è accanito sui bambini ebrei. Due elementi, la violenza e il fascismo, che spesso vanno a braccetto e, in fondo, non potrebbe essere altrimenti vista la genesi, la natura e la storia di fascismo e nazismo. La violenza è nel loro dna. Nel caso di Tolosa poi un’aggravante ulteriore, ma non del tutto nuova, scegliere i bambini come obiettivo.

I precedenti sono molti, ai più torneranno in mente le stragi e gli omicidi avvenuti in terra americana, ma è impossibile dimenticare la strage di Oslo, o meglio dell’isola di Utoya. Più vicini a noi nel tempo e nello spazio i fatti francesi di queste settimane, le quasi cento vittime della follia omicida in Norvegia e la mattanza di extracomunitari a Firenze. Dall’altra parte dell’oceano, le ricorda La Stampa, la storia di Eric Rudolph, antiabortista e antigay, che uccise tre persone e ne ferì 150 in attentati il cui obiettivo erano i medici che praticavano aborti e i locali per omosessuali. E poi Jared Loughner che organizzò un attentato durante un comizio in Arizona e Timothy Mvveigh, che lanciò un veicolo contro un palazzo federale ad Oklahoma City, e ancora Seung Hui Cho, quello della Virginia Tech.

La follia omicida, “l’ordinaria follia”, per quanto inconcepibili fanno parte della nostra vita. Ma se Pierangelo Sapegno su La Stampa scrive che “l’odio nasce quasi sempre, per tutti, da una sconfitta individuale”, è anche vero che tra questi sconfitti che si armano, ci sono dei tratti comuni oltre alla tragedia del singolo. E tra questi tratti c’è un’ideologia di estrema destra, il razzismo, l’integralismo religioso, l’odio per il diverso, cioè tutti quegli elementi che nell’Europa della prima metà del ‘900 hanno dato vita al fascismo prima e al nazismo poi. Idee successivamente esportate anche in altri angoli del pianeta ma di cui noi europei conserviamo la paternità.

Era un fascista che sparava Gianluca Casseri, l’assassino di Firenze. I suoi quasi amici di Casapound dopo la strage si affrettarono a dire che lo conoscevano appena, ma i suoi libri, i suoi post, la sua vita ha spiegato al di là di ogni ragionevole dubbio quale fosse la sua idea politica. Così come dubbi non ci sono sulle idee politiche di Anders Breivik, l’autore della strage di Utoya. Idee che tra l’altro il nostro buon Borghezio giudicò condivisibili. E ancora sembrano esserci pochi dubbi anche sulla visione politica che del mondo ha l’autore degli omicidi di Tolosa, almeno stando agli elementi in mano agli investigatori d’oltralpe. Neofascisti, neofascisti che sparano in tutti e tre i casi citati.

Nel caso francese poi la violenza è ancor più odiosa e abietta perché, come ha sottolineato il presidente francese, rivolta verso dei bambini. Tre, sei e otto anni avevano le tre vittime più piccole uccise davanti e dentro la scuola ebraica a Tolosa, ma giovani erano anche i ragazzi massacrati da Breivik che scelse come obiettivo per la sua furia omicida un congresso di giovani progressisti, ragazzi. Nulla è odioso come la violenza rivolta verso i più piccoli. Un tipo di violenza che le coscienze con un riflesso ancestrale giudicano intollerabile, perché come tutti gli esseri che abitano questo pianeta siamo portati a difendere d’istinto i cuccioli. Eppure un tipo di violenza che il nazifascismo ha dimostrato storicamente di praticare con poco o nessuno scrupolo.

Costanti storiche quindi i fascisti che sparano e che lo fanno, anche, contro i bambini. Costanti che non stupiranno sociologi e politologi forse. Ma costanti che cominciano a ripetersi con una frequenza allarmante nel vecchio continente. Dal luglio 2011, quando Breivik colpì in Norvegia, non è passato nemmeno un anno, e già le cronache ci hanno portato storie analoghe dalla Francia e dall’Italia.

 

 

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