ROMA – Come a scuola. Per mettere mano ai denari pubblici i consiglieri pidiellini della Regione Lazio hanno fatto ricorso a trucchi che dai tempi delle medie, al massimo del liceo, tutti noi non vedevamo più. Un tratto di penna, un “1” aggiunto davanti ad un “3” e magicamente una fattura da 3 mila euro diventava da 13 mila. Con 10 mila guadagnati dal consigliere di turno.
Ormai diversi anni fa, in una scuola media, quella che frequentano i ragazzi che hanno tra i 10 e i 13 anni d’età, una professoressa, forse per errore forse per distrazione, scrisse i voti di fine anno sul registro con la matita. I ragazzi, appena ne ebbero l’occasione, corsero gomma alla mano a correggere quei voti che non andavano bene. I 5 divennero 6, i 7 si trasformarono pudicamente in 7 + e qualche 3 incredibilmente raggiunse la forma del 6. Qualche ragazzo protestò: “non si fa…”. Naturalmente vennero tutti scoperti in breve tempo. La furbizia era troppo poco furba per passare, anche dei ragazzini avrebbero dovuto saperlo, e in cuor loro lo temevano. A quei banchi, evidentemente, non doveva esserci nessuno di quelli che oggi occupano gli scranni della regione Lazio e che quella stessa furbizia hanno rieditato.
Che così facessero tutti o meno, quello che per ora è chiaro è che così mentivano e di fatto rubavano almeno alcuni pidiellini della Pisana. Il tg di La7 ha mostrato ieri sera (20 settembre) due fatture, una da 3000 e una da 13000 euro, in cui la seconda è ovviamente frutto di manipolazione. Il pagamento in questione riguardava alcune spese sostenute dall’ormai anche lui ex capogruppo Pdl alla regione Francesco Battistoni. Per la cronaca Battistoni è il forzista che fu chiamato a sostituire Franco Fiorito e lo stesso uomo di cui la Polverini ha chiesto, e ieri ottenuto, la testa. Anzi, più che la testa, una ciocca di capelli: Battistoni si è dimesso da capogruppo Pdl, non da consigliere regionale. Non si è dimesso né dallo stipendio né dalla carica, come Franco Fiorito, nessuno dei due dimesso o sospeso dallo stipendio totale che sappiamo viaggia dai 16 ai 31mila euro netti al mese a seconda degli incarichi.
L’azienda che curò alcuni prodotti della campagna elettorale di Battistoni, racconta il tg di Enrico Mentana, ha appreso solo dalla tv che sarebbe stata pagata 13 mila euro per il lavoro fatto, quando in realtà ne aveva fatturati 3 mila. Come è noto però verba volant, ma per fortuna scripta manent. Il tg mostra quindi le fatture. La prima, quella dell’azienda, ammonta a 3 mila euro per poster, volantini e materiale simile. La seconda, approvata dall’allora capogruppo Fiorito, dice invece 13 mila. Da una scrivania all’altra, da una fattura ad una nota spese l’importo è lievitato di ben 10 mila euro, cioè un trattino. Cifra che forse Fiorito, forse Battistoni o forse qualcun altro si è messo in tasca. L’unica certezza è che 10 mila euro di soldi pubblici sono finiti in mano a qualcuno che non ne aveva e non ne ha diritto.
Carlo Bonini su Repubblica ricostruisce quello che era il “sistema Lazio”:
“Sostiene Franco Fiorito nel suo verbale chiuso mercoledì notte, che il “Sistema Lazio” era un segreto di Pulcinella. Che quella Cuccagna, che, tra il 2011 e i primi sette mesi di quest’anno, ha dilapidato 21 milioni di euro di finanziamenti destinati al “rapporto tra elettore ed eletto, al corretto funzionamento dei gruppi” e spesi in ostriche, puttane, viaggetti, Satyricon di cartapesta, prevedeva una “stecca para”. Centomila euro netti l’anno per ogni singolo consigliere della Regione, che si aggiungevano a una busta paga già assai importante da13 mila euro netti al mese. E ancora: che del Sistema è stato “dominus”, garante e architetto, il presidente dell’Assemblea regionale, il Pdl Mario Abbruzzese. Di più, che del sistema, la Polverini, quale governatrice ma soprattutto consigliere, era al corrente. Ma che non volle vedere. Come documenta una lettera rimasta senza risposta datata 18 luglio di quest’anno e ora agli atti dell’inchiesta, con cui Fiorito, quattro giorni prima di essere rimosso da capogruppo del Pdl alla Regione, la avvisava che “la situazione delle spese sostenute dal gruppo Pdl” era ormai “insostenibile” e richiedeva “risposte rapide ed efficaci”.
Un sistema messo in piedi ed organizzato. Avallato dall’alto e frutto quindi, verosimilmente, di uno studio e di un piano. Un disegno che i signori in questione avranno certamente ritenuto infallibile, perfetto. Anche se si fondava su trucchi che anche dei ragazzini sanno esser fallibili. Un caso estremo quello della fattura che da 3 diventa di 13mila euro? No, ce ne sono altre due e siamo appena agli inizi: una da 1275 sarebbe stata portata col giochino dello zero in più a 12750. Un’altra di 15mila euro invece di essere arrotondata a mano, sarebbe stata inventata di sana pianta. A che serviva gonfiare e inventar fatture? A bussar cassa al tesoriere del partito che distribuiva i soldi pubblici dati, pagati dal contribuente, ai singoli consiglieri. Questi dovevano giustificare, si fa per dire, i prelievi con pezze d’appoggio che documentassero “il contatto con gli elettori”. Troppa fatica contattare, sia pure a spese della gente. Più facile e “autonomo” mettere un uno davanti al tre e portare a casa diecimila euro. Politica ladra che non disdegna lo scippo, politica ladra e anche pezzente.