Fiorito, galera preventiva: 87 giorni “pagati” 15 mila l’uno. Lo condannassero..

Franco Fiorito

ROMA – Ha passato 87 giorni in carcere Franco Fiorito, accusato di peculato per circa 1.300.000 euro. Cioè per essersi messo in tasca un milione trecento mila euro di soldi pubblici.

Quasi 3 mesi in cella non sono pochi ma, facendo il classico “conto della serva” e dividendo il milione e tre per gli 87 giorni passati in cella, si scopre ogni giorno in cella è valso a Batman circa 15 mila euro. Non gli è andata poi così male…

Certo ora ci sono gli arresti domiciliari, ma un conto è il carcere un conto senza soffrire l’umiliazione della prigione dormendo nel proprio letto, certo c’è la possibilità, al momento alquanto teorica ma c’è, che Fiorito risulti alla fine innocente. E che quindi gli 87 giorni di carcere gli vadano risarciti moralmente e materialmente.

Certo c’è la possibilità, al momento alquanto teorica ma c’è, che Fiorito risulti alla fine innocente. E che quindi gli 87 giorni di carcere gli vadano risarciti moralmente e materialmente. Ma poniamo che le accuse siano fondate e che il giudizio finale dica colpevole. Allora sarà anche giustizia giusta, niente da dire, ma strani conti fa e farebbe fare la giustizia: a 15mila euro al giorno di “paga” andare in galera conviene.

Tutto questo naturalmente vale nel caso in cui, alla fine, Fiorito, sarà condannato a una pena che, al netto di questi 87 giorni e di quelli trascorsi ai domiciliari, non lasci un netto da scontare inferiore ai tre anni di carcere, grazie a tutti gli sconti e le riduzioni di pena che la giustizia italiana elargisce.

E’ diventato suo malgrado Franco Fiorito, l’ex capogruppo pidiellino alla regione Lazio, la personificazione della mala politica, del politico di professione che per professione sperpera i soldi dei contribuenti. Il suo caso, il caso Batman, è stato alla base della caduta delle giunta Polverini e ha dato in qualche modo il la anche ad altre crisi regionali e soprattutto a molte inchieste sulle spese allegre di consiglieri regionali d’ogni latitudine. Fiorito era, ed è, accusato di essersi messo in tasca in vari modi la bellezza di un milione e trecento mila euro. Tra le sue “imprese” meritano una menzione la casa, in parte abusiva, e la Jeep comprate sul litorale romano e in occasione della nevicata sulla capitale. Entrambe con soldi pubblici naturalmente seconda l’accusa. Per queste accuse Fiorito finì appunto in carcere. Era il 2 ottobre scorso e lì è rimasto sino a ieri, Natale compreso. Ora però il gip Stefano Aprile ha concesso “ar Batman” i domiciliari e così, dopo 87 giorni dietro le sbarre, Fiorito è tornato a casa.

Dopo quasi 3 mesi di carcere a Regina Coeli, l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio, è ora nella sua casa ad Anagni, in provincia di Frosinone, dove sconterà i domiciliari. Attenuato sia il pericolo di inquinamento delle prove che il rischio di reiterazione del reato: con queste motivazioni il gip, Stefano Aprile, ha concesso i domiciliari accogliendo un’istanza dell’avvocato Carlo Taormina.

E’ vero che Il 18 dicembre la Corte dei Conti ha emesso un provvedimento di sequestro per danno erariale nei confronti di Fiorito su beni per un valore di un milione e 717mila euro, bloccando un immobile in via Catania a Roma, la villa di San Felice Circeo, tre abitazioni e quattro terreni ad Anagni.

Ma è anche vero che a conti fatti Fiorito, almeno finora e in attesa del giudizio definitivo, ha fatto un giorno di carcere ogni 15 mila euro che si suppongono sottratti alla collettività, per l’esattezza 14 mila 942. Franco Fiorito è stato “beccato” e quindi quei soldi, forse, li restituirà. Ma se per rischiare un giorno di galera bisogna rubare la bellezza di 15 mila euro il gioco, forse, allora vale la candela.

L’ex capogruppo Pdl alla Pisana ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato (che in caso di condanna comporta lo sconto di pena pari a un terzo) e così dovrà comparire davanti al gup in una data diversa da quella (del 19 marzo) fissata per il giudizio immediato, assieme ai due coimputati, Bruno Galassi e Pierluigi Boschi (ex capi della segreteria) che, invece, hanno optato per il patteggiamento di pena.

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Emiliano Condò