Le regole della razionalità fredda e uguale per tutti da quest’anno sono affisse nelle scuole pubbliche francesi. Quindici regole volute dal ministro dell’istruzione d’oltralpe che ha deciso che fossero affisse, insieme alla bandiera francese ed europea, ed insieme alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e al motto Liberté-Egalité-Fraternité, in tutte le scuole della repubblica, dalle elementari al liceo. Quindici regole che altro non sono che quella che è stata definita la Carta della Laicità.
“Il termine laicità, in senso politico e sociale, denota la rivendicazione, da parte di un individuo o di una entità collettiva, dell’autonomia decisionale rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso altrui”. Questa la definizione del concetto di laicità fornita da Wikipedia. Un concetto alla base e parte integrate di tutte quelle che si considerano le democrazie più compiute. Un concetto che spesso da quelle stesse democrazie è dimenticato. E un concetto che la Francia, paese dove la laicità oltre ad essere un concetto è un valore, ha deciso di difendere e di insegnare.
Recita il punto 1 della carta voluta dal ministro Vincent Peillon: “La Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale”. Continua al punto 2: “Lo Stato è neutrale riguardo alle convinzioni religiose o spirituali”. Concetti apparentemente ovvi ma che ovvi non sono. Fin troppo spesso la laicità non trova reale applicazione nella vita di tutti i giorni. Come infatti definire il crocefisso nelle nostre scuole? Certamente non come un simbolo laico.
Ma anche nella Francia madre dell’illuminismo, della Rivoluzione e di alcuni concetti base delle nostre democrazie, come ad esempio quello di separazione dei poteri, la Carta della Laicità ha fatto storcere qualche naso. Come ad esempio quello di Dalil Boubakeur, presidente del Consiglio francese del culto musulmano. Regole che non vanno bene secondo Boubakeur perché cucite addosso all’Islam. Ma regole che, se prodotte a Roma anziché a Parigi, farebbero certo infuriare la Chiesa perché sentite come un attacco verso la cosiddetta morale cristiana del nostro Paese e regole che, se pubblicate in un altro luogo, avrebbero fatto infuriare gli ebrei, o gli indù o chiunque avesse voglia di vestire la parte della vittima. E proprio la capacità di suscitare l’irritazione di tutti i credi certifica, paradossalmente, la bontà del prodotto.
Regola numero 6: “La laicità della scuola protegge gli allievi da ogni proselitismo”, numero 9: “La laicità implica il rigetto di ogni violenza e ogni discriminazione e garantisce l’uguaglianza tra ragazzi e ragazze”. Le due regole più difficili da spiegare a chi considera la laicità una forma handicap.