
ROMA – Ottima l’iniziativa di pedonalizzare via dei Fori Imperiali e valorizzare quel patrimonio unico che è il centro di Roma, ma alla Capitale servirà anche altro, come sa bene, dovesse non saperlo sarebbero grossi guai, il neo sindaco Ignazio Marino. Il problema però è: i soldi chi ce li mette? Il primo vero, grande problema che si troverà ad affrontare la nuova giunta sarà infatti quello di bilancio, con un pesante debito accumulato e un deficit corrente a tre cifre. Il tutto nonostante l’ormai ex Gianni Alemanno abbia, negli anni del suo governo cittadino, spremuto fino all’osso i romani, triplicandogli le tasse: due miliardi di tasse in più dal 2088, eccolo nella capitale il governo della destra anti tasse.
Il tema è stato colpevolmente evaso da tutti i candidati durante la campagna elettorale ma, prima dei rom e delle buche, il nuovo sindaco dovrà dire come intende risolvere il problema più grave della città eterna: quello dei suoi conti. Limitandosi ai numeri infatti, ed evitando i soliti e stantii rimandi di colpe, la situazione finanziaria del comune di Roma è tutt’altro che rosea. Il bilancio 2012 è stato chiuso con un disavanzo di ben 280 milioni di euro e, a meno di interventi correttivi, anche il 2013 produrrà gli stessi risultati. Il tutto con un debito finanziario accumulato che supera il miliardo di euro e che, al netto della gestione commissariale, cioè dei debiti fatti dalla città e finiti in carico allo Stato, arriverebbe fino ai 9 miliardi.
Questa la situazione ad oggi ma, se possibile, le previsioni sono persino peggiori. Il combinato disposto del taglio dei trasferimenti statali e dell’aumento della spesa comunale, secondo le stime, potrebbe portare il bilancio 2015 sino ad un meno 300 milioni di euro. Unica, piccola nota positiva, il credito vantato dal Campidoglio nei confronti della Regione, credito frutto di mancati trasferimenti che si aggira sul miliardo di euro.
Come ormai anche i bambini sanno, per limare il segno meno nel bilancio le strade possibili sono solo e solamente due: aumentare le entrate o diminuire le uscite. Per quanto riguarda le prime sembra un fronte chiuso. Il sindaco Alemanno infatti, nel suo quinquennio di gestione, ha portato la pressione tributaria sui cittadini romani dai 950 milioni del 2008, sino ai 3 miliardi attesi per il 2013. Difficile quindi spingersi oltre, qualche milione di euro in più potrà arrivare al massimo dalla revisione del catasto e dal conseguente aumento del gettito Imu sulle seconde case, ma si tratta in ogni caso di una cifra al di sotto dei 100 milioni di euro.
E allora l’alternativa non è che tagliare partendo, ovviamente, non dai servizi ma dagli sprechi che pure nella città eterna non mancano. Una cinquantina di milioni si spera di recuperarli dall’Atac ad esempio ma questi, sommati a quelli dell’Imu, non sono certo sufficienti a fare alcunché. Non bastano a colmare il rosso di bilancio, figurarsi se possono finanziare la nuova politica di Marino. E’ la spesa corrente, quella per i più di 25 mila dipendenti a vario titolo del Comune e quella con cui il campidoglio finanzia ciò che a Roma si chiama “la qualunque” che è cresciuta in maniera esponenziale quella a dover essere arginata. Ma se la fermi questa spesa accendi la protesta di chi di questa spesa vive e comunque anche lo stop a una spesa obesa ha in tempi di recessione effetto depressivo sull’economia.
In attesa di vedere come il neo sindaco deciderà di muoversi su un fronte tanto complesso e delicato, le agenzie di rating, Fitch in testa, guardano a Roma con quello che in gergo tecnico si chiama “watch negativo”. Che tradotto in soldoni significa “vi teniamo sott’occhio e siamo pronti a declassarvi”. Sindaco avvisato…
