Saverio Fossati, sul Sole 24 Ore, illustra come la nuova tassazione sulla casa, modellandosi sulle indicazioni che dal Catasto arrivano, penalizzerà alcuni italiani mentre ne salverà altri. Questo perché il catasto, e soprattutto le sue regole, vengono da un tempo antico e lasciano molto spazio alla “libera” interpretazione. E così, due tipologie di abitazioni che sul mercato risultano assolutamente simili, se non identiche, subiranno un destino diverso. Imu forse sì e forse no per le A/2, Imu sicuramente no per le A/3. Esborso possibile per i proprietari delle prime e conti salvi per quelli delle seconde con, presumibilmente, anche qualche ricaduta sul futuro valore degli immobili in questione. Va da sé infatti che una casa esente da tasse sarà più appetibile di una paragonabile ma gravata dal fisco.
Sapere quindi con un ragionevole margine di certezza se si dovrà o meno metter mano al portafogli, è cosa abbastanza semplice. Basterà trovare i “documenti d’identità” della propria abitazione e scoprire a quale categoria questa appartiene.
Ma quante sono, e quali sono, le case A/2 e A/3 in Italia? Le prime, le A/2, sono circa 11,6 milioni mentre le seconde, le A/3, circa 12 milioni. In termini numerici quindi, di quantità, praticamente nessuna differenza. Ma come spiega il quotidiano di Confindustria anche le differenze qualitative, e quindi di reale valore, sono poche o inesistenti:
“Ma esiste una differenza reale, in termini di valori di mercato, che giustifichi questa diversità di trattamento? Mica tanto. Perché il metodo con cui vengono attribuite le categorie catastali è legato a schemi molto vecchi ed esistono case, che di fatto sono più belle e funzionali, cui va necessariamente attribuita la categoria A/3 secondo i criteri costruttivi e architettonici moderni, di moltissime vecchie A/2. Tanto che una delle arti edilizie dei costruttori e degli architetti consiste nel produrre immobili di pregio che però non possiedano le caratteristiche delle A/2, che sono ‘le normali abitazioni, con rifiniture semplici di impianti e servizi’. Una categoria decisamente ampia. Però anche nelle A/3 è facilissimo fa rientrare case belle: devono avere ‘caratteristiche e rifiniture economiche sia nei materiali utilizzati che per gli impianti tecnologici ma principalmente di dimensioni contenuti rispetto alla al territorio di cui fanno parte’. Con una definizione così ampia basta sapersi muovere e il gioco è fatto”.
Le “sfortunate” A/1 invece, le abitazioni di lusso, per il catasto le “abitazioni un tempo nobiliari, con particolari rifiniture pregiate anche a carattere storico”, pagheranno sempre ma, nella conta, hanno scarso peso economico e politico essendo appena 36 mila circa.
Con buone probabilità quindi la rimodulazione dell’Imu che si profila penalizzerà un terzo delle abitazioni. Anche al netto delle detrazioni infatti avendo le case A/2 rendite particolarmente elevate, specie nelle zone centrali o di pregio delle grandi città, non sfuggiranno queste al Fisco. Rendite catastali più basse, invece, salveranno gli immobili A/3 e i loro proprietari.