Migliaia di firme di italiani indignati e stufi di essere presi in giro e derubati. Migliaia di firme di italiani che sono sì indignati, ma stufi di essere presi in giro forse no. Migliaia di firme di italiani creduloni. Il senatore Cirenga non esiste, non più di quanto esistano Babbo Natale, il grande puffo e mazinga Z. Il Senato della Repubblica non può votare nulla con 257 voti a favore e 165 astensioni per l’ottimo motivo che i senatori sono 315, più i senatori a vita e quindi, anche con pianisti degni del miglior virtuoso del piano, non ci potrebbero essere 422 voti. E poi perché 134 miliardi di euro sono un decimo del Pil nazionale, cifra che ci vogliono dieci finanziarie per muoverla.
“Perché in tanti abboccano a una notizia palesemente falsa, ‘una bufala’ in gergo, come mai la Rete diffonde e discute sui siti un’ovvia finzione, come si informano online gli utenti e come distinguono tra testate con un controllo professionale dei testi e homepage dove invece ciascuno posta quel che gli aggrada senza controlli?”, si domanda Gianni Riotta su La Stampa. Riotta conosce bene la risposta al suo interrogativo. Risposta che si può sintetizzare nella formula “è la rete, bellezza”. Quel magico territorio in cui la libertà d’informazione trova la sua massima espressione, priva di qualsiasi forma di bavaglio ma anche di controllo. Quel territorio in cui la libertà è una valore sì assoluto da perdere la sua natura, essendo monca del giudizio critico, del controllo delle fonti. Categorie queste che non sono censura, come spesso il popolo della rete credulone religiosamente ritiene, ma sono valori aggiunti e parte della verità stessa.
E, nonostante ben prima dell’avvento di internet fosse nota la predisposizione umana a credere a tutto, la rete altro non ha fatto che aumentare questa disposizione dell’animo umano. Sia chiaro, la rete è ed è stata in alcuni casi un ottimo veicolo d’informazione e notizie la dove davvero esiste la censura ed è, in alcuni casi, effettivamente un volano della democrazia. Come tutte le cose però, l’abuso in un certo senso ne modifica, in peggio, la natura.
“Secondo una ricerca 2014 del World Economic Forum – riporta Riotta -, curata dalla professoressa Farida Vis dell’Università di Sheffield, tra i dieci pericoli maggiori del nostro tempo c’è ‘la diffusione di false notizie’, capaci di disorientare il dibattito politico dai temi reali, la Borsa e i mercati dall’economia concreta e sviare l’opinione pubblica su miti come l’Aids non legato all’Hiv, i vaccini che diffondono autismo, le scie chimiche degli aerei seminatrici di morte. Come dunque individuare le fonti inquinate dell’informazione e chi sono i cittadini più esposti alle fole?
Se lo chiede un team di studiosi della Northeastern University di Boston, dell’Università di Lione e del Laboratory of Computational Social Science (CSSLab) del Centro Alti Studi Imt di Lucca (Delia Mocanu, Luca Rossi, Qian Zhang, Màrton Karsai, Walter Quattrociocchi) in una ricerca dal titolo rivelatore: «Collective Attention in the Age of (Mis)information», l’attenzione collettiva nell’età della (dis)informazione. Dai risultati, purtroppo, si evince che l’attenzione pubblica è scarsa e la disinformazione potente al punto che spesso è considerata dai cittadini pari all’informazione classica. Per molti utenti della Rete il tempo dedicato ai miti e quello speso analizzando i fatti si equivalgono. Chi comincia a bazzicare siti dove complotti, false notizie e deformazioni vengono creati in serie, rapidamente si assuefà e perde senso critico. Lo studio conferma una delle caratteristiche più infide del nostro tempo online: su testate satiriche o forum aperti, i ‘trolls’, utenti anonimi che diffondono battutacce, menzogne, grossolane e comiche esagerazioni, vengono spesso equivocati per fonti autorevoli e il loro teatrino scambiato per realtà”.
Di esempi di false notizie ne è piena la cronaca. Da quelli citati da La Stampa delle scie chimiche nei cieli frutto del complotto per avvelenare…chi? Da quella dell’Aids fabbricato a mano dagli uomini cattivi nei laboratori. Sino alle biografie con errore di Wikipedia riprese dai quotidiani, ultimo il filosofo Manlio Sgalambro cui è stato attribuita la paternità di Fra’ Martino campanaro e i giornali hanno supinamente copiato…Dalle immagini di improbabili animali misteriosi saltati fuori in qualche angolo del pianeta sino ai senatori Cirenga di ogni dove.
Eppure, nonostante l’evidenza, la rete, o almeno parte di essa, di sviluppare capacità critica sembra non sentirne il bisogno. Ed anzi, la evita come e peggio della peste. Non le critiche, ma le obiezioni vengono lette come attacchi del potere costituito, anche quando fanno notare una questione matematica, come quella del numero dei senatori. Una caratteristica ed una distanza che sono poi il rischio della cosiddetta democrazia via web. E anche, non sembri fuori luogo, il rischio che corre la capacità intellettiva e conoscitiva di ciascuno di noi e, per osmosi, della collettività.
Un esempio, l’ultimo suggerito dalla cronaca: il referendum per l’indipendenza del Veneto. Non c’è dubbio che in Veneto, e non da oggi, vi siano ampie tentazioni indipendentiste/secessioniste dall’Italia. Da almeno un quarto di secolo vengono registrate e si fondano su protesta fiscale, anti statalismo, tipologia specifica dell’accumulazione di capitale e dell’impresa. L’ultimo sondaggio disponibile registra una propensione all’indipendenza (senza specificare che tipo di indipendenza) pari a circa il 55 per della popolazione. Quindi non c’è proprio nulla di sottovalutato o sa sottovalutare quando si misura la voglia di “indipendenza” che corre sotto pelle in Veneto. Questa voglia è cosa grossa che sta nella realtà, questa voglia è “cosa”. Cosa vera e materiale.
Il referendum invece, quello con due milioni e 300 mila votanti, con il voto via web del 70 e più per cento della popolazione, la stessa popolazione che ha accesso al web solo al 60 per cento, quello con due milioni di entusiastici sì all’indipendenza e duecento persone a festeggiare la vittoria ottenuta con il 90 per cento dei voti…Questo referendum sta solo nella testa astuta di chi lo ha messo in scena e nella testa pigra della comunicazione di massa. Si chiama “reificazione”, è il processo con cui un pezzo di carta, una telefonata, una chiacchiera diventano “cose”. Quando un amico ti telefona e ti dice che ha visto un aereo venir giù, tu corri ad accendere tv o pc e, fino a che te lo ha detto l’amico, resti che l’ha visto lui e non tu cadere l’aereo, ma se lo dice la tv o il pc la caduta dell’aereo diventano per te un fatto, una cosa, una “res” appunto reale. Eppure anche in tv e al pc nessun lo ha visto davvero cadere, anche al tg o in home page hanno visto solo l’equivalente della telefonata del tuo amico, mica l’aereo. Questo è il percorso dell’informazione di massa. Informazione se c’è qualcuno che vigila e verifica all’ingresso del circuito, insomma se poi l’aero è caduto davvero.
Ma oggi si può far entrare nel circuito senza vigilanza e verifica, si può ottenere “reificazione”, si può far diventare cosa della realtà effettuale qualcosa che nella realtà effettuale non c’è. Basta surfare sui sentimenti di massa: è un sentire cdi massa che la politica “rubi” i soldi pubblici, quindi anche la panzana della Legge Cirenga si “reifica”. E’ un fatto, è realtà che il Veneto, anzi i veneti, siano tentati, quasi sedotti dall’indipendenza, quindi anche l’improbabile referendum diventa un fatto, una cosa. La porta meno custodita per diventare “cose” a prescindere dalla propria effettiva realtà? La mente umana disinformata e incompetente.