“Se la delega fiscale non fosse esercitata entro il 30 settembre 2012 o le disposizioni non fossero in grado di garantire un sufficiente effetto si avrà una riduzione automatica delle agevolazioni”. Promesse impegnativa e costosa, 20 miliardi nel biennio 2012/13, e 20 miliardi l’anno dal 2014 promessi in nemmeno una pagina. Legge delega entro il 31 gennaio 2012 e, se entro il 30 settembre non ci saranno i provvedimenti, scatterà la clausola di salvaguardia (ma a favore del Fisco). Taglio del 5% di tutte le agevolazioni nel 2012 e del 20% nel 2013. O aumento delle aliquote Iva. Impresa ardua perché bisogna ridurre la spesa assistenziale e allo stesso tempo rivedere il Fisco, riducendo la pressione tributaria. Si dovrà metter mano su pensioni (reversibilità, invalidità), assistenza (indennità accompagnamento, assegni familiari). Facile quindi che la clausola di salvaguardia scatti. Ergo più tasse perché minori saranno le detrazioni. Fattibilità al 35%.
“Definire per l’anno scolastico 2012/13 (cioè il prossimo) un programma di ristrutturazione per le scuole con risultati insoddisfacenti; si valorizzerà il ruolo dei docenti; nuovo sistema di selezione”. Questa, insieme alla “disponibilità” dei dipendenti pubblici, è la promessa con più chance di vedere la luce: il 50%. La manovra di luglio aveva già dato una sforbiciata, con l’obbligo di accorpare le scuole più piccole. Ma adesso il governo si impegna a “ristrutturare”, cioè riorganizzare ed eventualmente eliminare, quelle che funzionano peggio. La questione è come decidere se una scuola funziona bene o male. La lettera dice che ci si baserà sulle prove Invalsi, ma nella decisione potrebbero pesare anche altri fattori, come i servizi offerti dai singoli istituti, la percentuale di promossi, i tempi di ingresso degli ex studenti nel mondo del lavoro. Lo strumento tecnico c’è, quello che preoccupa sono i tempi. Già accorpando le scuole piccole ne sarebbero cancellate più di mille, una su dieci.
“Entro il 30 novembre il Governo definirà un piano di dismissioni e valorizzazioni del patrimonio pubblico che prevede almeno 5 miliardi di proventi all’anno nel prossimo trienno”. E siamo al capitolo privatizzazioni, circa 15 miliardi promessi in sette righe. In questo caso il Governo la fa, probabilmente, un po’ troppo facile. Fattibilità al 30%. Le privatizzazioni questa volta dovrebbero correre su due piani: le società che fanno capo al ministero del Tesoro (quote Eni, Enel, Finmeccanica), e la miriade di gruppi controllati dagli enti locali.
Terreno, quest’ultimo, che definire paludoso e riduttivo. Basti pensare solo alle municipalizzate, dall’energia (vedi A2A per Milano o Acea per Roma) che fanno capo ai Comuni. Il tutto in meno di 2 mesi. Complicato soprattutto farlo con gli enti locali, che in passato hanno deciso di cedere alcune quote nelle controllate solo perché avrebbero beneficiato di un bonus fiscale. E si contano almeno due o tre tentativi legislativi di arrivare alle privatizzazioni locali, tutti senza successo. C’è poi il capitolo delle privatizzazioni del patrimonio immobiliare, stimato in 5-600 miliardi. Strada già tentata in passato, ma con scarsi risultati.
Media matematica della fattibilità delle promesse del nostro Governo 38%, poco più di una possibilità su tre.
Percentuale destinata ad abbassarsi o a salire, vai a sapere, se il governo uscisse da una sbrigativa vaghezza. I licenziamenti possibili per motivi economici per i nuovi assunti o anche per chi già lavora? Nel primo caso, in cambio di un contratto non precario, aiuterebbero l’assunzione di giovani, donne e cittadini delle Regioni del Sud che non lavorano, lavorano a nero o al massimo “a grigio” in percentuali intollerabili. Nel secondo caso si tratta invece di una classica ricetta di destra economica e politica che poco si cura di un nuovo più efficiente e giusto welfare. Licenziamenti con susseguente cassa integrazione come ha spiegato 24 ore dopo Berlusconi? Ma allora si resta più o meno alla situazione attuale dove, anche se pochi lo sanno, la cassa integrazione non è un diritto per tutti ma viene di volta in volta concessa per decisione politico-sindacale. Fine della “pianta organica” per gli statali come via libera a “tagli lineari” nei posti per dipendenti pubblici o fine della “pianta organica” come redistribuzione del personale in relazione alle necessità e alla produttività della Pubblica Amministrazione? Saperlo…
