ROMA – Fare il giro delle sette chiese a Roma non è solo un modo di dire, ma è un tour per i pellegrini che visitano la città eterna inaugurato da San Filippo Neri nel 1540. Il santo scelse per il pellegrinaggio le sette basiliche più antiche ed importanti della città, ovvero: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le mura e San Sebastiano fuori le mura. Nel XVII secolo le tre basiliche fuori le mura furono sostituite con altre tre che si trovavano invece all’interno (Santa Maria del Popolo, Santa Maria in Trastevere e San Lorenzo in Lucina) a causa di una epidemia di peste. Ma oggi, dopo cinque secoli, il tour perde una delle sue tappe. Per ordine di papa Benedetto XVI la basilica di Santa Croce in Gerusalemme è stata chiusa, e i monaci che vi risiedevano trasferiti in altri conventi. Motivo? “Troppi intrighi e mondanità”.
La decisione, clamorosa ma non del tutto inaspettata, di cancellare la presenza dei monaci nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, dov’erano presenti da cinque secoli, è un altro dei segni di come il «governo gentile» di Benedetto XVI sappia essere decisionista e drastico quando si tratta di eliminare quella «sporcizia» nella Chiesa la cui presenza proprio il cardinale Ratzinger denunciò durante la Via Crucis di sei anni fa. Il decreto della Congregazione per i religiosi che ha stabilito la soppressione dell’abbazia segue di due anni infatti l’allontanamento dell’abate, chiacchierato per una gestione non limpida della sua comunità e per sue amicizie. Un anno fa, al culmine degli scandali provenienti soprattutto dagli Stati Uniti, dall’Irlanda e dalla Germania, Benedetto XVI aveva pronunciato parole chiare, affermando che «la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori», ma «nasce dal peccato» interno, e ha collegato questi eventi al messaggio delle apparizioni mariane avvenute in Portogallo nel secolo scorso, affermando: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa».
La basilica di Santa Croce in Gerusalemme, oltre a far parte del “tour delle sette chiese”, custodisce alcune tra le più importanti reliquie care alla cristianità: prima fra tutte un frammento della croce di Gesù, due spine della corona di Cristo, uno dei chiodi usati per la crocefissione, una falange di San Tommaso, la tavoletta con l’imputazione formulata da Pilato e i frammenti della grotta di Betlemme e del Santo Sepolcro. Nonostante questo profluvio di simboli e l’aurea di spiritualità che ne dovrebbe derivare, la basilica si era trasformata negli ultimi anni in un set cinematografico tra raduni di ex nobiltà, maratona tv di lettura della Bibbia (aperta da Benedetto XVI e intervallata dai balli col crocifisso dell’ex lap dancer suor Anna Nobili, documentata dal sito Messainlatino), visite di celebrità «cattolicamente scorrette» come la cantante Madonna, annesso albergo alla moda, interventi architettonici scenografici come il cancello-scultura di accesso all’orto botanico realizzato dall’artista superstar Jannis Kounellis. Tutto questo sotto la guida dell’ex abate Simone Fioraso, ex stilista negli atelier milanesi. Negli orti griffati della basilica era di casa la Roma bene, si vendevano frutta e verdura biologiche (in realtà acquistate dai monaci in un negozio vicino – scrive La Stampa) e si davano appuntamento gli «Amici di Santa Croce», associazione presieduta dal marchese Giulio Sacchetti, discendente di Carlo Magno.
Troppa mondanità per uno dei luoghi più venerati della cristianità. Troppa mondanità e troppo poca spiritualità evidentemente per il Pontefice che ha voluto vederci chiaro ordinando un’ispezione: la «Visita Apostolica “ad inquirendum et referendum”», che ha indagato e riferito in Curia irregolarità tali da giustificare la cancellazione dell’abbazia e la diaspora della comunità monastica in altri conventi. Eccessive luci della ribalta mediatica, maxi-lavori di ristrutturazione, l’accusa di abusi liturgici (documentati da foto di suore che danzano intorno all’altare), intrighi, voci di scarsa disciplina morale e comportamenti discutibili nella comunità monastica. Queste «le risultanze della Visita, approvate dal Congresso e confermate in forma specifica dal Santo Padre». Il decreto firmato dal prefetto vaticano João Braz de Aviz e dal segretario Joseph Tobin e non ancora reso pubblico, è un colpo di scure. La Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, cioè il ministero che «ha il compito di intervenire in tutto ciò che è riservato alla Santa Sede per quanto riguarda la vita consacrata», sopprime l’Abbazia di Santa Croce e dispone che «i monaci ivi residenti» si trasferiscano nei monasteri di San Bernardo in Italia, come stabilito dal commissario pontificio don Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dell’ordine cistercense.
Sotto la lente degli ispettori vaticani erano finiti in particolare, oltre a padre Fioraso, i suoi due più stretti collaboratori: padre Luca Zecchetto (direttore artistico del coro delle «Matite colorate») e padre Ryan per motivazioni di gestione economica ma anche di disciplina interna al monastero. Malgrado fossero lì da mezzo millennio, oramai la vita di clausura richiesta ai cistercensi mal si addiceva alla fiorente attività mondana-concertistica, al servizio limousine per i pellegrini più facoltosi, al negozio interno (i prodotti dell’orto disegnato dal paesaggista di casa Rothschild, liquori, miele, marmellate, pregiatissima cioccolata su ordinazione), al via vai a tutte le ore del giorno, alle visite passerella in basilica di popstar trasgressive (Madonna e Gloria Estefan le più note). Un giro di soldi fuori controllo, denunce arrivate nei Sacri Palazzi su conduzione «allegra» della vita monastica e rapporti non limpidi nella comunità.
I futuri pellegrini che si imbarcheranno nel giro delle sette chiese romane non troveranno più quindi succulenti prodotti gastronomici, venduti a carissimo prezzo ovviamente, ad attenderli. E nemmeno cori particolarmente allegri di suore danzanti ad allietare il loro cammino, almeno nella tappa in Santa Croce in Gerusalemme. Si dovranno accontentare delle solite, vecchie, reliquie.