ROMA – Alle primarie del Partito Democratico possono votare tutti i cittadini italiani che vogliano farlo. Uniche condizioni richieste il versamento di almeno 2 euro, il possesso della tessera elettorale e la sottoscrizione di un documento di intenti, primo intento tra tutti quello di votare Pd alle prossime elezioni. L’unica tessera richiesta è dunque quella elettorale e non quella del Pd. Ma allora perché, negli ultimi giorni, non si è fatto altro che polemizzare e litigare sulla “questione tessere” in relazione alle primarie? Mistero, o forse no. Spiegazione potrebbe essere la voglia di boicottare o comunque rendere più accidentata la strada del sindaco di Firenze e candidato favorito alla segreteria Matteo Renzi.
Tanto rumore per le tessere ma nessuna relazione in realtà con le primarie e con la scelta del nuovo segretario Pd. La polemica sulla gestione, e la successiva decisione di fermare i tesseramenti, ha monopolizzato o quasi il dibattito sulle prossime primarie del Pd. Eppure la relazione tra le due cose semplicemente non esiste. Per votare l’8 dicembre prossimo non serve infatti essere tesserati, e per tentare di comprendere le ragioni di tanto “rumore” bisogna ripassare lo “statuto più pazzo del mondo”, lo statuto del Pd.
Stando a quanto stabilisce il cervellotico regolamento dei democratici, regolamento che puntualmente viene criticato, messo in discussione, modificato e sostanzialmente peggiorato, le condizioni per poter votare alle primarie, che siano per la scelta del candidato premier o del futuro segretario, sono quelle sopra elencate. Ma, seguendo il famigerato statuto, si possono individuare altri due livelli.
Il primo è quello che riguarda i segretari provinciali, scelti questi sì dagli iscritti, che non hanno però nessuna relazione, diretta o indiretta, con le primarie. Diversi infatti sia la platea che elegge sia il mandato che gli eletti ricevono. Le segreterie provinciali sono luoghi di organizzazione, attività e potere locale dunque. Importanti, ambiti. Ma nessun segretario provinciale riceve nella sua elezione il mandato a votare Renzi o Cuperlo o Civati o Pittella. Quindi la “conta” dei renziani, cuperliani etc eletti segretari provinciali è senza senso. O meglio, serve a fare… ammuina!
Il secondo livello è invece quello dei circoli che, sempre per statuto, scelgono chi saranno i tre candidati alla segreteria che alle primarie prenderanno parte. Sono infatti solo tre quelli che possono concorrere in questa speciale elezione e, nel caso delle primarie dell’8 dicembre, uno ne andrà eliminato visto che, ad oggi, a voler concorrere sono in quattro. Ma anche questo livello di relazioni col voto finale delle primarie non ne ha. Non è che eliminando il quarto, il quinto o il sesto aspirante si stabiliscono le proporzioni del consenso tra il primo, il secondo e il terzo.
Finalmente l’otto dicembre si vota per le primarie, si sceglie il segretario del partito che è anche il candidato leader anche se a successive primarie per la candidatura a premier si prevede possano concorrere altri oltre al segretario precedentemente eletto.
Si torna, chiariti i diversi livelli, alla questione di questi giorni: il boom delle tessere e la decisione di chiudere il tesseramento. Renzi, nel tentativo di spegnere la polemica, si è detto favorevole al blocco nella speranza di far cessare lo strazio. Non senza ricordare che la sua proposta di non far precedere le primarie dell’elezione dei segretari regionali era stata bocciata dalla vecchia maggioranza del partito, bersaniani in testa. Ma la sua posizione non ha ovviamente messo fine alla polemica. E la ratio della polemica, come scrive MariaTeresa Meli sul Corriere della Sera, va allora ricercata nel tentativo se non di affondare almeno di “azzoppare”, politicamente, Matteo Renzi.
“È il vincitore annunciato – scrive MariaTeresa Meli sul Corriere della Sera -. E scontato. Perciò non si può fare altro che sfregiarlo. Delegittimarlo. Arginarlo. Tentare di renderlo, se non innocuo (impresa improba, visto il personaggio), quanto meno un segretario ridimensionato. Magari votato da poco più di un milione di elettori. Quando quelli di Veltroni e, persino, di Bersani sono stati più di 3 milioni. Meglio ancora se si riesce a sconfiggerlo almeno sul fronte delle elezioni dei delegati, che riguarda solo gli iscritti. Il fronte anti-Renzi si muove ormai senza remora alcuna: non importa se il Pd resterà ammaccato, quel che conta è che il futuro segretario non ottenga una vittoria indiscutibile. Quindi va bene tutto. Serve soprattutto la drammatizzazione delle tessere gonfiate, che è un ottimo respingente per le primarie che verranno”.
Meglio morti che Renzi è la parola d’ordine di un bel pezzo del Pd, meglio raccontare e raccontarci che “alle primarie andranno a votare delinquenti e drogati” (Ugo Sposetti dixit), meglio chiedere di chiudere un tesseramento “inquietante” (Cuperlo dixit, salvo poi esultare perché i risultati di quel tesseramento sono pingui per Cuperlo stesso), meglio accendere luci su albanesi e nigeriani al voto (ma non erano i nuovi cittadini?)…Meglio far di tutto perché spiri e soffi un’aria di disgusto intorno all’otto dicembre e quindi vada a votare meno gente possibile. Meno elettori meno voti per Renzi: è questa l’equazione vincente per i fedeli e militanti del meglio morti che Renzi.