A due settimane scarse dall’allarme lanciato da Berlusconi sullo stato delle casse di Forza Italia, “siamo con l’acqua alla gola, servono soldi”, disse allo stato maggiore del partito all’indomani delle elezioni europee, arrivano i licenziamenti. Licenziamenti che non riguardano i dipendenti di Forza Italia ma del suo “genitore” politico: il Pdl.
Si tratta, come si legge nei documenti, di 41 esuberi su un totale organico di 42 persone e riguarda le sedi di Roma, Milano e Catanzaro. E non si tratta di collaboratori o lavoratori a tempo determinato cui non verrà rinnovato il contratto ma, tutti e 41, sono contratti a tempo indeterminato che vengono “cessati”.
Scorrendo il testo del documento inviato dal Pdl agli organismi competenti per l’avvio delle pratiche di licenziamento, si legge che “il rapporto di lavoro dei suddetti lavoratori è regolato dal vigente contratto collettivo nazionale delle Aziende del Terziario, con l’esclusione di coloro per i quali (…) il contratto di riferimento è il contratto collettivo nazionale dei giornalisti”. Tutti a casa quindi, giornalisti compresi.
Leggendo ancora si scopre che i 41 saranno messi in cassa integrazione a zero ore per un anno, rinnovabile; che non ci saranno buonuscite per nessuno; che il personale in questione è quello della sede nazionale di Roma e delle sedi regionali di Milano e Catanzaro oltre ad altri particolari procedurali.
Ci sono però due paragrafi, tra le motivazioni dei licenziamenti e le “misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione del programma”, che meritano considerazione. Chi pensasse o sperasse che almeno una parte dei licenziandi possa essere riassorbita in Forza Italia si metta l’anima in pace. Tra le misure programmate si legge infatti che “la ricollocazione della forza lavoro” può realizzarsi solo “nell’ipotesi della possibile ricompattazione delle forze politiche che fanno parte del centro destra presso l’associazione che unitariamente le comprenda”. Saranno quindi forse riassunti solo se si rifa un partito che comprenda almeno 3 o 4 di quei partiti che dall’esplosione del Pdl sono nati, come a dire “non ci sperate”.
Ma ancor più interessante è quello che dicono le “motivazioni” del licenziamento collettivo. Qui si legge che i licenziamenti sono conseguenza della “sospensione dell’attività politica della scrivente associazione”, e fin qui nulla da sottolineare, il Pdl dall’autunno scorso come realtà politica non esiste più. Ma licenzia, il Popolo della Libertà, anche “in conseguenza dell’impossibilità di mantenere finanziariamente la struttura dimensionale dell’organico del personale attualmente in forza, non essendo sufficienti al riguardo le minori risorse derivanti dal Finanziamento Pubblico dei Partiti Politici, a seguito del draconiano taglio operato dal D. Lgs. 149/2013”. In altre parole quello che è stato per poco più di 4 anni il contenitore politico del centrodestra, licenzia perché non esiste più, ma anche perché, con la nuova legge sul finanziamento pubblico, non ci sono più soldi.
Tutto chiaro, solo un dubbio rimane che i documenti non chiariscono: 41 licenziamenti su 42… chi è il 42esimo?