ROMA – “Ho impostato il check up, seguito la degenza, valutato nuove indagini, fatto la diagnosi e dato terapie”. Diamine, deve essere stato un lavoro di almeno un paio di settimane. E invece no, tutto fatto in mezza giornata. Al prezzo, scontato a dire del medico, di cinquemila euro per lui e duemila per l’assistente. Aniello Pietropaolo, il medico che ha gestito il ricovero da 18 mila euro (per un solo giorno) della moglie del diplomatico russo nella clinica Pio XI di Roma, giustifica così i 7mila euro e spicci chiesti da lui e dal suo assistente per il loro operato. Che fuor di burocratese medico, e considerando le condizioni della signora che fortunatamente per lei è in perfetta salute, e quindi non ha bisogno di alcuna terapia, è consistito in poco più che la stesura degli esami da fare, relativa lettura e quindi la redazione della fattura. Somiglia, molto, ai 200 euro chiesti per un gelato quando a pagare sono i turisti. Più che una storia clinica quella narrata da La Stampa e La Repubblica somiglia tanto a un “arriva il russo, carica il conto!”.
La vicenda, che probabilmente non avrà riflessi su rapporti tra Roma e Mosca ma che fa riflettere sull’operato di alcune strutture sanitarie italiane, è quella che vede protagonista l’ambasciatore russo in Italia e sua moglie. La signora, accusando quello che sembrava e si è rivelato poi un mal di pancia passeggero, decide un po’ per scrupolo ed un po’ forse per capriccio (lo stesso Pietropaolo la descriverà come ipocondriaca) di andare a fondo. E per farlo chiede consiglio ad un amico, così raccontano le cronache, che l’indirizza verso la clinica romana ed il professor Pietropaolo.
Cominciano così le ventiquattrore di analisi ed accertamenti che si tradurranno in un conto da 17mila 913euro. Poco più di 5mila per Pietropaolo che, come lui stesso spiega a Repubblica, ha “impostato il check up, seguito la degenza, valutato nuove indagini, fatto la diagnosi e dato terapie”, e 2mila per il suo assistente che, come conferma Pietropaolo, “lo ha assistito”. Altri 2mila 700euro se ne vanno poi per la esofagogastroduodenoscopia; 1426 per la Tac; 1268 per le analisi del sangue e delle urine; 858 per la risonanza magnetica; 527 per la degenza; 418 per materiale sanitario di vario genere e i restanti 2mila circa in visite ed analisi varie.
Analisi che si riveleranno, fortunatamente per la signora, tutte negative e tutte, come Pietropaolo conferma e rivendica, da lui decise. “Prima del ricovero aveva anticipato l’entità della sua parcella? – gli domanda Michele Bocci di Repubblica – “Non me l’hanno chiesto, ma hanno dato il consenso ai vari accertamenti”. Anche se alcune, almeno ad un profano, sembrano decisamente non avere nulla a che fare con un mal di pancia. Soprattutto se si tratta di “disturbi addominali aspecifici, forse in parte dovuti a ipocondria”, così come li descrive Pietropaolo. Esami concordati poi “su consiglio di un dentista, amico comune”, come spiega ancora a Repubblica il medico. Non spiegato resta comunque l’accertamento “ortopedico” a seguito di dolore addominale aspecifico…
“Se tutti a una certa età facessero dei check up si intercetterebbero molte malattie”, sottolinea l’ovvio Pietropaolo. Ma se tutti dovessero spendere 18mila euro, dice la realtà italiana e non solo, molte malattie non avremmo fatto nemmeno in tempo a scoprirle per sopraggiunta dipartita dei pazienti.
Trattandosi di clinica privata e di sanità privata nessuno, ambasciatore in testa, si aspettava prima e si stupisce ora per la non gratuità del trattamento. “Poiché siamo cittadini russi — scrive il diplomatico, sembra con una punta di ironia — non riusciamo a comprendere se sia usuale che per i summenzionati problemi si debba essere sottoposti a tali esami invasivi”.
E probabilmente usuale non è perché, limitandosi all’analisi delle parole del dottore che ha gestito la degenza, almeno i suoi 5mila sono esagerati, per non dir di peggio. Passi l’impostazione del check up e la valutazione delle nuove indagini, anche se ad ordinare un simile carnet di analisi assolutamente aspecifiche sarebbe capace probabilmente anche un paziente con un minimo di esperienza, mentre con più difficoltà trovano giustificazione la diagnosi e le nuove terapie: la prima, come dice l’ambasciatore, non c’è stata mentre le seconde, come si desume dalla affermazioni dello stesso Pietropaoli, non avrebbero senso visto il risultato delle analisi. E i 2mila per l’assistente che ha seguito la degenze? Beh, lui “ha assistito”…