ROMA – Circa 1.500 euro a persona, più o meno 5.000 euro a famiglia. Tanto costa la corruzione agli italiani, per un totale di 50/60 miliardi di euro ogni anno. Eppure nessuno dice nulla, si protesta e ci si indigna per l’aumento di qualche euro del canone tv, si organizzano scioperi fiscali per qualche centinaio di euro sulla “monnezza” ma, per le migliaia di euro “spese” in corruzione, si tace. Inspiegabile? Non proprio, perché così tanto è diffusa la mazzetta che, in fondo, tutti o quasi oltre a pagarla ne beneficiano.
“La Cgia di Mestre – scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera -ha calcolato che le tangenti pesano su ogni cittadino italiano per 1.543 euro. Allora ti chiedi: come è possibile che i cittadini, così sensibili (giustamente) ai rincari di 50 o 100 euro sulle bollette della luce o del gas possono rassegnarsi a un prelievo medio di cinquemila euro l’anno a famiglia? Com’è possibile che non si rivoltino se lo studio ‘Eurobarometer 2011’, presentato nell’autunno 2012, ha accertato che nell’arco dell’anno precedente 12 italiani su 100, quasi uno su otto, si erano sentiti rivolgere ‘almeno una richiesta, più o meno velata, di tangenti’?”.
La risposta all’interrogativo di Stella, involontaria, la dà Piero Colaprico su Repubblica: “Mazzetta continua, mazzetta dovunque, mazzetta spicciola, tanto che bastano 3 mila euro. Questa la sintesi brutale degli ultimi anni di inchieste giudiziarie. In giro per l’Italia è un dilagare di “tangentisti”. E, sostengono i magistrati, finiti i grandi appalti nazionali, ridimensionata la spesa pubblica, il “pizzo” sta diventando sempre più creativo, e sfuggente, perché attraversa ogni categoria. Compresi gli insospettabili sindacalisti che sono stati acciuffati, un mese fa a Salerno, dietro un distributore di benzina, con 3mila euro in tasca”.
La corruzione quindi si è ridotta, ma solo nelle dimensioni particolari e non sul totale, anzi. Mazzette più leggere ma più diffuse, quasi capillari. Talmente ramificate che finiscono col raggiungere praticamente tutti gli italiani. Chi non si è visto chiedere “un aiutino” per la propria pratica al comune, per ottenere il tal permesso, per evitare quel controllo… Nessuno o quasi. Ecco la ragione per cui gli italiani non si rivoltano, ecco perché uno dei tassi di corruzione più alti del pianeta, il Ghana, per dire, è messo meglio dell’Italia secondo le organizzazioni internazionali che cercano di monitorare la corruzione globale, non si trasformano in rivoluzione ma danno come risultato solo un rassegnato silenzio.
Corruzione, che per comprenderne la diffusione, va letta in tutte le sue forme. Non solo e non semplicemente nella manifestazione classica che prende la forma della mazzetta, ma anche attraverso regali, favori in genere. Tutto questo è corruzione e tutto questo ha un valore economico e commerciale.
“I numeri di ‘Transparency’ – scrive ancora Stella -, l’organismo internazionale che misura la percezione della corruzione nei vari Paesi, del resto, dicono tutto. Nel 1995, mentre entravano nel vivo i processi di Tangentopoli quando l’Italia intera era impazzita per il pool di Mani Pulite e il settimanale Cuore rideva della catena di arresti giocando a tutta pagina sulla pubblicità Alpitour (‘No San Vitùr? Ahi ahi ahi…’), eravamo al 33º posto nella classifica dei Paesi virtuosi. Dieci anni dopo, come se l’onda moralizzatrice non fosse mai avvenuta, al 40º. Nel 2008 al 55º. Nel 2009 al 63º. E via via abbiamo continuato a scendere fino all’umiliante 72ª posizione del 2012. Quando ci siamo ritrovati un posto sotto la Bosnia Erzegovina e addirittura otto sotto il Ghana. Uno scivolone mortificante. Sulla scia dei numeri sconcertanti forniti nel 2008 dall’Alto commissariato per la lotta alla corruzione. Dove le tabelle, su dati ufficiali del ministero della Giustizia, dimostravano dal 1996 al 2006 una catastrofica sconfitta: da 608 a 210 condanne per peculato. Da 1159 a 186 per corruzione. Da 555 a 53 per concussione. Da 1305 a 45 per abuso d’ufficio. Un tracollo. Ancora più grave in alcune situazioni locali. Da 421 a 38 condanne per corruzione in Lombardia, da 123 a 3 in Sicilia…”.
Parlando di corruzione, e partendo da spunti differenti, sia Stella che Colaprico, notano e sottolineano come siano pressoché irrisorie le pene che l’Italia commina ai corrotti e ai corruttori, specie in relazione con quanto accade negli altri paesi, in particolare negli Usa. Oltreoceano le condanne per chi ricorre alla mazzetta nelle sue varie forme, si contano in anni, spesso in decenni, da noi al massimo corrotti e corruttori prendono un “buffetto”, se la cavano cioè con una condanna di un paio d’anni, ovviamente coperti dalla condizionale e dall’indulto.