Tasse, multe e un po’ di ordine: la zavorra che affonda il decreto sanità

Il ministro della Salute Renato Balduzzi (LaPresse)

ROMA – Il maxi-decreto sanità, che nelle speranze del ministro Renato Balduzzi avrebbe dovuto esser varato già questo 31 agosto, sembra procedere a passo spedito verso il fallimento. Difficile che il testo messo a punto dal ministro veda la luce entro la fine di questo mese. Nella migliore delle ipotesi il testo sarà modificato e alcune sue parti verranno stralciate mentre, nella peggiore, tutto il pacchetto verrà rinviato a data da destinarsi. Praticamente cestinato. Le ragioni di questo probabile fallimento sono diverse, alcune ottime, alcune buone ma alcune anche pessime. Un mix, quello tra lobby e mancanza di fondi, tra ingerenze e dubbi di costituzionalità, troppo pesante per non lasciar traccia.

Il “decretone”, che oltre a cambiare le regole del Servizio sanitario nazionale prevede un articolato giro di vite su fumo, superalcolici, bibite gasate e slot machines, già nella riunione tecnica di preconsiglio dei ministri ha collezionato critiche e obiezioni. Scrive la Stampa:

“Nel mirino degli altri dicasteri c’è soprattutto la stretta – con tanto di nuove imposte per finanziare specifici interventi – contro quello che Balduzzi chiama ‘il preoccupante trend delle dipendenze’ dal fumo, dall’alcol, dalle bibite zuccherate e gasate e soprattutto dal gioco elettronico a pagamento. Ma non mancano le obiezioni rispetto alle coperture finanziarie delle novità nel funzionamento del sistema sanitario, dall’informatizzazione totale della rete Asl-medici alla possibilità di tenere gli ambulatori dei medici di base aperti 24 ore su 24. Altre critiche arrivano dalle Regioni, costituzionalmente titolari della materia sanità, e dalle categorie che si ritengono colpite dal decretone”.

Un fuoco incrociato a cui hanno dato il “la” gli “amici”, cioè gli stessi colleghi di Balduzzi in consiglio dei ministri che hanno sollevato diversi dubbi non solo tecnici. Un fuoco continuato poi dalla politica, cioè dalle regioni, vedi le dichiarazioni del governatore Roberto Cota che, in relazione all’introduzione di una tassa sulle bollicine, ha parlato di: “Una diavoleria contro le aziende del Piemonte”, ma non solo. Il Pdl compatto infatti parla di “misura illiberale” e di una deriva verso uno stato etico che vuole entrare nella vita privata dei cittadini. Critica singolare in bocca a chi si è battuto per bocciare il testamento biologico scegliendo, di fatto, come i cittadini devono terminare la loro esistenza, ma tant’è. E un fuoco sostenuto infine da quelle che in senso lato possono essere definite lobby: dai sindacati ai tabaccai, passando per i produttori di bibite gasate e i gestori di sale gioco. Unica voce fuori dal coro, segnalata da Repubblica, gli anestesisti dell’Aaroi che apprezzano invece gli ambulatori dei medici di famiglia aperti 24 ore su 24.

Un fuoco così denso e massiccio che non poteva non avere effetti sul “decretone”. Ma un fuoco così ampio che racchiude in sé ottime e pessime ragioni insieme. Hanno ragione ad esempio quelli che contestano l’introduzione di un raggio di 500 metri da scuole, ospedali e chiese entro cui non possono esistere sale gioco e videopoker. Una simile misura equivale a cancellarli del tutto. Non credo che a Roma esista un’area entro cui nel raggio di 500 metri non ci sia una chiesa. Bastava, almeno per scoraggiare le giocate dei minorenni, rendere obbligatorio l’uso della tessera sanitaria per giocare, come avviene per comprare le sigarette dai distributori automatici, rendendo in questo modo obbligatorio il riconoscimento del giocatore e svelandone quindi l’età. E comunque spostare davvero tutti di 500 metri poteva costare all’erario miliardi di entrate.

Come hanno ragione coloro che sostengono che la tassa sulle bollicine rischia di avere ripercussioni sul comparto già provato, come tutti, dalla crisi. È vero che nuove tasse significano un freno e un peso forse insostenibile, mentre non è vero, come sostengono altri, che tassare le bibite gassate perché fanno male equivalga ad una privazione della libertà dei cittadini. Le libertà sono altre.

E poi ci sono le ragioni pessime, quelle che proprio non possono essere condivise e che rischiano di portare al naufragio di una norma che era di buon senso, quella sostenuta dagli anestesisti e che prevedeva l’apertura 24 ore su 24 degli ambulatori dei medici di famiglia e che imponeva il pagamento elettronico (quindi tracciabile, cioè non in nero) per le visite a domicilio. Senza dimenticare le nuove regole per i medici ospedalieri in rapporto di “esclusiva” con il servizio sanitario pubblico quando lavorano da privati, extra moenia in gergo. Si trattava di rendere tracciabile questa attività e di spezzare il “ci vediamo tra tre mesi, ma se vuol venire a studio…”.

Un mix micidiale a cui si sommano, come se non bastasse, la bocciatura della Cgil che ha definito il provvedimento “deludente”. Il sindacato non è soddisfatto di come vengono affrontati temi come “cure primarie 24 ore al giorno, libera professione, non autosufficienza e edilizia sanitaria. Ci aspettavamo un intervento per riqualificare il servizio pubblico, duramente provato dai tagli. Invece ci troviamo di fronte a proposte confuse e contraddittorie”. E le critiche che arrivano dalla Cisl che parla di un “piano evanescente e fatto senza confrontarsi con i sindacati”. Così tante bocciature da far pensare che il decretone non fosse poi malaccio.

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