Stato italiano: immobili vuoti per 5 miliardi, affitti per 750 milioni

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ROMA – Lo Stato italiano è, tra tutti gli Stati, quello che possiede il più consistente patrimonio immobiliare.

La Corte dei conti lo aveva segnalato nelle sue relazioni al Parlamento già molti anni fa. Cifre assolutamente incompatibili con le dimensioni delle proprietà immobiliari dello Stato che possiede palazzi prestigiosi, caserme storiche al centro delle città, spesso utilizzabili senza grandi interventi di ristrutturazione. Si tratta spesso di spazi vasti sui quali è facile operare. In ogni caso la natura pubblica della proprietà sottolinea il valore degli immobili per cui ogni spesa appare giustificata.

Invece accade, da anni, che le amministrazioni pubbliche pagano rilevanti canoni a privati ma anche ad enti pubblici. Una politica folle. Immaginate una famiglia che, avendo proprietà immobiliari, ne lascia alcune libere ed affitta locali per i figli o per attività di famiglia.

Una famiglia provvederebbe a ristrutturare il patrimonio. Ne venderebbe le porzioni per comprarne di più adatte alle esigenze. Non serve una caserma al centro di una città? Si vende ad albergatore e, con il ricavato, si costruisce un immobile più funzionale.

Questo farebbe una famiglia. Ma lo Stato prende in locazione immobili spesso all’evidente scopo di favorire l’ente o il privato proprietario. Del resto tutto il programma di privatizzazioni degli immobili degli enti previdenziali è servito in primo luogo ad arricchire gli intermediari, che hanno poi rivenduto agli inquilini, a prezzi maggiorati, con una operazione sul piano sociale folle. Perché quelle famiglie sono state gravate di mutui pesanti che ne hanno limitato fortemente la capacità di spesa. In sostanza è stata fatta una operazione priva del valore sociale che ci si attendeva. È vero che abbiamo creato nuovi proprietari, ma è stato fatto nel peggiore dei modi quando sarebbe stato possibile, con una intelligente collaborazione delle banche patrocinata dallo Stato, far pagare un canone di poco superiore ai vecchi canoni di locazione.

Lo aveva proposto il Ministro dei lavori pubblici Giovanni Prandini all’inizio degli anni ’90, ma aveva trovato l’opposizione della solita lobby.

Il tema dell’assurdo rapporto fra lo Stato e le sue proprietà immobiliari è stato ora posto da Carlo Cottarelli e ne ha scritto, per Repubblica, Federico Fubini. Carlo Cottarelli, il Commissario al contenimento della spesa pubblica, ha accertato che grosse cifre sono spese a carico del bilancio dello Stato per l’affitto di immobili destinati ad uffici pubblici.

“La famiglia dei ministeri italiani, di cui si occupa il nuovo commissario per la spending review, scrive Fubini, pur di risiedere in immobili in affitto non esita a contrarre debiti fuori bilancio. Questi ultimi valevano un miliardo di euro nel 2011, l’ultimo anno per il quale esistano dati consultabili e ufficiali. Nel frattempo, il Demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di vari miliardi di euro”.

È evidente che può accadere che nelle more di una ristrutturazione o dell’acquisto di un nuovo immobile sia utile, per un periodo limitato, il ricorso ad un immobile in affitto. Ma questa deve essere l’eccezione, non la regola.

Un esempio che abbiamo già fatto, ma ne potremmo fare altri. A Torino Corte dei conti, Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ed Avvocatura distrettuale dello Stato sono in affitto. Lo Stato paga molte centinaia di migliaia di euro l’anno, mentre al centro della città una caserma, la De Sonnaz, consentirebbe l’allocazione dei tre uffici, così costituendo una sorta di cittadella giudiziaria, con vantaggi innegabili per le finanze dell’Amministrazione e per l’utenza.

Riuscirà Carlo Cottarelli ad invertire la tendenza all’affitto stimolando una virtuosa gestione del patrimonio pubblico? Ce lo auguriamo, per la dignità dello Stato e la salvaguardia del bilancio pubblico. Perché dall’articolo di Repubblica si apprende che “ufficialmente oggi i ministeri nel complesso spendono in affitti di circa 750 milioni di euro l’anno, senza contare gli enti decentrati, la sanità pubblica e le società partecipate dallo Stato. Il sospetto – o la certezza – è che in molti casi i contratti siano stati fatti a prezzi superiori al mercato a favore dei notabili locali che possiedono i palazzi”.

“Poi appunto c’è il capitolo dei palazzi pubblici inutilizzati. Cottarelli ha chiesto a Stefano Scalera, direttore dell’Agenzia del Demanio, un quadro sugli immobili nei quali possano traslocare gli uffici ministeriali. Ad oggi esistono palazzi vuoti del Demanio per un valore di circa cinque miliardi di euro, benché non tutti utilizzabili subito. La ricognizione tecnica comunque procede spedita. Tra non molto, dare un (vero) taglio agli sprechi dello Stato inquilino sarà una scelta puramente politica”.

Stiamo a vedere.

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Marco Benedetto