Polverini balletto: mi dimetto, ma perché? Sceneggiata Pd: nessuno ha interesse

ROMA – C’è stata una accelerazione nella serata di domenica per lo scandalo che sta travolgendo il Pdl nel Lazio e ha acceso un faro sullo scandalo politico, non solo morale, delle regioni italiane, tutte, non per il partito che le guida, ma per il sistema che è stato messo in piedi.

I fatti nuovi sono tre: la presidentessa del Lazio, Renata Polverini, all’ora di cena si è presentata a palazzo Chigi per incontrare il primo ministro Mario Monti; i consiglieri di quasi tutta l’opposizione, a cominciare dal Pd, si sono dimessi, il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha chiesto di ”azzerare” il centrodestra e di rifondarlo su comportamenti e valori.

Secondo l’agenzia di stampa Ansa,

sono in tanti a prevedere per [lunedì 24] lo show down.

[E in effetti lo show down c’è stato, lunedì sera, con le dimissioni della Polverini].

Per Alemanno, fratelli coltelli, è il momento amaro della rivincita. Nei mesi scorsi si era favoleggiato che dietro attacchi giornalistici a tappeto contro Alemanno ci fosse una iniqua alleanza tra l’ex compagno Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma e la ex camerata e sindacalista post fascista Renata Polverini, una specie di accordo come tra Antonio e Ottaviano per spianare la strada a una corsa a due al primo comune d’Italia. Questo spiega la durezza di Alemanno, a sua volta sbrindellato dagli scandali (parentopoli assortite) e errori di gestione, come la neve, ma che da un ribaltone generale può essere rimesso in gioco e recuperare punti nel partito e fuori.

Per il Pd, le dimissioni sono un atto dovuto anche se privo di conseguenze se la Polverini non capirà la decenza delle dimissioni. In ogni caso, domenica sera i 14 consiglieri del Pd hanno firmato le loro dimissioni irrevocabili, e come loro hanno fatto anche i cinque consiglieri dell’Idv, i due di Sel, Federazione della Sinistra e Lista Civica dei Cittadini, mentre l’unico Verde, Angelo Bonelli, ha confermato la disponibilità a lasciare, nonostante in proporzione a lui vengano più rimborsi che a tutti gli altri. Tentennano anche i due radicali, i quali hanno fatto sapere che valuteranno lunedì il da farsi: se mancheranno solo due firme per far decadere il consiglio, allora

si dimetteranno anche loro.

La Polverini è in bilico, ma per ora non sembra intenzionata a mollare. Ieri a tarda sera si è limitata a far sapere soltanto di aver incontrato Monti ”per informarlo della situazione che si è verificata inRegione”.  Chissa, forse gli ha detto che è tutta colpa dei taglietti imposti dal Governo.

Con una impudicizia che dà l’orticaria, a quanto riferisce l’Ansa,

a stretto giro tutti i capigruppo della maggioranza di centrodestra, Udc e Mpa compresi – quest’ultimo, Rocco Pascucci, era stato dato per dimissionario dal Pd – hanno firmato un documento di sostegno alla Polverini. ”La maggioranza è orgogliosamente al fianco di una presidente di Regione onesta e determinata”, scrivono, bollando come ”infantile” l’iniziativa dell’opposizione di firmare le lettere di dimissioni.

Più ottimisti sul fatto che alla fine la Polverini si dimetterà sembrano Corriere della Sera e Repubblica, che puntano sulla “ipotesi dimissioni”, ma sembra più un pio desiderio, cui fa eco, da Repubblica, un salomonico Monti. Secondo Repubblica, la Polverini avrebbe chiesto:

“Secondo lei mi devo dimettere?”.

Al che Monti: “Questa è una decisione che non posso prendere io. Non può essere il presidente del Consiglio a risolvere un problema di natura politica”.

Incalza Polverini, sempre secondo Repubblica: “E se facessi un passo indietro, il governo cosa farà?”. “Seguiremo alla lettera la procedura di legge che porta alle elezioni”, risponde il premier.

La ricostruzione appare un po’ fantasiosa e molto pro Polverini. Appare più probabile che tutto l’incontro sia stato impostato dalla Polverini per giustificare la tesi delle non dimissioni, tipo “Ho fatto pulizia”, “Eliminate le mele marce” come peraltro le dichiarazioni di sostegno successive all’incontro sembrano confermare.

Anche le mosse della sinistra sembrano più di facciata che altro. Anche se in apparenza

l’obiettivo dei consiglieri del centrosinistra è di arrivare allo scioglimento del consiglio regionale

cosa naturale almeno nei desideri dopo l’errore fatto a suo tempo di scaricare brutalmente Piero Marrazzo per quella vicenda di trans e cocaina, nella convinzione di vincere comunque le elezioni, rivelatasi poi infondata per la scelta del candidato, Emma Bonino (che oggi si dice vittima, ma non si capisce di che se non della sua ideologia).

Altro obiettivo verbale e vocale della sinistra è quello

di marcare un netta discontinuità con il ‘sistema Fiorito’

trascurando il fatto che il sistema Fiorito è come un brufolo sulla pelle di un bambino rispetto alla follia complessiva del sistema regioni. Lo scandalo è tutto lì, nel disastro della modifica costituzionale di dieci anni fa, in cui tutti sono complici perché le regioni così come sono fanno comodo a tutti. In quell’ottica, appaiono ancor più sinistre le infelici parole dell’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa che proclamò, nel 2007: “Le tasse sono una cosa bellissima e civilissima”.

A fronte di questo, però ci sono due verità da tenere in conto:

l’opposizione, senza l’apporto dell’Udc, non può centrare almeno stando ai numeri. Per provocare lo scioglimento del Consiglio, infatti, dovrebbero dimettersi 36 consiglieri su 70 e l’opposizione è arrivata finora a quota 28.

Cosa farà l’Udc? Finora ha rinnovato il sostegno alla Polverini e il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa ha avuto uno scatto di irritazione:

”Chi chiede dimissioni faccia l’esame di coscienza”.

Poi però ha detto una frase un po’ raggelante:

”Bisogna assumere una decisione nell’interesse dei cittadini. Noi lo faremo nelle prossime ore”,

cui fa riscontro Pier Ferdinando Casini che ha parlato di ”un disagio e malessere profondo”. Le parole di Casini suonano un po’ tartufesche. Da un lato dice di non sentirsi di dare consigli alla Polverini, dall’altro:

”La polemica del Pd mi fa scappare da ridere e da piangere. Si sono accorti ora che ci sono sprechi?”.

L’Udc finora si è mossa sempre molto bene nelle paludi della politica italiana e laziale, quando c’erano in ballo posizio ni di sottogoverno come nella sanità, prima facendo accordi con la sinistra, ottenendo posti importanti, poi scaricando la sinistra e facendo accordi con la destra e giocando anche duro quando proprio la Polverini, appena eletta, sembrava voler fare un gioco non proprio esemplare.

Se l’Udc sembra essere la più grave minaccia esterna alla stabilità della Polverini, all’interno dl suo partito c’è Alemanno, che affila il coltello e affonda:

”Dobbiamo guardarci in faccia e aprire un dibattito serio, non dilatorio. Credo serva un azzeramento totale all’interno del centrodestra. Dobbiamo rifondare una realtà che ha bisogno non solo di valori, che ci sono, o di riferimenti politici ma anche di comportamenti che rendono credibili questi valori di fondo come persone, famiglia, nazione e merito. Non possiamo continuare a vivere di espedienti”.

Alemanno non può sottrarsi da parole di rito, con cui “rinnova la sua fiducia alla Polverini, che ha fatto bene a restare perché incolpevole”.

Anche Alemanno ha uno scatto contro il Pd:

 ”Ogni partito, ogni gruppo nella Regione Lazio sapeva come venivano ripartiti i fondi”.

ma poi va giù spietato:

 ”Nulla è cambiato dai tempi di Tangentopoli”.

Published by
Marco Benedetto