
La storia del nostro paese è piena di pagine oscure, di eventi tragici che hanno colpito e segnato la coscienza degli italiani e su cui la giustizia, e spesso anche la storia, non sono ancora riusciti a scrivere qualcosa di vero e compiuto.
La verità storica e giudiziaria su molti avvenimenti del nostro dopoguerra è ancora oggi un elemento essenziale da raggiungere rispetto al quale ogni sforzo va compiuto per rompere i muri di silenzi ed inattività che si sono costruiti in questi anni. Per questo credo che la decisione del Governo di declassificare dal segreto di stato gli atti relativi alle stragi che hanno colpito l’Italia negli anni ’70 e ’80 sia un’importante passo avanti nella giusta direzione, che è ovviamente quella di stabilire e rendere finalmente pubblica la verità su quei terribili eventi.
La tragedia di Ustica del 27 Giugno 1980, è uno di questi eventi sui quali è necessario non dare pace alla necessità di arrivare ad una ricostruzione veritiera dell´accaduto. Fin dall´inizio delle indagini sulla caduta del DC9 infatti si sono susseguite numerose ipotesi circa la cause dell´incidente che, intricate complesse e probabilmente manipolate, sono giunte persino alla congettura deresponsabilizzante del cedimento strutturale.
La grande e non rassegnata forza di volontà dell´associazione dei familiari delle vittime, insieme con il buon lavoro del giudice Priore, ha consentito però che la vicenda giudiziaria non fosse definitivamente archiviata, instradando l´indagine su ipotesi più credibili benché scomode. È stata quindi accertata la presenza di aerei e navi militari di Stati membri dell’Unione europea e di Paesi terzi nell’area interessata ed avanzata la possibilità che l’aereo sia stato abbattuto durante un’azione di guerra di fatto intercorsa tra alcune di quelle forze.
Nel 2010, nell´ambito delle nuove indagini, le autorità giudiziarie italiane hanno rivolto richiesta di rogatoria alle autorità di tre Stati membri dell’UE (Francia, Germania e Belgio) e di due Paesi terzi (Usa e Libia). Le richieste sono state però inevase e alcune non hanno nemmeno ricevuto risposta.
Insieme con altri parlamentari europei abbiamo allora interrogato la Commissione Europea e supportato anche la petizione dell’associazione dei familiari delle vittime, sostenendo che le mancate risposte erano un comportamento inaccettabile ed in contrasto con quel principio di cooperazione leale tra gli Stati membri che, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dovrebbe essere ancora più vincolante.
Scoprimmo però allora che l’Italia è tra i pochi paesi europei a non aver ancora ratificato la Convenzione del 29 maggio 2000 sull’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’UE e che questo facilitava per gli altri paesi il diniego della rogatoria.
Non sono mancati in questi anni i nostri appelli affinché il nostro paese ratificasse la convenzione, che potrebbe dare una mano alle indagini sulla strage di Ustica ma che rappresenterebbe a prescindere un riferimento utilissimo verso la costruzione di uno spazio giuridico europeo.
Oggi, partendo dalla esplicitata volontà del Governo di contribuire a far luce su quegli eventi, credo sia il caso di insistere anche sulla ratifica della convenzione che potrebbe aiutare a fare qualche passo in avanti verso la scoperta della verità.
