Tasse sulle bevande: idee per evitare lo stato paternalista

Gustavo Piga ha scritto sul suo blog un articolo dedicato ai pro e contro della ventilata tassa sulle bevande zuccherate.

L’idea portata avanti dal ministro della Salute Renato Balduzzi, peraltro in un disegno di legge o di decreto che appare se non già arenato certo destinato a profonde modifiche,

rientra al bacio in quelle categorie di decisioni da parte di un governo c.d. paternalistico, ovvero che sa (o pensa di sapere) meglio di noi stessi cosa è bene per noi. Dissuadere con una tassa il consumo delle bevande zuccherate perché “dopo lo rimpiangeremo e oggi siamo incapaci di capirlo” non è forse paternalistico?

La prima reazione di una persona abituata a pensare con la propria testa è negativa, anzi di assoluta ribellione. Chi è autorizzato a dirmi cosa è meglio per me. Solo io lo posso decidere.

 In realtà si potrebbe dire che qui vi è in ballo anche una esternalità negativa: se tu mangi o bevi male, aumentano i costi della sanità a causa tua, e dunque le tasse che dovrò pagare a causa del tuo stile di vita e dunque mi corre l’obbligo di scoraggiarti dal farlo.

Resta da vedere se la strada giusta sia quella di utilizzare il fisco come clava di dissuasione. A prima vista sembra ripetersi il caso delle cinture di sicurezza, ma non è esattamente così. Nel caso delle cinture

vi era l’elemento aggiuntivo che l’obbligo della cintura mi portava a guidare più veloce e quindi introduceva anche il dilemma tra meno danni da incidenti ma anche maggiori incidenti a causa della maggiore velocità. Certo la minore probabilità di morte o malattia che si accompagna a minore consumo di bibite gassose potrebbe portarmi a altri comportamenti dannosi (bere ancora più vino) che non avrei adottato in assenza di provvedimenti punitivi, ma le cose qui si complicano troppo e paiono di portata minore.

 

Certo se si segue la strada della via normativa per imporre comportamenti a tutela di noi stessi, viene naturale estrapolare l’idea di estendere la tutela di legge e di fisco praticamente a tutto e di tassare tutto quello che è nocivo, ma è una strada assai pericolosa , che non sai dove ci può portare.

Ma allora cerchiamo di trarre alcune considerazioni.

Il Ministro dell’Economia è contrario a rendere più costosi i giochi per paura di perdere gettito e il Ministro dello Sviluppo è contrario a rendere più costose le bevande per l’impatto sull’industria. Altri propongono di ricorrere ad una maggiore istruzione alimentare e comportamentale invece che a maggiori tasse. Perché no. Ma con un punto di attenzione: prendiamo atto che questi Ministri per forza di cose sarebbero altrettanto contrari ad una maggiore istruzione sui danni al cittadino di comportamenti nocivi derivanti da eccesso nei consumi di questi beni.

Se poi uno si chiede che tipo di tasse vuole introdurre il Ministro della Sanità, la risposta immediata è che si tratta di

tasse su beni che vengono consumati in misura proporzionalmente maggiore dai cittadini più poveri. Trattasi dunque di imposte regressive. In un fase di ciclo negativo dove chi soffre di più sono i meno abbienti, non pare una bella idea.

Cerchiamo altre idee, anche per porre dei limiti al “paternalismo libertario”.

Un esempio è di non impedire né far pagare un ampio costo per comportamenti ritenuti dannosi per la persona stessa (quindi non si è paternalisti al 100%) ma di introdurre un piccolo costo che tende a influenzare il comportamento finale dell’individuo se questo non ha un grande desiderio di consumare “scorrettamente” (non si è quindi libertari al 100%), come accade in alcune mense scolastiche, dove la Coca-Cola è stata posta su uno scaffale inclinato ad una distanza maggiore che non l’acqua naturale. Il bambino che volesse consumare la Coca-Cola dovrebbe allungarsi maggiormente per prenderla: se veramente ci tiene lo fa, altrimenti rinuncia.

Uno Stato poco invasivo ma efficace è dunque uno Stato che applichi fantasia e creatività per ideare soluzioni nuove e intelligenti per ridurre comportamenti che nuocciono alla salute del singolo individuo ed impongono costi alla società, senza invadere (troppo) la sfera delle libertà individuali. Data la probabile maggiore ignoranza delle persone meno abbienti, sono strumenti che danno a questi ultimi maggiori benefici e dunque hanno l’effetto opposto delle tasse: sono strumenti potremmo dire … progressisti, nel senso che fanno più bene ai poveri che ai ricchi.

Le tasse a questo fine non sono questo strumento ideale perché invadono massicciamente la vita della persona e spesso in maniera subdolamente regressiva.

Un consiglio al ministro della Salute: si confronti con esperti di comunicazione, economisti e psicologi per trovare altri di questi strumenti alternativi. Avendo lui sempre presente che

avrà come nemici al tavolo del Consiglio dei Ministri altri colleghi meno interessati alla salute di lui.

Published by
Marco Benedetto