Un assaggio di quello che sarà ce lo ha già dato l’appena concluso Mondiale in Sudafrica. Una manifestazione riservata ai ricchi, essendo proibitivi i costi non tanto del biglietto dello stadio quanto del biglietto per il Sudafrica, nazione lontana da tutto. Benestanti da tutto il mondo e la classe medio-alta dei sudafricani (dubito che nel ghetto di Soweto abbiano fatto il pieno di ticket venduti) hanno dato vita sulle gradinate “mundial” a spettacoli di rara idiozia, benedetti dai media con l’ipocrita etichetta della “festa dello sport”. Frastuono continuo di vuvuzelas (falsamente spacciate come tradizione africana) che coprivano i normali cori di sostegno. Bancari imparruccati e squinzie in cerca d’autore (e di obiettivo), folle di volti dipinti e beoti lesti a farsi riprendere gioiosi e saltellanti da una telecamera che gli regalasse quattro secondi di notorietà. La squadra sta perdendo 4-0? Che ti frega, mostriamo la nostra felicità bovina in mondovisione. E mai uno che fosse andato allo stadio con una semplice maglietta della propria nazionale, no. Tutti agghindati nelle maniere più improbabili, per i sunnominati e televisivi motivi.
Non è questo lo spettacolo che mi va di vedere o a cui mi va di partecipare. Un calcio giocato davanti a spalti vuoti, o peggio ancora sterilizzati e ammaestrati, è uno sport che ha perso la sua anima. Sporca, “casinara” e parecchio, ma parecchio, popolare.