Giornali in tv, una misteriosa agenzia sceglie le comparsate? Vincenzo Vita chiede: perché il Manifesto mai?
Giornali in tv, con che criterio sono scelti? Vincenzo Vita si interroga in questo articolo pubblicato anche sul Manifesto. Perché il Manifesto è rigorosamente escluso dalle comparsate in televisione?
Mettiamola in bella copia. Nelle diverse trasmissioni televisive in cui sono invitate testate della carta stampata per discutere e analizzare, c’è un clamoroso limite dialettico.
Taluni giornali sono sempre in video, con una reiterazione seriale. Altri no. Spicca per la pervicace emarginazione proprio il Manifesto. E non solo, ovviamente. Tuttavia, lo storico foglio della sinistra rappresenta qualcosa di più di un quotidiano. Essendo protagonista di una storia lunga (quest’anno sono 50) e impegnata sia nella politica italiana sia nell’editoria.
Ma come mai tutto questo accade? Si tratta solo di una discutibile scelta discriminatoria o c’è una routine che orienta dietro le quinte gli inviti? Il sospetto è giustificato, vista l’insistente diceria in base alla quale lo scambio delle diverse opinioni è oggetto di filtri orchestrati da apposite agenzie. Magari non è vero, ma le voci sono insistenti e le fonti svariate.
Siamo arrivati al punto – neppure immaginato dagli alfieri della società dello spettacolo- che persino la libera informazione è soggiogata ad uno sgradevole mercato?
Quello che corre tra le reti da mattina a sera ha le sembianze di un cartello oligopolistico, costituito da taluni assi portanti e da un contorno transeunte di copertura. Con che criterio vengono effettuate, dunque, le ospitate?
Al di là delle ovvie considerazioni inerenti alla correttezza e alla serietà, è bene ricordare che nei periodi elettorali è doveroso un surplus di attenzione. La legge n.28 del 2000 ha il suo valore generale nel rispetto della par condicio, che non è solo un articolato testuale, bensì un criterio interpretativo.
Va da sé, insomma, che i privilegi assegnati secondo logiche lontane dal rispetto dell’equità e del pluralismo escono dai confini dell’opportunità e del diritto sostanziale.
Da tutto ciò emerge un tema soffocato da un dibattito elusivo e superficiale. Vale a dire: come si costruiscono i palinsesti? Decidono coloro che dirigono formalmente canali e trasmissioni o gli agenti che scambiano e impongono gli interlocutori?
Sono domande imbarazzanti, che neppure verrebbe voglia di fare. Il male è sempre brutto e pornografico. Tuttavia, una sineddoche – la cocciuta esclusione de il manifesto- ci apre la porta su un universo allarmante, che ci racconta la crisi della televisione generalista classica.
Dalla liturgia austera ma equilibrata delle vecchie tribune politiche, si è passati alla deregulation. Simile flusso ininterrotto dei soliti volti ha certamente contribuito alla caduta di autorevolezza tanto della politica quanto dell’informazione, trascinate in un territorio dove conta solo l’audience.
E al cospetto degli indici di ascolto si immolano spesso valori importanti, preferendo personaggi eccentrici o provocatori di mestiere a momenti riflessivi e utili alla comprensione. La disaffezione verso il voto (di cui l’ultima tornata amministrativa è un esempio di scuola) ha radici pure in una rappresentazione degenerata.
L’intreccio subalterno della televisione con i social, veri e propri attrattori di fake e di insulti, dà il colpo ferale.
Ogni riforma del sistema ha bisogno di rimettere mano alle relazioni tra l’ambiente crossmediale e attrici o attori del discorso pubblico.
Alla vigilia di delicati ballottaggi nelle città, una verifica urgente è indispensabile. Anche le testate vanno inquadrate nella par condicio.
PS: ho scritto più volte negli ultimi tempi sul capitolo doloroso della par condicio. Scripta volant, purtroppo. Non solo le violazioni continuano imperterrite, ma si è levata qualche audace voce sul silenzio elettorale. E non per proporre di rispettare il senso democratico della norma (domenica scorsa è stata ripetutamente aggirata), bensì per ipotizzarne l’abolizione. Non si finisce mai di imparare, dicono i saggi. Al di sotto di ogni sospetto.