
Ministro Fedeli, metta fine allo scempio sull'alta formazione

ROMA – “Fedeli, metta fine allo scempio sull’alta formazione” รจ il titolo dell’articolo di Vincenzo Vita per il Manifesto.
Neanche Tullio De Piscopo poteva immaginare, quando ha composto โAndamento lentoโ, che una legge rimanesse inapplicata per tanti anni. Impunemente.
Eโ il caso, e ovviamente non il solo, di quel tertium genus alla moda in Italia. Oltre a ciรฒ che รจ normato e ciรฒ che non lo รจ, esiste la categoria delle leggi dimenticate. Come se fossero un mero repertorio di antiquariato, diversi testi approvati non hanno effetti concreti. Un esempio emblematico รจ lโelusione del dettato dellโarticolo 1 della l.228 del 2012, che attivava definitivamente i corsi di diploma di secondo livello volti a parificare il mondo dellโalta formazione artistica e musicale (Afam) al sistema universitario.
Si tratta di un consistente numero di agenzie formative: accademie di belle arti, conservatori di musica, accademia nazionale di danza, istituti musicali pareggiati, accademia di arte drammatica e istituti superiori per le industrie artistiche. Di tutto questo parla una pregevole risoluzione presentata alla commissione cultura della Camera dei deputati (n.7-01282) da Manuela Ghizzoni, deputata impegnata con competenza e puntualitร sui temi dellโistruzione. La lettura dellโatto parlamentare fa venire i brividi. La storia inizia con la riforma n.508 del 1999, che formalmente sanciva lโequipollenza dei titoli, ma rinviava ad un successivo momento attuativo (tecnicamente, un regolamento โrafforzatoโ, come previsto dalla legge La Pergola n.400 del 1988) che perรฒ, deciso nel luglio del 2005 โn.212- si limitava agli ordinamenti didattici rinviando ad un atto successivo, mai emanato, lโattivazione dei corsi di studio. Massima confusione, anche perchรฉ il titolo รจ richiesto per i concorsi pubblici. Va, poi, sottolineato lโassurdo di non considerare laureati coloro che hanno invidiabili livelli di conoscenza, teorica e pratica. Non solo. Nella passata legislatura venne varata dal Senato (primo firmatario Asciutti) una discreta โriforma della riformaโ, che finalmente rendeva applicabile la previsione del 1999.
Ma nel passaggio alla seconda lettura della Camera lโarticolato venne inzeppato di cose improbabili dal nuovo relatore e lรฌ si bloccรฒ. Finiva il tempo e, quindi, con sapienza fu introdotta nella legge di stabilitร la norma sullโequipollenza dei titoli, contenuta in diversi commi dellโarticolo 1 della citata disposizione. A distanza di quasi cinque anni il meccanismo non รจ stato rispettato. Come mai? Certamente, e si capรฌ giร nelle ore dellโapprovazione, ad una parte della burocrazia ministeriale lโequipollenza non andava a genio, preferendosi mantenere ad uno stadio inferiore un universo cosรฌ forse piรน controllabile. Purtroppo, la sensazione di allora fu che una omologa impostazione avesse fatto presa pure allโinterno dei ranghi dellโAfam (esiste ancora?) e in pezzi di sindacato. E giร , meglio non finire troppo sotto i riflettori, che ovviamente sarebbero stati accesi dalle apposite autoritร adibite a vagliare congruitร degli insegnamenti e delle strutture. Malignitร ? Puรฒ essere, ma il lustro passato invano รจ un indizio clamoroso. Lโunica eccezione รจ costituita dai corsi di secondo livello previsti dal decreto del settembre 2007, n.137. Unโeccezione, appunto. La risoluzione si conclude con la richiesta al governo di assumersi gli impegni conseguenti, considerando anche la mozione approvata dalla settima commissione del Senato e accolta dallโesecutivo. Insomma, ministra Fedeli, metta mano a simile scempio. Il comma 105 della legge del 2012 รจ immediatamente operativo. Cinque anni di illegalitร sono troppi, troppi.
