Rai, la parabola triste, la crisi del M5s, la miopia dei partiti mentre il mondo swkk TV deflagra
Rai, la sua parabola mette tanta tristezza. Persino la serata dei ricordi dedicati a Raffaella Carrà è
risultata piuttosto modesta. Eppure, si trattava di uno dei personaggi emblematici del servizio
pubblico e della storia della televisione, meritevole di un approfondimento meno superficiale.
Tuttavia, qual è la novità delle ultime ore? Su richiesta del Mov5Stelle, la prevista elezione della
parte del consiglio di amministrazione di emanazione parlamentare è stata rinviata. Di una
settimana, chissà se basterà.
E decidere sulla Rai è un esercizio anche simbolicamente di potere. Se non è chiaro chi ha in mano le carte, operare una scelta simile diviene assai difficile. Vedremo se saranno sufficienti sette giorni per risolvere i
dilemmi. Questi ultimi non riguardano solo il mondo pentastellato, essendovi nelle retrovie un
omologo problema nel centrodestra.
E meno male che i partiti dovevano stare fuori da tale vicenda. In verità (non tutti, certo), ci
sguazzano con compiacimento quasi estetico. E con sfrontatezza persino inaudita.
Di rinvio in rinvio.
Infatti, l’assemblea dei soci (leggi ministero dell’economia), prevista per l’otto di giugno ha subito un primo spostamento il trenta dello stesso mese, riaggiornandosi al prossimo dodici luglio. Rimarrà la scadenza o le date sono solo virtuali?
Eppure, il servizio pubblico sarebbe una società per azioni, soggetta al codice civile. Sappiamo altrettanto, però, che Rai e Mediaset appartengono ad una sorta di regime speciale, sotto il controllo diretto non della legge, bensì del
sistema politico.
Ha giustamente protestato il sindacato dei giornalisti, offeso dall’ennesimo colpo inferto alla
credibilità del servizio pubblico. Tuttavia, in altre stagioni l’argomento albergava nei titoli dei
giornali, mentre ora al più conquista qualche notizia breve.
Ma se il rinvio si rivelasse un errore provvidenziale per la Rai?
Per prendere in prestito arrossendo una battuta (su tutt’altro, ovviamente) di una grande personalità? Nel senso di trasformare la necessità in virtù.
Perché non utilizzare in modo sapiente e operoso il tempo di vacatio?
Si tratta di riprendere il filo di una discussione ininterrotta. Esistono diversi testi di riforma della
cosiddetta governance e – perché no- si potrebbe persino unificarli, risentendo gli articolati
generalmente di riflessioni ormai diffuse. Sicuramente, poi, ci sarebbe lo spazio per uno specifico
confronto nella sede parlamentare sui criteri delle nomine, sulla base dei numerosi curricula
pervenuti alle presidenze delle due Camere.
Va evitato il solito pasticciaccio dei messaggini inviati all’ultimo minuto dai capigruppo con
l’indicazione dei nomi da votare.
A volte un incidente di percorso apre una finestra inattesa. Accanto alla prevedibile protesta per un
ulteriore episodio della crisi della politica, è bene infrangere con coraggio e creatività l’inerzia.
Altrimenti, si deve sapere che in un contesto comunicativo e a dominanza digitale il vecchio
apparato di stato rischia di scendere di serie, perdendo via via ogni capacità innovativa.
Bensì la riscrittura dei caratteri di un servizio pubblico moderno, in grado di irrigare i mille canali dell’offerta e di costituire il navigatore di riferimento nell’oceano della rete.
Si utilizzi, insomma, la settimana che intercorre da qui al nuovo appuntamento previsto per il
quattordici luglio almeno per un prequel di una sequenza attesa da chi coltiva ancora speranze e
volontà di cambiamento.
Non solo. Se già la legge in vigore, perseguita con cocciutaggine dal governo di Matteo Renzi,
attribuisce al governo il superpotere dell’indicazione dell’amministratore delegato, che almeno la
figura del presidente (non espresso dall’esecutivo) sia il frutto di un confronto aperto e democratico.
Il servizio pubblico è un bene comune, non una proprietà di pezzi di partito o di palazzo Chigi.
Senza un adeguato presidio del pluralismo e della libertà dell’informazione, la democrazia
scricchiola.