
Tim, arrivano gli americani (foto Ansa)

ROMA – Arrivano gli americani. Il fondo โspeculativoโ Elliott ha vinto la partita nellโassemblea di Tim per il controllo della maggioranza azionaria. Sconfitti i francesi di Vivendi, anche a causa dei problemi giudiziari di Bollorรฉ. E questo non ha certamente contribuito allโimmagine del finanziere bretone.
Tuttavia, da soli gli americani, che sono quelli โper capirci- che diedero una mano a fine anni novanta ai โcapitani coraggiosiโ di Colaninno per accaparrarsi lโex monopolio telefonico e recentemente ai cinesi che hanno rilevato la squadra del Milan, non ce lโavrebbero mai fatta. Insomma, in tale vicenda non ci sono buoni e cattivi: come in un film di Tarantino sono tutti cattivissimi.
Eโ bene sottolineare tali evidenti novitร , in quanto da qualche parte si รจ voluto caricare la vicenda di significati impropri, quasi fosse una rivincita dello stato sul mercato. Nientโaffatto. Dopo anni di spoliazione dellโazienda e di avventurismi di un capitalismo debole, pronto a offrire un gioiello di famiglia agli spagnoli, ai francesi e ora alle scorribande dโoltre oceano, siamo arrivati ad un punto limite.
Cosรฌ, il denaro pubblico, attraverso la Cassa depositi e prestiti, รจ intervenuto duramente (800 milioni di euro per racimolare il 4,8%) per spostare gli equilibri. Curiosa storia. Perchรฉ il governo non ha utilizzato lo strumento del golden power per piantare una bandiera autorevole e ha delegato allโente che raccoglie il deposito dei risparmiatori postali di supportare uno dei contendenti? I francesi, al netto di ogni giudizio, sono in lotta con Mediaset e โsi sa- il patto del Nazareno รจ una metafora permanente. Tra lโaltro, non รจ credibile, a proposito di conflitti di interesse, che Cdp stia in Tim con un peso determinante e nella societร concorrente costituita con Enel, Open Fiber. In veritร , la concorrenza nel liberismo allโitaliana รจ una formalitร piuttosto che una tutela dei diritti dei consumatori. Infatti, il sottotesto dellโintera vicenda รจ lo scorporo della rete, in cui confluirebbero le strutture dei due operatori, e forse non solo. Anche qui, chiarezza. Lโipotesi della rete pubblica fu la proposta โsconfitta- della linea alternativa alla privatizzazione dura e pura che travolse dubbi e resistenze nel lontano 1996. Ma allora rientrava in un progetto di โstato socialeโ nelle e delle comunicazioni.
Adesso pare un poโ un residuo โventโanni dopo- ovvero una modalitร per costringere la cosa pubblica a ripianare crisi e buchi di bilancio. Con lโincognita dei livelli occupazionali, sui quali nessuno dei contendenti si pronuncia, neppure rispondendo alle istanze dei sindacati e dei piccoli azionisti. Per di piรน, lโintero parterre dei belligeranti si รจ dichiarato dโaccordo sui piani designati dallโamministratore delegato Genish. Quindi, non cโรจ unโeffettiva divergenza? Eโ solo gestione del potere? Si tratta di una storia mediocre e prevalentemente finanziaria, ben lontana dalle coordinate strategiche di cui lโera digitale avrebbe bisogno. E molto cโรจ da comprendere. Non sarร un caso se la richiesta, reiterata, di Stefano Fassina di convocare in audizione nella speciale commissione parlamentare il ministro Calenda e i vertici di Cdp sia finora rimasta lettera morta. Giร , Calenda sembra proprio contento e soddisfatto. Ha rilanciato lโidea di una public company. Perรฒ, caro ministro, ci deve spiegare come e dove.
