Tv, pubblicità, concorrenza… hanno ucciso l’Antitrust

Foto d’archivio

ROMA – Vincenzo Vita ha scritto questo articolo dal titolo “Hanno ucciso l’Antitrust” anche per Il Manifesto di giovedì 10 settembre.

“Hanno ucciso l’uomo ragno” cantava Max Pezzali con gli “883”. Hanno ucciso l’antitrust televisivo, potremmo ribadire in coro. Infatti, nel discorso pubblico se ne sono perse le tracce, fatta salva qualche esternazione generale e generica. Del resto, la rimozione di ogni conflitto è una chiave delle linee di Renzi. Di qui, non da un accidente, deriva la recente omologazione tra berlusconiani e antiberlusconiani fatta dal premier: il “patto del Nazareno” così è ovvio, oltre che buono e giusto. In tale temperie, per dirla come nei romanzi, la regolazione del conflitto di interessi e una decente normativa antitrust sono state messe in soffitta. Vicende del Novecento, è persino sfuggita la battuta a qualcuno. Se sul primo argomento per lo meno c’è la sceneggiata del vai e vieni tra aula e commissione competente, il problema delle concentrazioni pubblicitarie e televisive è uscito di scena.

La discussione e la pur timida iniziativa sulla materia si dipanò lungo gli anni ottanta e assunse le tinte del dramma quando il centrosinistra al governo (diviso e troppo acquiescente) perse l’occasione storica. Non mancò un complesso legislativo notevole, pur ondivago e fragile sulla nota vicenda di Retequattro. Tuttavia, la legge n.249 del 1997 appose limiti antitrust: non più del 20% delle reti nazionali ; un tetto alle risorse per i vari soggetti, vale a dire il 30% per i singoli settori mediali e il 20% per il sistema. Nell’articolo 2 della c.d. Maccanico, quel confine è ben circoscritto.

I proventi riguardavano la pubblicità, le televendite, le sponsorizzazioni, le convenzioni con soggetti pubblici, il canone della Rai e le entrate dei giornali. Con un calcolo approssimativo in euro si trattava, all’epoca, di circa 3,5 miliardi. Sia Mediaset sia la Rai erano al di sopra. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, istituita dal medesimo articolato, aspettò il 2005 per varare una delibera (136/05) con gli approfondimenti operativi. Però, nel frattempo era arrivata la legge Gasparri del 2004, sussunta dal Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici del 2005. Appunto. Perché l’Agcom non si mosse prima? A quel punto, il pasticcio era fatto. Il Decreto legislativo n.177

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Alessandro Avico